La fotografia mostra la realtà che invano si cerca di ignorare. Al World Press Photo tanti scatti sulla crisi climatica e sulle migrazioni
La mostra World Press Photo continua il suo viaggio in Italia, in questi giorni e fino al 30 novembre è a Bologna, e raccoglie una selezione di scatti partecipanti al più prestigioso concorso fotogiornalistico internazionale, nato nel 1955.
Al concorso hanno partecipato 3.778 fotografi di 141 Paesi, per un totale di 59.320 fotografie, suddivise nelle sei regioni in cui sono state scattate (Africa, Asia, Europa, Nord e Centro America, Sud America, Sud-Est Asiatico e Oceania) e in tre categorie (Singole, Storie, Progetti a lungo termine).
Negli scatti dei fotografi c’è ovviamente la guerra, la foto vincitrice è quella del bambino senza braccia di Gaza, ci sono i fenomeni migratori ma si affaccia con forza il tema dei cambiamenti climatici. Come ha scritto Lucy Conticello, direttrice fotografica di “M”, il magazine del quotidiano “Le Monde”, e presidente della giuria «il premio World Press Photo Contest è un riconoscimento immenso per i fotografi, che spesso lavorano in condizioni difficili, ma è anche una sintesi, per quanto incompleta, dei principali eventi mondiali».
Evidentemente chi per lavoro osserva e descrive l’attualità non può ignorare quello che succede al pianeta terra.
Tra gli scatti che meglio raccontano il fenomeno quello di Musuk Nolte, un fotografo messicano che nella sua serie Droughts in the Amazon ha indagato gli effetti concreti del cambiamento climatico, che sono spesso astratti e difficili da rappresentare. La fotografia è stata scattata ad Amazonas, in Brasile, il 5 ottobre 2024, e ritrae un uomo con due borse contenenti del cibo da portare alla madre, che vive a Manacapuru. Un tempo la cittadina era raggiungibile in barca, ma a causa della siccità ora bisogna camminare per due chilometri lungo il letto asciutto del fiume Solimões. Nelle sue parole: «Fotografare questa crisi ha reso più evidente l’interconnessione globale degli ecosistemi. A volte pensiamo che questi eventi non ci riguardino, ma a medio e lungo termine hanno un impatto».
Ma di non minore impatto sono gli scatti che descrivono le alluvioni in Brasile, le migrazioni al confine messicano e gli effetti dell’avvelenamento di un’intera popolazione nello stato dell’Ohio a causa del deragliamento di un treno carico di sostanze nocive. Davanti a quelle foto il negazionismo dovrebbe avere vita dura.