
Gli effetti economici del cambiamento climatico, spiegati dall’Istat. Solo per gli eventi meteo estremi l’Italia ha già subito perdite economiche da 134 miliardi di euro

Intervenendo stamani a Montecitorio, il presidente dell’Istituto nazionale di statistica (Istat) Francesco Maria Chelli ha illustrato il “Rapporto annuale 2025. La situazione del Paese”, dove un intero capitolo è dedicato agli effetti economici del cambiamento climatico in Italia.
Considerando il solo impatto degli eventi meteo estremi – che il continuo aumento della temperatura media atmosferica sta redendo sempre più intensi e probabili – l’Istat conferma i dati dell’Agenzia europea per l’ambiente, la quale stima che nell’arco del periodo 1980-2023 nell’Ue27 questi abbiano causato perdite economiche pari a circa 738 miliardi di euro.
L’Italia si colloca al secondo posto nell’Ue per perdite economiche, con circa 134 miliardi di euro, dopo la Germania con 180 miliardi e prima della Francia con 130. «Negli ultimi 15 anni – sottolinea Istat – si può osservare un aumento di tali perdite nei principali paesi europei, in relazione alla maggiore frequenza e intensità dei fenomeni estremi. I costi degli eventi estremi (opere di ricostruzione e bonifica, risarcimenti e sostegni economici a individui e imprese, e così via) aggravano il bilancio degli Stati. Benché gli effetti di tutti gli eventi estremi non siano prevedibili e annullabili, è possibile nel medio-lungo termine porre in essere opere infrastrutturali e ingegneristiche per limitare le conseguenze negative e, nel breve periodo, contenere il danno economico per la finanza pubblica mediante la stipula da parte dei privati di polizze assicurative che coprano tali danni».
Si tratta di due livelli d’intervento distinti. Per quanto riguarda il fronte assicurativo, in Italia è stato recentemente approvato l’obbligo di stipula per le imprese contro le catastrofi naturali, che potrà aiutare a colmare il gap rispetto al resto d’Europa: «La pratica assicurativa – conferma nel merito l’Istat – è più seguita in Francia e in Germania, paesi in cui oltre un terzo delle perdite economiche era assicurato nei periodi 1980-2000 e 2001-2020, con una punta del 41,5 per cento in Francia nel primo periodo, per attestarsi rispettivamente intorno al 30,0 e al 20,0 per cento negli anni più recenti. Al contrario, in Spagna e in Italia tale misura di contenimento degli effetti connessi ai disastri ambientali è ancora molto ridotta».
Ma stipulare assicurazioni non basta, se questo significa una deresponsabilizzazione da parte dello Stato e uno scarico di responsabilità verso cittadini e imprese. Il motivo, anche al di là di criteri di equità, è presto detto: in alcune aree degli Usa più compagnie assicurative hanno già iniziato a sospendere la vendita di nuove polizze a causa dei costi astronomici dei rimborsi, gonfiati dai eventi meteo estremi – a partire dalle alluvioni – sempre più violenti; dove non vengono sospese, le assicurazioni contro le alluvioni propongono polizze sempre più esose, tagliando fuori dal mercato i clienti più poveri, che incidentalmente sono anche quelli più esposti a maggiori perdite in caso di catastrofi naturali.
Eppure lo Stato non sta rispondendo con l’impegno che le circostanze richiederebbero. Basti osservare che nel novembre scorso il ministro Pichetto ha predisposto lo stanziamento di 280 mln di euro contro il dissesto idrogeologico, ancora una volta di una goccia nel mare: per fare davvero i conti con l’acqua – in base alle stime elaborate dalla Fondazione Earth and water agenda (Ewa) – servirebbero 10 mld di euro aggiuntivi l’anno, a fronte dei 7 che il sistema-Paese finora riesce a stanziare. Volendo limitare il conto ai soli investimenti incentrati sulla lotta al dissesto idrogeologico, si scende comunque a 38,5 miliardi di euro complessivi in un decennio (in linea con gli investimenti stimati già nel 2019 per realizzare gli 11mila cantieri messi in fila dalla struttura di missione "Italiasicura", che ha lavorato coi Governi Renzi e Gentiloni).
