Miracolo a Abbateggio. L’antico orgoglio nel Parco della Maiella, lasciato dallo Stato senza dipendenti a tempo pieno fa da sé e dà lezioni di cura dell’ambiente, cultura, accoglienza, bellezza
Se perdete l’orientamento e avete bisogno di una favola vera, sui pascoli alle pendici settentrionali del grande massiccio della Maiella abruzzese, tra le meraviglie del Parco nazionale c’è l’orgoglioso comunello di Abbateggio. Per dimensione demografica è da fondo classifica, essendo il 258esimo dei 7.896 municipi italiani avendo appena 357 iscritti all’anagrafe, ma per strabordante senso civico e fierezza abruzzese è nel gruppo di testa.
Del resto, nel suo Dna ci sono i tosti colonizzatori del tempo antichissimo, perlopiù pastori paleolitici che vivevano nelle funzionali e artistiche capanne a Tholos a forma di cupola, costruite accumulando pietre a secco, molto simili a quelle delle civiltà nuragiche sarde e del Mediterraneo. Il suo Ecomuseo a cielo aperto conserva i resti del primitivo villaggio, e lo fa rivivere.

Anche qui era finita un’epoca, quella antichissima iniziata con lo scavo dei Neolitici delle prime grotte di bitume - nella Grotta dei Piccioni è stato rinvenuto un panetto di 6700 anni fa -, continuata dal I secolo d.C. con gli uomini-talpa Romani, tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento coi minatori che estraevano dai giacimenti di rocce sedimentarie asfaltiche e sabbie e vene bituminose tra le più importanti d’Europa, il bitume "minerale", assai diverso dal bitume poi derivato dal petrolio greggio e composto di idrocarburi.
Il bitume della Maiella fece il botto all’Expo Universale di Parigi del 1867, che lo lanciò sul mercato mondiale e fece la fortuna del comprensorio minerario che all’improvviso vide costruire strade, ponti, ferrovie, teleferiche, centrali idroelettriche, case, con la piena e stabile occupazione di mano d’opera locale. Nel 1930 erano 1.306 i minatori e scendevano nei sotterranei di Abbateggio anche i ragazzini con meno di 15 anni e le donne, però pagate in nero.
Tutto finì dopo il 1950, con l’addio alle miniere della Maiella per l’asfalto ricavato ormai dal petrolio. E i coraggiosi esperti minatori diventarono emigranti molto richiesti. Hanno sudato e versato anche sangue nelle miniere di carbone di mezzo mondo, e ci sono lacrime e foto e targhe a ricordare i tanti straziati nei sotterranei della storia mineraria da esplosioni di gas infiammabili come il micidiale grisù. Nell'esplosione a Bois du Cazier di Marcinelle in Belgio l’8 agosto 1956, tra le 262 vittime, 136 erano italiani e 62 erano abruzzesi; una trentina fu uccisa nell’esplosione del 6 dicembre 1907 nella miniera di Mononghan in Virginia nel più grave disastro minerario della storia Usa; altri 4 morirono nella tragedia mineraria a Layland nel 1915, altri 9 a Hillcrest.

Ma l’emigrazione che altrove ha desertificato borghi e paesini oggi scarnificati dall’abbandono, ad Abbateggio ha dato un senso al proverbio antico afgano “Lascia il tuo paese, ma non lasciare che il tuo paese ti lasci”. Se i legami affettivi non muoiono mai, possono essere d’aiuto. E il paese, anche col giro del mondo dell’infaticabile sindaco e oggi consigliere regionale Antonio de Marco, alla ricerca dei compaesani che hanno lasciato il cuore sulla Maiella ricreando connessioni emotive mai sopite, è potuto sopravvivere all’abbandono dello Stato. È un posto dell’anima, un borgo tra i più belli, un luogo rilassante per chi ci vive e per i vacanzieri, con la ripresa di piccole economie non solo turistiche che stanno modificando un destino che sembrava segnato, così diffuso tra i nostri emozionanti borghi interni, scientificamente uccisi per pigrizia mentale e politica. Man mano sono morti i servizi pubblici, le economie e i commerci, le infrastrutture di comunicazione e non sono mai arrivate le connessioni, e al massimo resistono per qualche villeggiatura.
Qui nessuno cede alla depressione, anzi il sorprendente volontariato civico supplisce alle carenze dello Stato a dir poco vergognose. Già, perché il Municipio è stato lasciato senza neanche un dipendente comunale a tempo pieno in organico. Le finanze risicate a disposizione del sindaco Gabriele Di Pierdomenico, subentrato a di Marco, permettono appena 3 incarichi a convenzione e a termine. Un inedito europeo, e comunque case history di un ente pubblico territoriale da non crederci. Eppure per legge i comuni italiani sono obbligati a garantire servizi essenziali ai cittadini, che vanno dalla pulizia alla raccolta dei rifiuti, dall’anagrafe ai certificati, dai protocolli all’archivio al rilascio di permessi, dalla gestione e manutenzione del territorio alla polizia locale. Qualcuno deve pur occuparsene, ma in Italia la gravissima carenza di personale nei piccoli Comuni non era mai arrivata a questo.
I nostri piccoli centri sotto i 1.000 abitanti hanno un numero risicatissimo di dipendenti, quasi un terzo sopravvive con meno di 5 dipendenti. E se gli eroici sindaci hanno almeno un segretario comunale "factotum", Abbateggio non può, per carenze croniche di trasferimento di fondi statali. E oggi spera nell’unione di Comuni per gestire in forma associata servizi fondamentali, condividendo il personale per funzioni amministrative e servizi essenziali.
E se lo Stato non c’è, la comunità di Abbateggio fa da sé. E meraviglia il Paese senza nemmeno una cicca sulle stradine di pietra, con un decoro che affascina anche una delle “madri” fondatrici dell’ecologismo italiano come Grazia Francescato, una vita spesa con il Wwf nelle mille battaglie ambientali e rapita dai paesaggi struggenti che dall’alba al tramonto incantano chi arriva quassù. Mi racconta il segreto di tanta attenzione all’ambiente: “Qui nessuno sporca!”. Facile a dirsi, ma è una verità. E se qualcuno sporca non suscita solo le ire di Grazia ma anche dei presenti, pulisce alla svelta vergognandosi e scusandosi.

Non a caso sono le squadre di abitanti coi consiglieri comunali in testa a provvedere a tener pulito tutto, dal cimitero agli uffici comunali al gioiello medievale con le case in pietra bianca, i vicoli stretti e le stradine acciottolate con archi antichi e affacci panoramici su atmosfere uniche.
Abbateggio non molla e rilancia! Qui è nato il "Premio Nazionale di Letteratura Naturalistica Parco Majella" che in tre giornate coinvolge ogni anno ragazzi delle scuole alle associazioni ai turisti e nei concorsi per narrativa, saggistica, poesia, giornalismo nel ricordo di Paolo Borsellino. Lo organizza l’associazione “Alle Falde della Majella” e tra tanti illustri premiati in 28 quest’anno il premio è stato assegnato a un politico-scrittore come Dario Franceschini per il suo struggente romanzo “Acqua e terra”, storia di lotta e amore nelle campagne ferraresi nei decenni della bonifica; a Paolo Ligheri per la saggistica; a Bruno Di Pietro per la Poesia; a Grazia Francescato cittadina onoraria da 23 anni. Con letture dalla voce narrante davvero unica dell’attrice e doppiatrice Alessia Patrignani.
E quest’anno Abbateggio ha proposto una “Carta dei Valori” che individua il futuro possibile nel ritrovato equilibrio tra uomo e natura, valorizzando radici antiche e indicando un modello culturale di convivenza e accoglienza e inclusione positiva. Dal 1997, la Pro loco – con Antonio Di Marco, Roberto Di Toro, Gabriele Di Pierdomenico, Giuliano Tontodonato, Monica De Thomasis, Sergio Di Marco, Beatrice Tortora, Marilena Parete, Stefania Simone, Massimiliano Di Sinno, Elena Trisolini, Silvia Tontodonati, Maurizio Simone, Assunta Di Marco e Carmela Placido, con la Direzione Artistica di Daniela D'Alimonte e Marco Presutti –, realizza miracoli di dimensione internazionale.

È una delle storie di una piccola grande Italia resistente che fanno bene al nostro Paese. Basta puntare il dito sulla mappa della Penisola per scoprire antichissime Abbateggio incastonate in paesaggi alpini e appenninici che sembrano disegnate dalla fantasia, ma sono frutto della fatica di chi ci ha preceduto. Sono tanti, formano un elenco di 5.521 piccoli Comuni con meno di 5.000 abitanti. Sul totale dei 7.896 comuni italiani è il 69,9%, con il 16,4% della popolazione che vive ancora nella straordinaria varietà dei nostri paesaggi naturali come custodi di aree boscate e forestate. Sono i “custodi” di itinerari che portano a chiesette e abbazie, antichi mulini ancora funzionanti, castelli e fortezze con torri di avvistamento che raccontano storie avvincenti e battaglie. Sono terre della qualità agro-alimentare cercata dal mondo, con produzioni tipiche. Ma da troppo tempo perdiamo la nostra anima. Scrisse Leonardo Sciascia, pensando alla sua Racalmuto: “Ho l’impressione che la mia nascita sia alquanto posteriore alla mia residenza qui. Risiedevo già qui e poi vi sono nato”. L’abbandono della montagna è un dramma iniziato negli anni del boom economico, quando milioni di famiglie emigrarono per rafforzare l’industrializzazione dell’Italia. E già nel 1948, l’economista Manlio Rossi-Doria ammoniva: “La morte degli insediamenti umani in montagna potrebbe significare l’inizio di grandi rovine nei luoghi dove le attività umane si esercitano e si concentrano”. Il fenomeno è proseguito con nuove ondate migratorie verso l’estero e le nostre metropoli. E nei piccoli centri l’assenza di servizi essenziali ha contribuito alle desertificazioni sociali. Chiusi uffici postali, filiali di banche, distributori di benzina, il meccanico, le stazioncine ferroviarie, asili e scuole elementari e medie, presidi sanitari e chiese, è rimasta la voce dei silenzi e dei vuoti.
Nel solo ultimo decennio sono state chiuse circa 26 mila attività commerciali nei piccoli Comuni e oggi 3.300 piccoli centri sono senza sportelli bancari o empori, panifici o farmacie. Ma nelle Abbateggio d’Italia grandi e piccole oggi risiedono circa 13 milioni e 300mila persone, un quarto della popolazione. In “fuga” sono soprattutto i giovani professionalizzati e laureati, è il “capitale umano” che non resta con un clamoroso divario digitale e l’incomprensibile digitalizzazione che si ferma in pianura o alle prime alture collinari, dopodiché non c’è più campo. E anche l’economia agricola di qualità non ha accesso – o ha enormi difficoltà di accesso – al mercato degli acquisti online e all’e-commerce.
Quanto ci vuole a capire che l’Italia non è fatta solo di città metropolitane dove si riversa la quasi totalità degli investimenti pubblici, ma soprattutto dal 69,9% dei Comuni dell’Italia minore, scrigni di arte, natura, cultura, tradizioni, orgoglio, passioni, il nostro più potente fattore di identità condivisa. E che con lo spopolamento i territori diventano più fragili, terre di dissesti ed emergenze senza controllo. Dal 2016 la proposta di legge Realacci sulle “Misure per il sostegno e la valorizzazione dei piccoli Comuni" afferma la necessità di interventi di forte sostegno con agevolazioni per chi resta, chi rientra, chi ci si trasferisce e avvia un’impresa. Ma l’inconsistenza degli investimenti fa avanzare l’inverno demografico.
Abbateggio in ogni caso ci incoraggia.
