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La prima vittima del «populismo autoritario» di Donald Trump è l’ambiente. L’allarme del premio Nobel Stiglitz, mentre la società civile Usa annuncia battaglia

 |  Editoriale

Stanotte il 47esimo presidente degli Usa, Donald Trump, si è prodigato nel più lungo discorso sullo Stato dell’Unione – davanti alla sessione congiunta delle due Camere del Congresso –, con un’ora e quaranta minuti di dichiarazioni contro alleati storici, partner commerciali e ovviamente sviluppo sostenibile.

Non ha commentato la sospensione degli aiuti militari statunitensi all’Ucraina, ma ha «apprezzato» la lettera arrivata dal presidente ucraino Zelensky in cui afferma di essere pronto a firmare l’accordo sulle materie prime critiche e a discutere insieme della pace, nonostante sia stato aggredito in mondovisione all’interno della Casa bianca.

Trump ha dunque annunciato nuovi dazi nei confronti dei partner commerciali Usa a partire dal 2 aprile, ha ribadito la volontà di annettere «in un modo o nell'altro» la Groenlandia, rivendicato l’uscita dall’Accordo sul clima di Parigi e dalla «corrotta» Organizzazione mondiale della sanità, oltre a delineare «un enorme progetto di gasdotto in Alaska, tra i più grandi al mondo, in cui Giappone, Corea e altre nazioni potrebbero essere nostri partner».

Non è una sorpresa: in tutto il mondo l’estrema destra ha individuato ormai da tempo l’ambientalismo come suo nuovo nemico antropologico, dipinto come minaccia per compattare i propri militanti. La conferma arriva oggi dal premio Nobel per l’economia Joseph Stiglitz, che dalle pagine de la Repubblica in edicola stamani attacca apertamente sia la politica economica trumpiana – i dazi «scateneranno una guerra commerciale che nessuno potrà vincere» – sia soprattutto le sue ricadute ad ampio raggio: «L’impatto sull’ambiente? Lo metterei al primo posto. Dalla deregolamentazione discende direttamente l’aumento dell’inquinamento e della CO2. Non vedo emergere un populismo autoritario dove il governo ha fatto troppo, piuttosto avviene dove ha fatto poco, come negli Usa».

Un avvertimento indiretto anche all’Unione europea, dove le recenti iniziative messe in campo dalla Commissione per rilanciare la competitività del Vecchio continente – a partire dal pacchetto Omnibus – sono accusate proprio di far sfociare la semplificazione normativa in deregulation.

Ma se i democratici Usa ancora non si sono ripresi dallo shock del risultato elettorale, la società civile statunitense non ha intenzione di assistere inerme all’avanzata del populismo autoritario nel proprio Paese.

«Donald Trump continua a non mostrare una sola politica che ha avanzato o un'azione che ha intrapreso per proteggere o aiutare le famiglie americane e le nostre comunità – dichiara Ben Jealous in qualità di direttore esecutivo di Sierra Club, la principale associazione ambientalista statunitense – Ciò non è cambiato stasera, mentre il popolo americano ha visto Trump raddoppiare le politiche imperfette e la pericolosa retorica che hanno lasciato decine di migliaia di persone senza lavoro, incoraggiato gli inquinatori a minacciare ulteriormente le nostre terre pubbliche e l'aria e l'acqua pulite e messo a rischio il nostro futuro collettivo. Un presidente interessato a guidare il Paese vedrebbe che il boom dell'energia pulita che ha alimentato la nostra ripresa economica negli ultimi anni ha fornito opportunità reali e rivoluzionarie per i lavoratori, le famiglie lavoratrici e le comunità negli stati rossi e blu. Un presidente interessato a guidare investirebbe nelle infrastrutture che aiutano le famiglie americane, non le taglierebbe per tagliare le tasse ai miliardari. Un presidente interessato a guidare ascolterebbe le richieste di un'azione coraggiosa per il clima che potrebbero aiutare il nostro Paese a guidare il mondo per scongiurare il peggio della crisi climatica. E, soprattutto, un presidente interessato a guidare il Paese saprebbe che il nostro sogno collettivo per il futuro non si avvererà mai se non proteggiamo l'aria e l'acqua pulite per garantire a tutti una vita sana e sicura. Donald Trump non ha mostrato alcun interesse nel guidare per conto del popolo americano. Il Sierra Club, insieme ai suoi milioni di membri e sostenitori in tutto il Paese, continuerà a tenere testa a Trump nelle strade, nei tribunali, nei municipi. Combatteremo come l'inferno per proteggere la nostra salute e sicurezza, abbassare i nostri costi energetici, e faremo tutto il possibile per garantire un pianeta vivibile».

Luca Aterini

Luca Aterini, toscano, nasce settimino il 1 dicembre 1988. Non ha particolari talenti ma, come Einstein, si dichiara solo appassionatamente curioso: nel suo caso non è una battuta di spirito. Nell’infanzia non disegna, ma scarabocchia su fogli bianchi un’infinità di mappe del tesoro; fonda il Club della Natura, e prosegue il suo impegno studiando Scienze per la pace. Scrive da sempre e dal 2010 per greenreport, di cui è oggi caporedattore.