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Crimini contro natura. Un pezzo d’Italia verde va in fumo per incendi di piromani, criminali e speculatori. Serve prevenzione e attivare il Catasto comunale degli incendi

 |  Editoriale

Il primo incendio non si scorda mai, ed è nei libri di storia. E nemmeno il primo e più celebre incendiario che lo appiccò, per esternare le follie dell’Imperatore. Il prototipo del piromane era Nerone Claudio Cesare Augusto Germanico detto semplicemente Nerone. Fu il quinto imperatore sul trono di Roma, dove regnò per ben 14 anni, dal 54 al 68 dopo Cristo. Il suo incendio incenerì gran parte di Roma a partire dalla sera del 18 luglio 64 d.C. e continuò per 9 giorni nell’allora metropoli Caput Mundi da un milione di abitanti, sovraffollata e suddivisa in 14 quartieri con case in legno, strade strette, distanze tra edifici minime. Morirono bruciati migliaia di romani e animali, e centinaia di migliaia persero la casa. “La catastrofe più grave e spaventosa che si sia mai abbattuta su Roma […] attraverso le botteghe che contenevano merci combustibili, rafforzato e sospinto dal vento, si diffuse impetuoso nelle zone pianeggianti, salì nelle parti alte, poi tornò a scendere in basso, distruggendo ogni cosa”, scrisse Tacito negli Annali.

Per i senatori suoi acerrimi nemici, Nerone lo avrebbe fatto appiccare, oltre che per la sua dichiarata pazzia, per cancellare tre rioni popolari - Circo Massimo, Palatino e Suburra - per fare spazio alla sua megalomania e sostituirli con la sua gigantesca Domus Aurea. Vero o falso, l’unica certezza erano gli innumerevoli inneschi nella città: torce, lampade, bracieri e fuochi accesi in ogni casa con spazi interni dove ammassavano legna e fieno per i cavalli e dove anche una piccola fiamma diventava incontrollabile.

Alle fiamme urbane, nei millenni successivi si aggiunsero i colossali roghi di foreste e boschi appiccati da invasori e invasati, sfuggiti di mano nelle scaramucce o nelle vere guerre, o per aprire radure e pianure per campi agricoli e nuove città.

L’abbattimento costante di milioni di alberi per ricavarne legno per costruzioni di navigli e intere città e per tutti gli usi urbani trasformò giocoforza i profili montani senza risparmio, al punto che solo oggi possiamo festeggiare la rivincita di boschi e foreste, la ritrovata ricchezza di biodiversità per il raddoppio del manto verde rispetto all’immediato dopoguerra sul 37% del territorio nazionale per 11.778.249 ettari sui complessivi 30.133.800. Siamo, dopo la Spagna, il secondo Paese europeo con la maggiore copertura forestale! Per un aumento dovuto a rimboschimenti, ma soprattutto all'abbandono delle terre agricole oggi occupate de alberi e vegetazione. Solo 80 anni fa erano meno di 5 milioni! Ma il selvatico si è ripreso lo spazio che l’agricoltura gli aveva sottratto, e l’abbandono dell’Italia coltivata è stimato da Coldiretti in una perdita di oltre un quarto di terre collinari e montane un tempo “presidiate” da famiglie di contadini e da aziende agricole.

L’ultimo incendio che ha devastato parte del meraviglioso Parco nazionale del Vesuvio impegnando fino all’eroismo i Vigili del fuoco con 6 Canadair, elicotteri della Protezione civile e squadre a terra tra Terzigno, Boscotrecase e Trecase, è l’ultimo allarme. Legambiente calcola l’Italia andata in fumo dal 1° gennaio al 31 luglio 2025 per 851 roghi che hanno già incenerito quest’anno 56.263 ettari di boschi e foreste, superando la superfice bruciata nel 2024 pari a 50.802 ettari con 1.515 incendi.

incendio vesuvio spazio

Le colpe? Le solite. La criminalità dei fuochi che resta impunita e mai individuata salvo rarissimi casi. Approfittano del caldo record e anche dell’incapacità di saper prevenire, individuare e colpire.

Se le temperature creano le condizioni ideali per il propagarsi del fuoco, soprattutto in zone dove la vegetazione è ridotta a sterpaglie, Coldiretti su dati Isac Cnr indica per ogni rogo un esborso pubblico di oltre 10.000 euro per ettaro incenerito per le spese per lo spegnimento, la bonifica e la ricostruzione degli ecosistemi.

La verità è che c’è troppa sottovalutazione degli incendi e degli incendiari. Eppure, è sempre chiarissima la matrice colposa, dolosa o patologica, ma restano quasi sempre senza volto gli incendiari, sia i piromani con seri disturbi mentali, sia i distratti e i disattenti che lasciano accese grigliate o lanciano mozziconi di sigarette dai finestrini di auto e treni pronte a incendiare sterpaglie e poi alberi, sia i criminali del fuoco che lo appiccano pensando di poter avere mano libera per cementificare l’area arsa. Ma anche roghi appiccati da chi lucra su bonifiche e rimboschimenti, o come ritorsioni della criminalità, per vendette e regolamenti di conti personali tra confinanti, per reazione a vincoli apposti sulle aree protette. Un impunito ventaglio di colpe con anche tentativi disastrosi di ripulitura col fuoco di incolti e scarpate stradali e ferroviarie, rinnovazioni di pascoli con bruciature di stoppie, macchinari agricoli che producono fiamme libere e scintille, lanci di petardi e razzi. E si moltiplicano gli inneschi nei punti più irraggiungibili dalle squadre di soccorso e quando soffiano i venti più forti. Senza dimenticare che in un ettaro di superficie in cenere perdono la vita in media anche 400 animali selvatici, tra rettili e mammiferi, e 300 uccelli.

L’autocombustione o il fulmine sono cause illusorie e pressoché inesistenti, possono incidere nemmeno per l’1%. Nel 99% dei casi sono crimini contronatura di chi è pronto a uccidere, a mandare in fumo ecosistemi secolari e ad aumentare anche i dissesti geo-idrologici, perché un incendio bruciando alberi e radici degli alberi crea nel suolo uno strato idrofobico – il risultato di sostanze cerose che si formano dal materiale vegetale – e aumenta lo scorrimento dell’acqua e frane per lo smottamento di terreni.

Possibile che nel tempo di satelliti spia e telecamere, visori notturni, droni e geo-localizzazioni, non si becchi quasi mai un criminale che appicca il fuoco? Possibile che non riusciamo a capire che le fiamme sono alimentate anche da mancate manutenzioni, scarsissima sorveglianza e zero prevenzione contro chi attenta alla vita umana e della Natura?

Dal 1980 ad oggi sono stati ridotti in cenere circa 5 milioni di ettari di boschi, foreste, macchia mediterranea e vegetazione, con una media di 106.894 ettari all’anno! Ma i terroristi dei roghi hanno triplicato gli attacchi negli ultimi anni più tropicali, appiccando dal 2020 quasi 2 incendi al giorno. I dati satellitari dell’European Forest fire Information System indicano aree sempre più vaste andate in fumo. Abbiamo alle spalle i maggiori picchi del 2017 con 160 mila ettari in fumo per 8.000 roghi, il 2021 con 110 mila ettari, il 2022 con 5.207 incendi, e il 2023 con incendi boschivi su 1073 kmq con un più 36% sul 2022, superfici bruciate nel 2024 per 50.802 ettari per 1.515 incendi, e nel 2025 i dati già ricordati da Legambiente. A questi, vanno aggiunti circa 300 roghi che negli ultimi 3 anni sono partiti da discariche di rifiuti legali o abusive, soprattutto nel centro sud con incendi colossali. La Direzione nazionale antimafia ha accertato che “si brucia per coprire altri reati” come rifiuti illegalmente stoccati.

incendi legambiente estate 25

C’è un problema enorme nella prevenzione. L’Italia degli incendi è un caso da manuale del farsi male da soli. Soprattutto in regioni come la Sicilia dove dal 2018 sono andati in fumo oltre 200.000 ettari di superfici verdi. La Regione potrebbe schierare un esercito di 11 mila stagionali (trimestrali o semestrali), 5 mila lavoratori dell’antincendio dipendenti dal Corpo forestale e altri 400 dell’Ente di Sviluppo Agricolo. Ha a libro paga quasi metà dei 47.313 forestali italiani, un esercito oltre tre volte i 5.000 Canadian Rangers che sorvegliano i 400.000 kmq di foreste e boschi a fronte dei 3.400 kmq dell’isola. In Sicilia ci sarebbe un sorvegliante per ogni 2 kmq scarsi e non dovrebbe essere permessa nemmeno l'accensione di un cerino. Eppure, ogni anno c’è l’assalto degli incendiari, la manutenzione boschiva parte in ritardo, l’erba secca e le alte sterpaglie diventano inneschi, i piani antincendio comunali restano nei cassetti e la media dei roghi dolosi e colposi aumenta.

Va applicata infine senza sconti la legge 353/2000 che stabilisce divieti e limitazioni allo sfruttamento economico dei terreni percorsi dal fuoco, ma il 44% dei Comuni colpiti da incendi, rileva l'Arma dei Carabinieri, né adotta né aggiorna il “Catasto incendi” per censire i suoli arsi dal fuoco e questa “dimenticanza” impedisce di censire terreni da sottoporre a vincoli. E il Nerone di turno incendia ancora.

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Erasmo D'Angelis

Erasmo D’Angelis, giornalista - Rai Radio3, inviato de il Manifesto e direttore de l’Unità -, divulgatore ambientale e autore di libri, guide e reportage, tra i maggiori esperti di acque, infrastrutture idriche, protezione civile. Già Segretario Generale Autorità di bacino Italia Centrale, coordinatore per i governi Renzi e Gentiloni della Struttura di Missione “italiasicura” contro il dissesto idrogeologico, Sottosegretario alle Infrastrutture e Trasporti del governo Letta, Presidente di Publiacqua e per due legislature consigliere regionale in Toscana. È Presidente della Fondazione Earth Water Agenda, tra i promotori di Earth Technology Expo e della candidatura dell’Italia al World Water Forum.