Campioni europei del caldo! L’Italia sotto uno stress termico mai visto, sfiorando i 50 gradi al Sud, con nubifragi e frane al Nord. Se il clima è cambiato, cambiamo anche noi: entri nell’agenda politica
Campioni del caldo! Il primato della botta di calore mai registrata in Europa è saldamente nostro, la competizione a chi si riscalda di più è sulla nostra Penisola, e si rassegnino cittadini e villeggianti vincitori (finora) della canicola d’oro di Floridia, località siracusana sotto l’afosa cappa di 48.8 gradi, record certificato l’11 agosto del 2021 dall'Organizzazione Meteorologica Mondiale, stracciando il precedente record europeo di 48,0 gradi centigradi registrato ad Atene ed Eleusi nel lontano 10 luglio 1977. Ma se siamo imbattibili sul continente, la classifica nazionale interna sta traballando. I meteorologi avvertono che è in arrivo la più calda zampata di caldo mai registrata: entreremo in un girone infernale dantesco che ci porterà sul gradino più alto del podio, con oltre i 46 gradi tra Siracusa, Avola, Augusta, Catania, Enna, Messina Caltanisetta. Ma il record potrebbe essere stracciato nel nostro Sud, con botte di temperature anche oltre i fiammanti 50 gradi.
E su al Nord? Nubifragi qua e là, con allagamenti e frane, strade chiuse e danni e allarmi della Protezione Civile, dalla Val d’Aosta a Friuli-Venezia Giulia, Provincia autonoma di Bolzano, Piemonte e Liguria fino al centro Italia, con aree si dividono i colori delle allerte per rischi idrogeologici. Il fronte instabile tendente al caldo annuncia una settimana con piogge intense, grandinate e accumuli di pioggia anche oltre 150 millimetri.
Il ribaltone meteorologico lascia ormai nel libro dei sogni la “normalità” nello scandire le stagioni italiane, e soprattutto l’estate leggendaria rinfrescata dall’ormai azzerato effetto dell’anticiclone delle Azzorre, che frenava i bollenti spiriti dell’Anticiclone africano, che staziona come un incubo alle nostre latitudini. Siamo da tempo entrati nel nuovo mondo climatico, con eventi che meritavano da almeno tre decenni di non essere presi sottogamba o considerati “estremi”, perché ormai riempiono l’ordinario bollettino meteo.
Il guaio è che la climatologia – l’insieme delle condizioni atmosferiche con temperatura, umidità, precipitazioni, pressione, venti – considera ormai del tutto superato il temibile tipping point, ovvero il punto di non ritorno dallo stato iniziale del conteggio delle temperature climatiche un secolo e mezzo fa. L’overdose di anidride carbonica (CO2) che il mondo invia in atmosfera ha dato una tale accelerazione alla fase naturale di riscaldamento globale con l’effetto serra, da rendere l’evoluzione dell’atmosfera il più grave problema che l’umanità abbia mai avuto nella sua lunga storia. L’escalation delle temperature marine e in atmosfera è stata negli ultimi decenni impressionante, ed è un formidabile innesco di precipitazioni esplosive, di siccità e desertificazioni, di impatti anche mortali sulla salute umana, di devastazioni urbane e di ecosistemi, di inevitabili ondate migratorie su scala mondiale.
Lo ripete ogni anno nei suoi report l’Intergovernmental Panel on Climate Change istituito dalle Nazioni Unite – la task force indipendente composta da migliaia di scienziati dei maggiori centri di ricerca di 195 Paesi –, che oggi sembra un’istituzione missing, messa al tappeto da guerre senza fine, dal fai-da-te di ogni continente e nazione e infine dagli uppercut trumpiani. Eppure, archivi di file pieni di dati da mezzo secolo indicano con estrema precisione i notevoli rischi per le aree del mondo più vulnerabili, e tra queste l’area del bacino Mediterraneo, e nel bacino del Mare Nostrum la nostra Penisola. Tempo e velocità di azione da adesso sono tutto, in una l’Italia tra i territori del Pianeta più esposti a rischi mai visti.
I prossimi dieci anni, spiegano e rispiegano scienziati e climatologi e ricercatori di soluzioni di adattamento, sono la “finestra” utile sia per frenare la febbre alta del Pianeta sia per l’adattamento umano e delle aree urbane. Dopodiché, continuando a star fermi, rischiamo di fare la fine dei pinguini e degli orsi polari sui lastroni di ghiaccio in fusione, che diventano zatteroni-iceberg traballanti negli oceani.
Noi umani riusciremo a capire che adattarsi e ridurre le quantità di carbonio sparate in atmosfera sono le sole due leve da azionare tra le cinque cause che modificano da 4,5 miliardi di anni il clima? Qualcuno fuori di sé – qualche folle burlone negazionista ci prova sempre – immagina di poter variare l’orbita terrestre, modificare le correnti oceaniche, ricollocare i continenti, spostare persino la posizione del Sole? No, l’unica possibilità di resistenza nelle nostre mani è quella della riduzione delle emissioni climalteranti in atmosfera, di rigenerare alla svelta le nostre aree urbane italiane così vulnerabili, adattandoci prima possibile al clima ormai cambiato.
Stando fermi – rileva il Copernicus Climate Change Service dell’Ue – i trend con picchi di fuoco faranno diventare ogni anno “l’anno più caldo” di sempre. E se questo 2025 sta battendo ogni anomalia e record precedente in un Mediterraneo con variabili meteo-climatiche ormai compromesse, l’inesorabile aumento di rischi paradossalmente interessa poco o punto. Eppure è l’unica guerra che merita di essere dichiarata e combattuta, chiudendo le atrocità alle quali stiamo assistendo inermi e devastati e che inviano tra l’altro altre pazzesche quote di CO2 in atmosfera.
Contro il rischio numero uno, tragicamente molto sottovalutato, avremmo tutte le potenzialità per un’azione di mitigazione e di adattamento. Sono peraltro molto ben elencate e descritte e dettagliate nei minimi particolari nei file del “Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici”, adottato un paio di anni fa dal Governo dopo 9 anni di studi e aggiornamenti scientifici e tecnici, con oltre 500 misure urgenti che mai come oggi sono da mettere a terra con urgenza perché salveranno vite umane, aree urbane, le nostre economie, l’occupazione, il nostro futuro.