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Per aumentare la difesa dell’Europa non basta comprare nuove armi, serve investire in sicurezza sociale e climatica. Sanchez: «L’internazionale di estrema destra con la motosega ritiene che le conquiste sociali siano come alberi da tagliare»

 |  Editoriale

Domani la Commissione Ue a guida Ursula von der Leyen celebrerà i primi 100 giorni dal suo insediamento, per la seconda volta all’alba di uno sconvolgimento epocale: nel 2020 la Commissione aveva appena lanciato la comunicazione sul Green deal ed era in arrivo la pandemia Covid-19, mentre oggi il rapido scivolamento degli Usa di Donald Trump verso il populismo autoritario impone nuovi investimenti sull’autonomia strategica del Vecchio continente.

«Certezze vecchie di decenni stanno crollando, abbiamo ancora una guerra brutale che infuria ai nostri confini e siamo chiaramente entrati in una nuova era di dura competizione geostrategica», dichiara von der Leyen. Come affrontare questa nuova era? La presidente snocciola rapidamente le iniziative finora messe in campo per la «prosperità» dell’Europa, citando la Bussola per la competitività e il Clean industrial deal come «la tabella di marcia comune per la decarbonizzazione e la competitività», fino al pacchetto Omnibus sulla semplificazione normativa, che si sta però rivelando un grimaldello per la deregolamentazione delle politiche ambientali.

Ma l’iniziativa in assoluto di maggiore impatto in questi primi 100 giorni è un’altra, ovvero RearmEu, che von der Leyen presenta come uno «storico» pacchetto per la difesa «da 800 miliardi di euro. Può essere la base per un'Unione europea della difesa. È importante affermare che la forza economica e il piano europeo di RearmEu sono due facce della stessa medaglia. Il potenziale economico e innovativo dell'Europa è una risorsa per la sua sicurezza. Viceversa, gli sforzi di difesa dell'Europa possono dare una spinta enorme a un mercato unico più competitivo nel medio e lungo termine».

Se è vero che gli investimenti in difesa possono incoraggiare l’innovazione e la competitività in alcuni settori economici, è altrettanto chiaro – come spiega oggi su greenreport l’economista ambientale Massimiliano Mazzanti – che non possiamo aspettarci che basti una politica di riarmo per tracciare la rotta dello sviluppo sostenibile continentale. Anzi, incoraggiando i singoli Stati membri ad aumentare il proprio deficit pubblico per comprare armi – anziché investire a livello Ue e integrare gli eserciti nazionali entro una difesa davvero Comune – rischia solo di comprimere gli spazi di bilancio per politiche sociali e ambientali. Basti osservare che a fronte degli 800 mld di euro per RearmEu, la Commissione Ue ne prospetta appena 10 per realizzare nuove case popolari e sostenibili.

«La Commissione europea ha appena chiarito che i rigidi vincoli che aveva posto alle finanze pubbliche erano totalmente artificiali – commenta nel merito Jason Hickel, antropologo dell’Università autonomia di Barcellona e della London school of economics – Ora li ha eliminati per consentire una massiccia produzione militare. La Commissione europea avrebbe potuto fare la stessa cosa per ottenere una rapida decarbonizzazione e garantire a tutti alloggi, assistenza sanitaria e trasporti pubblici di qualità. Avrebbero potuto abolire le privazioni, la disoccupazione e l'insicurezza economica. Ma non l'hanno fatto. Questo rivela uno straordinario tradimento. Rivela che le classi lavoratrici europee sono state ingannate, più e più volte. La Commissione europea ha soppresso la produzione di servizi pubblici, non perché fosse fiscalmente necessario farlo, ma perché assicura le condizioni per l'accumulazione del capitale».

Non è troppo tardi per invertire la rotta. Come argomenta il segretario generale del Psoe e presidente del Governo spagnolo, Pedro Sánchez, per dare all’Europa vera sicurezza non basta la difesa militare, ma capacità d’investire dalla sicurezza informatica e digitale a quella ambientale e sociale.

«Non dobbiamo perdere l’attenzione su ciò che è importante: crescere, reindustrializzare, creare posti di lavoro e ridistribuire la crescita affinché ci sia un modello sociale, che è ciò che Putin non vuole – spiega Sanchez – Ci sono molte minacce per l’Europa. E queste minacce non provengono solo dalla Russia, c'è anche un gruppo internazionale di estrema destra con una motosega, che ritiene che le conquiste sociali siano come alberi che possono essere tagliati, e colpisce la salute pubblica, la dipendenza, le pensioni e l'istruzione pubblica. Vogliono indebolire l’Europa perché è un modello di successo, è un modello di successo in termini di diritti, libertà e democrazia». Se questo modello cederà sotto le spinte del riarmo nazionale, l’autocrazia russa e quella oggi in pectore negli Usa avranno vinto senza neanche bisogno di usare i carrarmati.

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Luca Aterini

Luca Aterini, toscano, nasce settimino il 1 dicembre 1988. Non ha particolari talenti ma, come Einstein, si dichiara solo appassionatamente curioso: nel suo caso non è una battuta di spirito. Nell’infanzia non disegna, ma scarabocchia su fogli bianchi un’infinità di mappe del tesoro; fonda il Club della Natura, e prosegue il suo impegno studiando Scienze per la pace. Scrive da sempre e dal 2010 per greenreport, di cui è oggi caporedattore.