Eugenio il Leopoldino. Il Presidente globetrotter ha stravinto, e la Toscana riapre il laboratorio del Buongoverno allargando il campo politico, e restringendo col voto al contrario la Lega di Vannacci. Il riformismo green è possibile
Con il 53,9 contro il 40,8, l’inossidabile e resiliente Eugenio Giani, autoricandidatosi a Presidente della Regione Toscana sfidando abilmente e in punta di procedure regolamentari e statutarie le onde delle correnti dem, alla fine ha allagato il campo largo, battendo l’intero governo che sull’onda vincente del triplete Val d’Aosta-Marche-Calabria nei giri elettorali delle piazze toscane faceva già immaginare la prima clamorosa conquista della storica “roccaforte rossa”. E invece, il Giani, lo Zaia della Toscana, nato socialista lombardiano e poi tra i fondatori del Pd oggi volato al 34,5%, ha distaccato di 13 punti il centrodestra con il 53,9% della coalizione sullo sfidante Alessandro Tomasi sindaco di Pistoia (FdI) fermo al 40,8%. Contro la candidata leghista Susanna Ceccardi, cinque anni fa, vinse con 8 punti di scarto.
Tra le performance elettorali c’è quella della Casa Riformista renziana nel nome del Giani all’8,8, terzo partito in Toscana. C’è l’exploit inatteso della sinistra più a sinistra di Antonella Bundu con il 5,1% che però non entra in Consiglio regionale poiché la sua lista “Toscana rossa” si è fermata sotto il quorum del 5%, al 4,5%, ma era senza un partito e con “Potere al popolo”. E ne ha sofferto Avs, ferma al 7%. C’è l’onta maxima della Caporetto col voto da record al contrario della Lega, lasciata da Salvini nelle mani del generale viareggino Vannacci, che l’ha fatta precipitare dal 21,78 delle regionali del 2000 al misero 4,6% di oggi con una gestione militaresca tra esaltazioni della Decima Mas e sparate buone a lisciare il pelo al senso comune di qualche razzista ma del tutto prive di senso.
Dato ultra-negativo è l’allargamento del deserto dei votanti, scesi al record storico del 47,7%. L’affluenza più bassa dello shoccante 48,2% del 2015, 15 punti in meno del 62% delle ultime regionali 2020, con astenuti sparsi in ogni latitudine politica.
Con Giani, lo sapevano anche i sassi, non c’era partita. Oggi per tutti è il classico “usato sicuro e affidabile”, ma ha dovuto ridurre al flop anche la voglia del “gianicidio” partita dai piani alti del Pd con la sua sostituzione da candidato presidente come concessione e massima apertura alle sinistre e soprattutto ai 5 Stelle, fermi al 4,3%, coi quali ha dovuto siglare un contestato accordo di programma. Mission politica impossibile sostituire il popolarissimo presidente-globetrotter della Toscana, che da sempre macina chilometri su chilometri stringendo mani e abbracciando sindaci e assessori, gente di strada e anche fieri oppositori e competitori, recordman di tagli di nastri di opere pubbliche e private e di inaugurazioni, onnipresente a feste e celebrazioni, a matrimoni e compleanni, a battesimi e funerali, a riunioni di partito o di società e associazioni di varia natura. C’è sempre per tutti il Giani, anche se le malelingue fanno immaginare decine di sosia: la sua forza è nell’essere inclusivo e onnipresente, una leggenda, ma è proprio lui. E se c’era chi pensava al cambio, con la sua auto-ricandidatura sul filo dei regolamenti e dello Statuto Pd, ha chiuso tutti i giochi di partito.
Giani governerà ancora nel segno del suo ispiratore maximo. È il Granduca settecentesco Pietro Leopoldo Asburgo Lorena che fece grande la Toscana di allora. Il visionario e illuminato riformatore, come la folgorante dinastia de’ Medici, sono icone e guide del “leopoldino” doc di oggi. Con il suo stile “del fare” ha contrassegnato la presidenza uscente, afferrando ogni aspetto del governo anche oscurando i suoi assessori col tratto riformista a la “Pietro Leopoldo, il Granduca delle riforme”, non a caso titolo del suo ultimo libro e message in a bottle pre-elettorale che ha anticipato la candidatura con riforme e visione di una Regione che lui conosce al millimetro.
Adesso inizia il secondo tempo del riformatore della Toscana, e non si fa fatica a immaginare che il Giani farà il Giani, con un’idea di Toscana in testa e un approccio sul campo battendo tutti i territori granducali, dalla Lunigiana alla Maremma. Riparte da uno dei segreti del Rinascimento, ma con un approccio moderno: l’esigenza di progettare, vivere, consumare e produrre in modo nuovo e diverso, lanciando ponti verso il futuro. Per questo, è dalla Toscana, tra i territori più globalizzati e con le migliori filiere produttive, che l’Italia e noi e il mondo ci aspettiamo un segnale in controtendenza, un nuovo slancio per dimostrare che dai paesaggi più incantevoli e sognati e amati nel mondo, può partire la grande sfida irrinunciabile di uno sviluppo in grado di tenere insieme qualità della vita e dell’ambiente, coesione sociale e innovazione, tradizioni antiche e territori difesi da rischi naturali e meteoclimatici con l’adattamento e la rigenerazione urbana. La Toscana, nella sua area centrale, ha alle spalle le ultime tre gravi alluvioni - il 3 novembre 2023 con 8 morti e 2 fatali “ritorni” nelle stesse aree con le stesse intensità il 9 settembre 2024 e 14 marzo 2025. Segnali per una Regione che ha sempre saputo reagire e sa inventare e reinventarsi, e può oggi accendere la speranza, cogliendo in pieno le vaste opportunità per rigenerare aree urbane e renderle più resistenti agli effetti climatici, mettere in campo le applicazioni più avanzate dall'energia alla mobilità, per la tutela della salute dei cittadini e dell’ambiente.