C’è vita su Marte. Il “Pianeta Rosso” un tempo doveva essere il “Pianeta Blu”, gemello terrestre. Ma la grande protagonista è l’acqua
Qualcuno si chiederà se siamo su Marte, quando sulla Terra aumentano teatri di guerre e massacri senza fine, con gli orrori di una interminabile striscia di sangue per 56 conflitti armati – un numero che non si vedeva dalla Seconda Guerra Mondiale – che si aggiungono all’escalation di temperature globali che aggiungono morte e devastazioni con conseguenze per l’oggi e il futuro devastanti, che avranno costi che nessuno sta mettendo in conto. Ebbene sì, andiamo su Marte perché alla fine "Ci sono più cose in cielo e in terra, Orazio, di quante ne sogni la tua filosofia", come dice l’Amleto di Shakespeare. E tra queste cose c’è l’emersione dell’acqua protagonista nell’Universo.
L’acqua, da sempre, è creatrice di vita, e oltre la nostra Terra la sua presenza oggi è stata rilevata su altri pianeti. Persino sulla Luna che ha un 3,5% di superfici di ghiaccio intrappolato nelle sue aree polari, perennemente all’ombra a temperature fino a 160 gradi sotto lo zero. Allo stato di vapore è su Saturno, Urano e Giove e sui loro satelliti. Europa, il satellite di Giove, ha una massa oceanica profonda un centinaio di chilometri sotto la sua superficie congelata e, chissà, potrebbe esserci addirittura acqua liquida. Il ghiaccio è su Mercurio, su Cerere e sul più lontano Nettuno, che mostra anche tracce di vapor d’acqua. Come anche le nubi di Venere, il pianeta con dimensioni simili alla Terra dove l’acqua gassosa resiste pur essendo il più infernale del sistema solare, avendo una temperatura in superficie di 470 gradi e una pressione di 92 atmosfere – che è come ritrovarsi a mille metri sott’acqua. I ricercatori della Université Paris-Saclay dimostrano, grazie ai dati ricevuti appena in tempo dalle loro sonde-suicide sopravvissute per poche ore dopo l’atterraggio, che in un tempo lontanissimo una densa copertura di nubi potrebbe aver consentito temperature tali da permettere la presenza di un “sottile oceano” Venusiano. C’è anche l’enigma di Encelado, la luna di Saturno, dove la sonda Cassini già nel 2005 avvistò espulsioni di getti di vapore acqueo e ghiacci dalle fratture nella sua regione sub-polare: forse potrebbe nascondere acqua liquida sotto la sua superficie, ma intanto affascinano le sue eruzioni acquee. Il “Toro di Saturno”, lo spettacolare, sottile e brillante anello-alone principale formato da geyser, è composto anche da ghiaccio. E potentissimi telescopi e satelliti di ultima generazione individuano l’acqua quasi ovunque nell’atmosfera.

E c’è tanta acqua anche su Marte, il pianeta più somigliante alla nostra Terra per dimensioni e per distanza dal Sole, e oggi anche e soprattutto per l’accertata presenza dell’acqua. Già la prima sonda lanciata nel 2011 dalla NASA per il Mars Science Laboratory che atterrò nell’agosto 2012, e il rover Curiosity, avevano svelato caratteristiche sorprendenti del suolo marziano esplorando la cavità del cratere Gale, intercettando tracce di sale solfato in un’antica sezione di rocce sedimentate risalenti a molte ere geologiche fa, forse un alveo che ospitava un lago salato. E la sorprendente deduzione fu che Marte non è sempre stato un desolato gelido blocco di roccia. Ma questo già nel 1877 lo aveva intuito il pioniere degli astronomi Giovanni Schiaparelli, lo scienziato e senatore del Regno d’Italia nonché membro dell’Accademia dei Lincei. Schiaparelli, scrutandolo con il telescopio, aveva persino individuato su Marte strutture geografiche lineari che definì come “canali”, richiamando i nostri canali irrigui. Non i sognatori e nemmeno gli scrittori di fantascienza, ma l’astronomo americano Percival Lowell, fondatore dell’Osservatorio di Flagstaff in Arizona, in quegli stessi anni si convinse della natura artificiale dei canali marziani, lanciando l’ipotesi affascinante che fossero stati un tempo delle imponenti opere di distribuzione dell’acqua: “Su Marte vediamo i prodotti di un’intelligenza. C’è una rete per l’irrigazione [...] Di certo osserviamo indizi della presenza di esseri più progrediti di noi”.
Quei canali di acqua oggi sappiamo che risalgono da 1 a 4 miliardi di anni fa. E le nuove esplorazioni hanno localizzato anche un grande lago di acqua salata ad un chilometro e mezzo di profondità, sotto i ghiacci del Polo Sud marziano. Merito del radar italiano Marsis dopo una “caccia” durata 13 anni organizzata dall’ASE, la nostra agenzia spaziale, con più potenti software e radar, mettendo a frutto la nostra lunga e incredibile esperienza di ricerca di laghi sotto i ghiacci dell’Antartide e della Groenlandia. Il “Pianeta Rosso” probabilmente un tempo doveva essere un “Pianeta Blu” come la nostra Terra, con piccoli oceani, mari, laghi e fiumi con portate molto maggiori delle nostre. Sono nitide, infatti, le tracce che fanno pensare a numerosi letti fluviali e a grandi laghi stracolmi d’acqua liquida.

E l’acqua marziana doveva essere talmente tanta da causare gigantesche e durature inondazioni, come sostiene uno studio degli scienziati dell’Università di Austin. Le immense piene fluviali potrebbero aver modellato la superficie lasciando le profonde voragini e le valli fluviali che le telecamere scrutano oggi, spostando impressionanti quantità di sedimenti. Le immagini dai satelliti in orbita, l’osservazione da terra dei crateri e i 262 probabili bacini di un tempo finora individuati ed esaminati fanno indicare Marte come il “Pianeta dei piccoli mari”.
Poi, il processo climatico evolutivo in milioni di anni portò alla desertificazione. La nuova fase potrebbe essere iniziata quando Marte cominciò a ricevere meno di un terzo della radiazione solare che oggi raggiunge la Terra, un evento che impedì il mantenimento dell’acqua in forma liquida. Ma se il clima mutato lasciò letti di fiumi seccati e avvallamenti polverosi, non tutta l’acqua è scomparsa, perché in parte è ancora trattenuta sotto forma di ghiacci in sacche nelle profondità del pianeta, rilevata dal robottino a sei ruote Perseverance telecomandato dalla NASA e sbarcato il 9 febbraio 2021, l’erede dei primi Spirit, Opportunity e Curiosity della Mars Exploration Rover iniziata nel 2003; seguito poi a ruota dal rover cinese Zhurong sceso dalla rampa del lander della missione Tianwen-1 il 15 maggio 2021. Esplorando, annusando, trivellando, e con droni-elicotteri cercavano tracce di acqua, microorganismi, componenti chimiche. E le analisi scientifiche delle informazioni inviate dal rover Perseverance dal cratere Jazero, una depressione marziana larga qualcosa come 45 km, fanno immaginare l’ecosistema scomparso circa 3,7 miliardi di anni fa: un grande lago alimentato da un fiume, nel clima che allora doveva essere caldo e umido.

I campioni di terreno raccolti nei 15 km circostanti hanno rilevato depositi di sedimenti a forma di ventaglio, forse ciò che resta della confluenza tra fiume e lago. Il rover Nasa con sei ruote, telecamere, trapano e strumenti analitici miniaturizzati su un braccio robotico nel luglio 2024, scavando un campione di roccia nel letto fluviale e analizzando persino la sua composizione, ha fatto sobbalzare gli scienziati del Jet Propulsion Laboratory californiano. Ha intercettato dettagli sorprendenti nei campioni raccolti con molecole formate da carbonio, la sostanza che forma anche l’impalcatura chimica degli esseri viventi. Dopo oltre un anno di analisi e controlli, sulla rivista Nature scienziati NASA e del nostro Istituto nazionale di Astrofisica hanno annunciato che lungo la foce del fiume che si immette nel cratere Jezero, in una zona di roccia chiara a forma di angelo definita Bright Angel, il rover si è imbattuto in un’eventuale traccia di vita su Marte, in una “possibile biofirma”. Scrive Joel Hurowitz: “Non possiamo ancora dire che abbiamo trovato la vita su Marte. Possiamo affermare che il carbonio organico trovato da Perseverance ha diverse origini plausibili. Una, ma non l’unica, è biologica”. La vita di circa 3,5 miliardi di anni fa, forse microbica, forse di organismi microscopici quando su Marte l’atmosfera era densa e calda, poteva piovere, c’erano molti fiumi, un vasto oceano e diversi laghi. Marte oggi invece è freddo e non piove, perché ha perso gran parte della sua atmosfera.
La sonda Mars Express dell’Agenzia Spaziale Europea ha poi individuato un deposito di ghiaccio sotto la superficie tra le pianure e gli altopiani marziani, coperto da formazioni scolpite dal forte vento alte anche diversi chilometri, e da centinaia di chilometri di depositi di polvere nell’area del pianeta indicata come “Medusae Fossae”. “Abbiamo scoperto che i depositi sono ancora più spessi di quanto pensassimo, fino a 3,7 chilometri”, spiega Thomas Watters, che guida lo studio.
E anche il radar Marsis, concepito dal team di Thales Alenia Space joint venture tra la francese Thales e l’italiana Leonardo con i sensori che hanno guidato Mars Express verso Marte – realizzati nello stabilimento di Leonardo a Campi Bisenzio – invia dati raccolti dall’Agenzia Spaziale Italiana, calcolando i depositi di ghiaccio nella regione di Medusae Fossae fino a 3,7 km nel sottosuolo del Pianeta rosso. Si tratta del più grande deposito di acqua mai rilevato fuori dalle calotte polari del pianeta, al punto che se si sciogliesse potrebbe coprire la superficie di Marte con uno strato d’acqua profondo da 1,5 a 2,7 metri. Sulla Terra, una simile massa di acqua sarebbe sufficiente a riempire il Mar Rosso. I risultati della ricerca sono sulla rivista Geophysical Research Letters.
Se oggi Marte è un arido pianeta, grattando sotto la sua superficie c’è insomma l’acqua di un tempo, contenente tutti i suoi segreti. Una verità scientifica clamorosa e affascinante, lo spazio che non ti aspetti.
