Riuso, desalazione, aumentare gli accumuli, diminuire le perdite: sulla tratta Tunisi-Roma si testano le strategie per garantire alle popolazioni la disponibilità di acqua
Si è svolto a Tunisi nei giorni 22 e 23 settembre l’incontro fra gli Stati del Magreb e i membri del Comitato One Water e il Ciheam di Bari dal titolo: “Pour une gestion del’eau juste, efficace et durable dans la région méditerranéenne”. Al centro dei lavori: clima e risorsa idrica, due temi strettamente interconnessi e oggi più che mai centrali nell’agenda di lungo periodo dei Paesi mediterranei.
Gli effetti del cambiamento climatico impattano su una situazione già ampiamente critica per il tema acqua e per i fenomeni a questo connessi. Il clima è sempre più caldo, ci sono punte territoriali e temporali estremamente critiche nei mesi estivi. L’incremento medio dei prossimi anni se non verrà contenuto al di sotto dei due gradi potrà creare veri e propri fenomeni catastrofici. Le precipitazioni tenderanno a diminuire e a presentarsi, come nel resto del mondo, in maniera “bizzarra” con pericoli di inondazioni da una parte e di siccità dall’altra altamente variabili in termini di localizzazione, di modalità e di durata temporale. L’evapotraspirazione, crescente con l’innalzamento della temperatura, metterà “fuori uso” una parte più grande sia del naturale run off superficiale sia della risorsa idrica accumulata in dighe e invasi. Gli invasi rischiano di diventare dei contenitori di acqua “calda” sulla superficie con maggiore evaporazione, con riduzione dell’ossigeno, un aumento di salinità e con la proliferazione di alghe e cianobatteri. In sintesi, con una “usabilità” inferiore della risorsa rinnovabile peraltro decrescente.
La situazione è diversa nei diversi paesi presenti all’incontro: Tunisia, Algeria, Marocco, Libia e Mauritania. Ma possiamo prendere a riferimento la Tunisia che rappresenta forse la situazione medio alta agevolmente confrontabile con l’Italia.
Le precipitazioni medie della Tunisia stanno, in media, sui 200 mm all’anno. Ma il vero tema è che questa media è rappresentata da valori intorno ai 400 mm nel Nord, la regione più piovosa, ed invece dai 10/20 mm in altre parti del paese. In Italia si registrano in media 970 mm e, nelle regioni con la più bassa piovosità, la Puglia e la Sicilia, il pluviometro sta intorno ai 650 mm. Ma le differenze di precipitazioni non danno la misura della reale disponibilità di acqua. Infatti, l’evapotraspirazione “annienta” in Tunisia, già oggi, il 73% della “blue water” contro il 68% della Puglia, il 61% della Sicilia e il 35% del Friuli-Venezia Giulia.
Con questi numeri non c’è molto da stare tranquilli. E già oggi infatti in Tunisia si registra un Bilancio in forte deficit fra disponibilità di acqua e domanda da parte dei principali settori. Una domanda che ammonta a circa 334 m3 per abitante in Tunisia a fronte di 596 m3 per abitante dell’Italia. Per esempio, per quanto riguarda l’acqua civile la Tunisia ha una domanda di prelievo attuale di 71 m3 per abitante a fronte di 154 m3 per abitante dell’Italia.
Ma per quanto riguarda le regioni del Magreb c’è un’altra variabile che rende più “critica” quella situazione rispetto all’Italia, che si aggiunge alle variabili meteo-climatiche, ed è la tendenza demografica. Mentre infatti in Italia nel 2050 è probabile una diminuzione di qualche milione di abitanti, si parla di 4/5 milioni in meno, in Tunisia, sempre per riferirsi al caso di confronto, ci sarà un aumento di quasi un milione e mezzo di persone, pari al 12% di incremento complessivo, nel periodo considerato.
Ci sarà quindi una “spinta” duplice nella domanda: e cioè un incremento di domanda media per abitante dovuta alla convergenza del consumo umano verso valori di maggiore vivibilità e di tasso di irrigazione rispetto alle aree coltivate a fronte di situazioni crescenti di aridità e di temperatura e un incremento che si aggiunge a causa della crescita demografica.
Le soluzioni sono sempre le stesse prospettate anche in Italia. Aumentare gli accumuli, incrementare l’efficienza nell’uso (agricoltura tecnologica) e diminuire le perdite (migliorando le infrastrutture di distribuzione) ed infine aumentare la componente delle risorse non convenzionali (riuso acqua reflua e desalazione).
Ma le modalità, l’intensità degli investimenti necessari e le relative risorse disponibili e il mix degli strumenti sono ovviamente diversificati. Per esempio, alla voce maggiori accumuli è risultata meno importante la parte relativa agli invasi di superficie rispetto alla tematica relativa alla ricarica artificiale o assistita delle falde che notoriamente sono meno interessate al fenomeno della evaporazione. Una grande attenzione è stata invece rivolta al tema dell’agricoltura tecnologica. La “drip irrigation” può far risparmiare quantità notevoli di acqua con risultati colturali crescenti. Si tratta soltanto di trovare risorse, magari internazionali e perché no provenienti anche dall’Italia col Piano Mattei, per intensificare i livelli di investimento.
Ma la vera partita, a fronte di precipitazioni decrescenti, si gioca in quest’area nella componente delle risorse non convenzionali.
Una parte importante della discussione si è svolta sul tema del riciclo dell’acqua reflua e dell’utilizzo in agricoltura. Molti sono i progetti in atto a fronte di una situazione ancora non particolarmente avviata. In Tunisia l’acqua trattata riutilizzata è attualmente all’11/12% del volume complessivo dell’acqua prelevata per uso civile. Un valore ancora basso non tanto rispetto all’Italia, che non va oltre il 5%, ma ad altre situazioni più avanzate dell’area medio-orientale ed anche di alcune realtà idricamente critiche della Spagna. Le difficoltà sono tante, come in Italia. La distribuzione dei costi dell’ultimo miglio (da acqua adatta allo scarico nei fiumi e nel mare a quella adatta all’uso agricolo), gli elementi culturali di accettazione da parte dei consumatori, leggi chiare e strutture tecniche di supporto per le tecnologie e il monitoraggio, e altro ancora. Ma è chiaro che in un’area a scarsità endemica di acqua questa componente deve essere considerata con particolare attenzione. Cosa che riguarda in misura minore l’Italia dove la scarsità non è endemica, non è presente in maniera forte in tutte le realtà territoriali ed è attenuata, di norma, da forti precipitazioni nelle stagioni “bagnate”.
Infine, il tema della desalazione. Questo è un “punto critico” nella discussione fra gli esperti del settore. In Tunisia si prevede un incremento al 2050 di questa componente, ma abbastanza contenuto. Si mette in evidenza, e forse si sopravvaluta un po', il tema dei costi, in particolare di quelli energetici, e il tema dell’inquinamento dovuto allo scarico della salamoia in mare.
Non che questi elementi non siano reali. Ma occorre valutare, in termini strategici, tre cose. La prima è che in aree dove l’acqua di mare “entra” nei territori costieri esistono ampie zone dove è presente l’acqua salmastra di più facile desalazione di quella di mare. Con qualità migliore, minori costi e minore inquinamento. La seconda è che l’energia, oggi a costi elevati specialmente in alcune aree del mondo, anche per effetti di uno scontro geopolitico in atto, è destinata a decrescere per effetto dell’ingresso di quote crescenti di energie rinnovabili a più basso costo e a maggior livello di distribuzione territoriale. La terza è che la desalazione è una industria e come tale sottoposta a forti elementi di innovazione tecnologica, organizzativa e di materiali. E quindi i costi energetici, la natura e la struttura delle membrane per l’osmosi inversa, l’impatto della salamoia sull’ambiente e altre criticità con la sperimentazione più diffusa di questi processi industriali potranno trovare soluzioni migliorative in grado di abbassare il livello di criticità che oggi sembra limitante. Si parla di piccoli impianti diffusi con bassi costi di distribuzione completamente supportati da energia rinnovabile. Si sperimentano utilizzi della salamoia a fini industriali. Si parla di membrane realizzate con tecnologie 3D che le rendono più efficienti e con minore manutenzione richiesta. E altro ancora. L’innovazione è in atto.
Il mare salato è parte immensa della Terra. Ed è strategicamente sbagliato non considerarlo una “riserva idrica” per il genere umano.
Questi, e altri temi, saranno alla base dell’Euromediterranean Water Forum previsto a Roma nel 2026 promosso dal Comitato “one Water” con il coinvolgimento dei Ministeri competenti, fra cui è doveroso ricordare, il Ministero degli Affari Esteri con una attenzione particolare da parte del Ministro Antonio Taiani. Non resta che dire “arrivederci a Roma” nel 2026.