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Il 95% dei residenti nelle città europee è esposto a livelli di inquinamento atmosferico notevolmente superiori ai livelli raccomandati dall’Oms

Qualità dell’aria, in Europa sono 182.000 i decessi annui attribuibili all’inquinamento atmosferico

Il dato relativo al 2023 è contenuto nell’ultimo report dell’Agenzia europea dell’ambiente, pubblicato in occasione del forum Ue sull’aria pulita che si chiude oggi a Bonn. Dall’analisi Paese per Paese emerge che in Italia il tasso di mortalità per tutte le cause attribuibili all’esposizione a lungo termine a particelle fini superiori a 5 µg/m3 è diminuito del 43,4% nell’ultimo ventennio, ovvero il 13,6% in meno della media comunitaria
 |  Inquinamenti e disinquinamenti

Si chiude oggi a Bonn, in Germania, il forum dell’Unione europea sull’aria pulita (Fifth Ee Clean Air Foruum), evento che periodicamente riunisce responsabili politici, scienziati e rappresentanti della società civile di tutta Europa per discutere degli sforzi volti a migliorare la qualità dell’aria che si respira nel Vecchio continente. Ebbene, quest’anno sui tavoli di chi ha partecipato all’appuntamento è arrivato un documento nel quale con parecchio sforzo di buona volontà si può scorgere qualche sprazzo di luce ma che, a leggere bene, è intriso di pesanti ombre.

Il report è stato redatto dagli scienziati dell’Agenzia europea dell’ambiente (European environment agency, Eea) e ha un titolo piuttosto asettico, che a parte la data si ripete uguale anno dopo anno, ovvero Harm to human health from air pollution in Europe: burden of disease status, 2025 (Danni alla salute umana causati dall’inquinamento atmosferico in Europa: stato del carico di malattia, 2025). Presenta un focus che termina con i dati del 2023 e la luce di cui si parlava è presto detta: dal 2005 al 2023, i decessi prematuri attribuibili al Pm2,5 - ovvero le polveri sottili costituite da particelle aventi dimensioni uguali o minori di 2,5 micron, tanto microscopiche quanto nocive per la salute - sono scesi del 57% nell’Ue.

Poi inizia l’elenco delle ombre, prima fra tutte questa: nel 2023 sono stati comunque registrati nell’Unione europea 182.000 decessi attribuibili all’esposizione a concentrazioni di particolato fine (Pm2,5, appunto) superiori ai livelli indicati dalle linee guida dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms). La seconda ombra: nonostante il citato miglioramento rispetto al 2005, praticamente tutti coloro che vivono nelle città europee sono esposti a livelli di inquinamento atmosferico notevolmente superiori ai livelli raccomandati dall’Oms. Il dato preciso? Eccolo: il 95%.

Secondo le stime dell’Agenzia europea dell’ambiente, ridurre l’inquinamento atmosferico ai livelli indicati dalle linee guida dell’Oms avrebbe potuto prevenire molte malattie legate al sistema respiratorio ed evitare nell’Ue nel 2023 questi oltre 180 mila decessi attribuibili all’esposizione al particolato fine, più altri 63.000 attribuibili all’esposizione all’ozono (O3) e 34.000 all’esposizione al biossido di azoto (NO2).  

E poi c’è un altro dato su cui in particolare noi italiani dovremmo riflettere, esattamente come avremmo dovuto fare un anno fa, quando da un analogo documento era emerso che nel nostro Paese c’è il più alto numero di decessi attribuiti all’impatto del particolato fine. In questo nuovo report emerge infatti quest’altro dato: se dal 2005 al 2023 i decessi prematuri attribuibili al Pm2,5 sono scesi del 57% in media nell’Ue, leggendo l’analisi Paese per Paese si apprende che in Italia il tasso di mortalità per tutte le cause attribuibili all’esposizione a lungo termine a particelle fini  superiori a 5 µg/m3 è stimato essere diminuito del 43,4% nello stesso periodo. Ovvero il 13,6% in meno della media comunitaria. E l’11,6% in meno dell’obiettivo del piano d’azione dell’Ue per l’inquinamento zero, che prevede una riduzione del 55% dell’impatto riguardante i decessi prematuri attribuibili al particolato fine.

La commissaria Ue per l’Ambiente, la resilienza idrica e un’economia circolare competitiva, Jessika Roswall, ha sottolineato in occasione di questa pubblicazione dell’Agenzia europea dell’ambiente e del forum che si è chiuso oggi a Bonn: «Investire nell’aria pulita significa investire nella nostra resilienza e competitività. Le politiche volte a ridurre l’inquinamento atmosferico hanno generato benefici che superano di gran lunga i loro costi. Ogni euro speso per l’aria pulita genera almeno quattro volte i benefici. La politica dell’Ue volta a ridurre l’inquinamento atmosferico sta dando risultati concreti. La qualità dell’aria è migliorata costantemente negli ultimi decenni e l’Ue è sulla buona strada per ridurre gli effetti dell'inquinamento atmosferico sulla salute di oltre il 55% entro il 2030 rispetto al 2005».

Negli ultimi due decenni, le emissioni dei cinque principali inquinanti atmosferici - anidride solforosa (SO2), particolato fine (Pm2,5), ossidi di azoto (NOx), composti organici volatili non metanici e ammoniaca (NH3) - sono diminuite costantemente nell’Ue. Le emissioni di biossido di zolfo hanno registrato la riduzione più significativa (85 % rispetto al 2005), mentre le riduzioni dell’ammoniaca sono state più modeste (-17 % nello stesso periodo). Tra l’altro, come spiegano sempre scienziati e vertici comunitari, i benefici delle politiche per la qualità dell’aria hanno anche un riscontro economico, oltre che ambientale e di salute, essendo stimabili in una cifra pari ad almeno 372 miliardi di euro nel periodo dal 2016 al 2025. Cifra che tra l’altro, secondo i calcoli di Bruxelles, supera i costi della riduzione dell’inquinamento di almeno 4 a 1. 

L’Europa ha però ancora molto da fare, come dice quel 95% di cittadini residenti nelle città europee ancora esposti a livelli di inquinamento atmosferico notevolmente superiori ai livelli raccomandati dall’Oms. E come dice anche l’ultimo Atlas Air Quality in European Cities realizzato dal Joint research centre, che illustra anche le possibili soluzioni per ottenere un miglioramento dell’aria che si respira nei centri urbani. E in questo l’Italia è chiamata a fare uno sforzo ben maggiore rispetto a quello richiesto agli altri partner comunitari.

Simone Collini

Dottore di ricerca in Filosofia e giornalista professionista. Ha lavorato come cronista parlamentare e caposervizio politico al quotidiano l’Unità. Ha scritto per il sito web dell’Agenzia spaziale italiana e per la rivista Global Science. Come esperto in comunicazione politico-istituzionale ha ricoperto il ruolo di portavoce del ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca nel biennio 2017-2018. Consulente per la comunicazione e attività di ufficio stampa anche per l’Autorità di bacino distrettuale dell’Appennino centrale, Unisin/Confsal, Ordine degli Architetti di Roma. Ha pubblicato con Castelvecchi il libro “Di sana pianta – L’innovazione e il buon governo”.