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Il gruppo Unipol lancia il nuovo Natural risk forum

Catastrofi naturali, in Italia danni da 235 miliardi di euro negli ultimi 50 anni

Nel prossimo mezzo secolo il conto salirà di altri 590 miliardi di euro, a meno di puntare sulla prevenzione: ogni euro investito genera un ritorno di circa 11 euro
 |  Prevenzione rischi naturali

L’Italia è uno dei Paese Ue più esposti a catastrofi naturali: solo negli ultimi 50 anni se ne contano almeno 115, con danni diretti per 253 miliardi di euro, pari al 30% del totale europeo. Una sproporzione dovuta al particolare profilo di rischio del Paese, dove i terremoti – di cui l’Italia è seconda in Europa per frequenza dopo la Grecia – rappresentano il 68% dei danni complessivi, mentre a causa della crisi climatica aumentano in frequenza ed intensità anche gli eventi meteo estremi.

I dati sono stati elaborati da Deloitte per il lancio del nuovo think tank Natural risk forum (Nrf), presentato a Roma dal gruppo assicurativo Unipol, facendo rientrare nella casistica degli eventi catastrofali quelli che soddisfano almeno uno dei seguenti criteri: a) almeno 10 decessi; b) almeno 100 persone colpite; c) una dichiarazione di stato di emergenza; d) una richiesta di assistenza internazionale.

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Su questa base, l’Italia si colloca al primo posto in Europa per ammontare dei danni diretti registrati negli ultimi 50 anni, e senza un’inversione di rotta il quadro è destinato a peggiorare sensibilmente nei prossimi 50 anni: nello scenario inerziale, per questo periodo si stima che il Paese subirà danni diretti per circa 343 miliardi di euro e danni indiretti – come riduzione della capacità produttiva, effetti a catena all’interno del sistema economico – per ulteriori 247 miliardi, arrivando a un danno totale attualizzato pari a 590 miliardi di euro.

Non si tratta però di un destino ineluttabile. In uno scenario alternativo, che prevede 5 miliardi di euro annui di investimenti in prevenzione per i prossimi cinque anni – un livello in linea con quanto storicamente speso in ricostruzione – il risparmio potenziale sui danni complessivi risulta pari a 246 miliardi di euro. In altri termini, ogni euro investito in prevenzione genera un ritorno di circa 11 euro in termini di minori costi per la collettività.

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«Il Governo italiano ha chiamato le compagnie a farsi carico della protezione e della ripartenza delle economie di interi territori colpiti. Si tratta di un compito che non può essere svolto senza un approccio integrato e plurale – commenta Stefano Genovese, head of institutional & public affairs di Unipol assicurazioni e coordinatore del think tank – Serve una governance condivisa, guidata dall’interesse collettivo e allargata a tutti gli attori pubblici e privati attivi nella filiera della mappatura, prevenzione, emergenza e ricostruzione. Il Natural risk forum si propone di ospitare il confronto e promuovere modelli di governance adeguati alla sfida».

Secondo i dati messi in fila dall’Agenzia europea dell’ambiente (Eea), il Paese con le perdite economiche totali più elevate da eventi meteo estremi tra il 1980 e il 2023 è la Germania, con 180 miliardi di euro. Seguono Italia (135 miliardi di euro), Francia (130 miliardi di euro), Spagna (97 miliardi di euro) e Polonia (20 miliardi di euro); considerando solo le perdite per questo secolo (ovvero dal 2001), gli stessi quattro Paesi (Germania, Italia, Francia e Spagna) registrano i dati più elevati. Per quanto riguarda invece i dati legati ai decessi da eventi meteo estremi, il Climate risk index parla di 38mila morti in Italia dal 1993, ponendo l’Italia al quinto posto nella classifica globale.

Al contempo, il nuovo rapporto dell’Ispra sul dissesto idrogeologico mostra – oltre a evidenti difficoltà di spesa, dato che su questo fronte sono stati stanziati dallo Stato 19,2 miliardi in 25 anni, ma solo il 27% è stato speso – rischi crescenti: il 94,5% dei comuni italiani (7.463) è a rischio per frane, alluvioni, valanghe e/o erosione costiera e nel Paese sono attive oltre 636.000 frane, circa i due terzi di quelle censite in tutta Europa.

In questo contesto, il Rapporto Ance-Cresme 2023 ha stimato che dal 1944 a oggi, oltre l’incalcolabile bilancio in termini di vite umane, i danni da terremoti e dissesto abbiano superato i 358 miliardi di euro; in particolare, mentre la spesa per riparare gli eventi sismici è rimasta costante (2,7 miliardi nel periodo 2009-2023 contro 3,1 dei periodi precedenti), la spesa per contrastare i fenomeni di dissesto idrogeologico è triplicata da una media annua di 1 miliardo precedente al 2009 a 3,3 miliardi nel periodo 2009-2023.

In occasione della VII Giornata nazionale della prevenzione sismica, organizzata da fondazione Inarcassa insieme al Consiglio nazionale degli ingegneri e a quello degli architetti poco prima di Natale, è emerso che oggi in Italia sono circa 18 milioni gli immobili a uso residenziale a rischio sismico e che necessiterebbero di interventi immediati, una grande opera di manutenzione straordinaria che richiederebbe una spesa di 219 miliardi di euro, tenendo conto delle diverse aliquote a seconda del rischio sismico e delle agevolazioni del Sismabonus. Servirebbero, quindi, poco più di 7 miliardi di euro all’anno per 30 anni per mettere in sicurezza il nostro patrimonio immobiliare e per mitigare il rischio. Eppure il Governo continua a tagliare risorse sul fronte della prevenzione.

Che fare? Per affrontare davvero i soli eventi meteo estremi legati all’acqua – in base alle stime elaborate dalla Fondazione Earth and water agenda (Ewa) – servirebbero 10 mld di euro aggiuntivi l’anno, a fronte dei 7 che il sistema-Paese finora riesce a stanziare. Volendo limitare il conto ai soli investimenti incentrati sulla lotta al dissesto idrogeologico, si scende comunque a 38,5 miliardi di euro complessivi in un decennio (in linea con gli investimenti stimati già nel 2019 per realizzare gli 11mila cantieri messi in fila dalla struttura di missione "Italiasicura", che ha lavorato coi Governi Renzi e Gentiloni).

Il Governo Meloni ha provato a mettere una pezza introducendo l’obbligo di copertura assicurativa contro i rischi catastrofali per le Pmi, in vigore dal 1° ottobre 2025 per le medie imprese e dal 1° gennaio 2026 per le piccole e micro imprese. Si tratta di un passo importante, in quanto solo il 7% delle Pmi italiane è oggi assicurato contro calamità naturali. Ma anche in questo caso, sarebbe semplicistico pensare di affrontare la crisi climatica attraverso le sole assicurazioni, come ha peraltro autorevolmente ricordato anche il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, sottolineando che «investire nella prevenzione è un obbligo dello Stato». Introdurre l’obbligo di assicurazione è dunque un esercizio di buon senso, anche se è altrettanto evidente che un obbligo da solo non può bastare; la dimostrazione plastica arriva dagli Usa, dove più compagnie hanno già iniziato a sospendere la vendita di nuove polizze a causa dei costi astronomici dei rimborsi, gonfiati dai eventi meteo estremi – a partire dalle alluvioni – sempre più violenti; dove non vengono sospese, le assicurazioni contro le alluvioni propongono polizze sempre più esose, tagliando fuori dal mercato i clienti più poveri, che incidentalmente sono anche quelli più esposti a maggiori perdite in caso di catastrofi naturali.

Luca Aterini

Luca Aterini, toscano, nasce settimino il 1 dicembre 1988. Non ha particolari talenti ma, come Einstein, si dichiara solo appassionatamente curioso: nel suo caso non è una battuta di spirito. Nell’infanzia non disegna, ma scarabocchia su fogli bianchi un’infinità di mappe del tesoro; fonda il Club della Natura, e prosegue il suo impegno studiando Scienze per la pace. Scrive da sempre e dal 2010 per greenreport, di cui è oggi caporedattore.