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Autolesionismo lombardo, il Seveso intubato ha invaso ancora Milano per la 122esima volta dal 1975, sfondando i tombini. La vergogna delle 3 casse di espansione del fiume finanziate nel 2014 e non concluse o progettate

 |  Editoriale

In una Italia bersaglio climatico di violentissimi nubifragi senza tregua, esondazioni fluviali, strade franate o allagate, argini crollati, smottamenti, con eroici vigili del fuoco in soccorso in condizioni estreme di automobilisti intrappolati nelle gallerie e nei sottopassi, Milano per la 122esima volta dal 1975 si è svegliata in balìa del suo Seveso.

Il fiume-torrente è riesondato tornando a galla come l’incubo irrisolto della Lombardia. Con il suo classico devastante corredo di paura, black-out elettrici, rabbia, allagamenti di piazze e strade e sottopassi trasformati in affluenti del fiume, cantine e negozi, gli ingressi della metropolitana chiusi. Le sue acque sono, come al solito, “esplose” dai tombini, formando getti inarrestabili e scorrendo in velocità su strade con vista dalle torri-grattacielo del Bosco Verticale, da piazzale Istria a piazzale Lagosta e a piazza Minniti.

“E peggio del 2014!”, ripetevano quelli con l'acqua alle ginocchia che non riuscivano ad attraversare le strade-fluviali protette dalla protezione civile con mura di sacchi di sabbia.

È stato il replay del “giorno della marmotta” milanese. Come sempre e come dieci anni fa quando, tra luglio e settembre, il Seveso esondò per ben 6 volte sui quartieri a nord di Niguarda, Ca Granda e Prato Centenaro fino all'Isola – nomen omen – proprio sotto il Bosco Verticale. Stesse scene che si ripetono in media due volte l’anno, nel disinteresse quasi generale. Rispetto al 2014, oggi Milano ha almeno la sua grande vasca di laminazione capace di accumulare oltre 250 mila metri cubi di acqua di piena, e in effetti finora ha salvato la città da alluvioni minori del Seveso. L’assessore alla Sicurezza e alla Protezione Civile di Palazzo Marino, Marco Granelli, l’ha fatta collaudare il 30 novembre 2023, ma è l’unica protezione sulle 4 vasche previste in Lombardia e affidate da 10 anni dallo Stato alla Regione. Che non basti da sola lo ha dimostrato due ore e mezzo dopo l’apertura alle 7.50: alle 10 era già stracolma di acqua.

Il fatto è che il Seveso torrentizio arriva alle porte di Milano ingrossato e senza possibilità di sfogare la sua potenza nelle altre aree di espansione a monte, perché ancora mancano. La verità che fa male vede ad oggi solo la vasca del Parco Nord di Milano al confine con Bresso realizzata, con lavori partiti il 20 luglio 2020 e gestiti dal Comune. Le altre 3, che devono contenerlo lungo la pianura a nord di Milano, gestite dalla Regione, segnano ritardi cronici. Una delle due vasche di Senago sarà pronta tra qualche mese, quella di Lentate forse tra un anno, come quelle delle zone golenali di Cantù, e della vasca di Paderno-Varedo c’è il solo progetto e non è stato ancora assegnato l’appalto. La Lombardia dovrebbe scolpire sulla facciata della Regione le parole di Leonardo da Vinci, da Architecto et Ingegnero Generale nella Milano governata dal mecenate potente e visionario Ludovico Maria Sforza detto il Moro: “Se ti addiviene di trattare delle acque consulta prima l’esperienza e poi la ragione”. Noi né l’una né l’altra.

Se El Seves fiùmm de Milan allaga la città è perché sbocca dai tombini, dal basso, scorrendo intubato sotto la città per circa 10 km in sezioni del tutto insufficienti per le sue portate di piena, che sarebbero gestibili solo con aree di espansione idrauliche in grado di contenerle lungo il suo corso fuori dalla città. Invece, la débâcle dell’insicurezza dalle alluvioni fa il giro del mondo, ma non è dovuta né a carenza di fondi né di capacità tecniche, per concludere le altre tre vasche di laminazione dove far scaricare la furia delle piene di un fiume che non aspetta i tempi interminabili della politica.

I ritardi sono cronici sul cronoprogramma del 2014, con 140 milioni stanziati da allora dalla struttura di missione Italiasicura, e continuano nonostante le terribili precipitazioni atmosferiche del terzo millennio sempre più a carattere esplosivo, e nonostante la certezza che solo un sistema di vasche di laminazione può ridurre – o portare in alcuni casi a zero – i rischi di esondazioni. La Lombardia è un tristissimo caso internazionale di autolesionismo, e i ritardi devono essere recuperati prima possibile dalla Regione, che per legge dello Stato è titolare e responsabile delle opere di contrasto al rischio idrogeologico.

 

Erasmo D'Angelis

Erasmo D’Angelis, giornalista - Rai Radio3, inviato de il Manifesto e direttore de l’Unità -, divulgatore ambientale e autore di libri, guide e reportage, tra i maggiori esperti di acque, infrastrutture idriche, protezione civile. Già Segretario Generale Autorità di bacino Italia Centrale, coordinatore per i governi Renzi e Gentiloni della Struttura di Missione “italiasicura” contro il dissesto idrogeologico, Sottosegretario alle Infrastrutture e Trasporti del governo Letta, Presidente di Publiacqua e per due legislature consigliere regionale in Toscana. È Presidente della Fondazione Earth Water Agenda, tra i promotori di Earth Technology Expo e della candidatura dell’Italia al World Water Forum.