Skip to main content

L’estate sarà lunga e calda, per il mare c’è tempo. L’8 e il 9 giugno si va a votare

 |  Editoriale

Mancano pochi giorni ai referendum e chi si aspettava un sussulto del mondo politico e dell’informazione avrà avuto la conferma che in tanti la loro preferenza l’hanno già espressa: sperano che gli italiani scelgano ancora una volta il mare e non vadano a votare. Come in effetti stanno già facendo alle elezioni amministrative e politiche. Anche per questo sarebbe bello se dalle urne uscisse un vincitore, il cittadino che decide e non delega. Ne abbiamo viste e sentite di tutti colori in queste settimane di campagna oscurata, la seconda carica dello Stato (quello con il busto di Mussolini in salotto anche se ora pare l’abbia messo in cantina) che dichiara di disertare le urne, i membri del governo che, alla faccia del delicato ruolo istituzionale, fanno propaganda per l’astensione, i telegiornali che snobbano la notizia L’insopportabile mormorio di chi dice che tanto è inutile, niente cambia.

È in tutto questo, prima ancora che nelle ragioni dei quesiti referendari, che trovo la ragione per andare a votare.

I referendum sono cinque, quattro sul lavoro e uno sulla cittadinanza. Non è difficile come vogliono farvi credere e sarebbe bello se i cittadini si esprimessero per dire come la pensano, se lo scontro fosse tra chi è contento delle norme in vigore e chi vuole cambiarle. Ma che gara è quella tra uno che corre e uno che si considera vincitore se si annulla la gara?  Ma se anche non volete esprimervi andate al seggio domenica perché il voto, anche quello referendario, non è un regalo che ci hanno fatto è una conquista di chi è venuto prima di noi. E consentitemi un ricordo personale, mia madre rimasta sola, fino a quando ha potuto non solo è andata a votare ma ha voluto che l’accompagnassi e il giorno prima andava dal parrucchiere, perché per lei era una festa, quella della democrazia che lei aveva visto calpestata. E come donna quel diritto l’aveva desiderato.

Vogliamo davvero lasciare tutto questo nelle mani di chi irride alla democrazia e alla partecipazione, a chi sta già provando a riscrivere la Costituzione, a chi dice di governare in nome del popolo ma poi ha paura del giudizio del popolo? Perché il referendum è proprio questo, qui non si delega nessuno e chi va a votare decide e di solito sono i partiti al governo che hanno fastidio per lo strumento dei referendum. Basterebbe questo a rendere risibile la tesi per cui se non c’è obbligo si ha libertà di non partecipare. Ci mancherebbe altro, ma è alla base della democrazia la partecipazione, una libertà ma di carattere sociale.

Infine, si vota a giugno come quel 2 giugno di tanti anni fa quando una consultazione popolare segnò in maniera irreversibile la scelta democratica di questo paese. Da allora le scadenze referendarie hanno contribuito a cambiare, spesso in meglio, questo Paese. Non sarebbe stato possibile se gli italiani avessero scelto il mare.

Maurizio Izzo

Giornalista, responsabile comunicazione di una azienda che si occupa di produzioni video, organizzazione di eventi, multimedia. Ho prodotto numerosi documentari sulla cooperazione internazionale.