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Territori al centro delle scelte politiche: la sfida italiana dello sviluppo sostenibile passa da qui

 |  Editoriale

Di fronte alle trasformazioni che attraversano economia, clima e società, il nuovo Rapporto Territori dell’ASviS pubblicato ieri (e disponibile integralmente qui) restituisce un’immagine netta, talvolta drastica, dello stato del Paese. Ne emerge un mosaico incoerente, dove alcuni avanzamenti locali si affiancano a persistenti fragilità strutturali, a fronte di arretramenti della condizione del nostro Paese per ben sei Obiettivi di sviluppo sostenibile su 17 tra il 2010 e il 2024 (povertà, sistemi idrici, disuguaglianze, ecosistemi terrestri, governance e partnership).

In questo quadro, l’ASviS ribadisce con forza la necessità di accelerare l’attuazione dell’Agenda 2030 facendo leva su una “governance multilivello” capace di trasformare gli impegni globali in azioni concrete nei diversi territori, così da “non lasciare indietro nessuno”, come dice il motto dell’Agenda 2030. Eppure, l’Italia continua a mostrare una distanza crescente tra obiettivi dichiarati e capacità effettiva di attuazione: un divario che si manifesta in scelte incoerenti, lentezze operative e riforme mancate, segno di una incoerenza delle politiche ancora forte, e non da oggi, nonostante le raccomandazioni europee e dell’OCSE e gli impegni scritti nella Strategia Nazionale di Sviluppo Sostenibile 2022, approvata due anni fa dal Governo Meloni.

Il Rapporto evidenzia che solo uno dei 14 Goal analizzati – quello sull’economia circolare – mostra progressi significativi nella quasi totalità delle Regioni e Province autonome. Per altri quattro obiettivi si registrano miglioramenti modesti, mentre gli altri risultano in peggioramento. Il Mezzogiorno continua a evidenziare ritardi su gran parte degli indicatori, ma alcune regioni del Sud si distinguono per performance incoraggianti su energia, economia circolare e biodiversità, segno delle potenzialità di un’area spesso letta soltanto in chiave di criticità.

Il nodo cruciale rimane la capacità amministrativa. Il PNRR, con le sue centinaia di migliaia di progetti, ha messo in luce opportunità trasformative, un’attuazione avanzata per i progetti comunali, ma anche i limiti di strutture pubbliche segnate da anni di tagli e carenze di competenze. I dati sull’avanzamento della spesa mostra una situazione paradossale: risorse ingenti difficili da gestire proprio nei territori che ne avrebbero più bisogno. Nel frattempo, la programmazione 2021-2027 dei fondi di coesione procede ancora più lentamente per progetti che vanno dai servizi per la prima infanzia alla digitalizzazione, dall’assistenza sanitaria territoriale alla rigenerazione urbana, ancora priva di una cornice nazionale innovativa, dopo tre anni di legislatura caratterizzata dalla scelta di non usare il testo legislativo che nella precedente aveva praticamente messo tutti d’accordo.

Di fronte a queste criticità, le proposte dell’ASviS contenute nel Rapporto tracciano una direzione chiara. Serve costruire una governance multilivello moderna ed efficiente, che integri politiche urbane, coesione territoriale, transizione climatica e innovazione sociale. Ecco perché è così urgente ona legge quadro sul governo del territorio, che permetterebbe di superare la frammentazione attuale e i rischi di competenze disallineate. Allo stesso modo, un’Agenda urbana nazionale potrebbe trasformare la giungla di programmi e fondi in una visione coerente, orientata all’innovazione, alla resilienza alla crisi climatica e alla riduzione delle disuguaglianze, con una forte riqualificazione delle periferie.

Non si tratta solo di riforme normative, ma di un nuovo modo di concepire lo spazio in cui viviamo. Le aree interne, che coprono il 60% del territorio nazionale, rappresentano un banco di prova essenziale. Senza servizi di base, opportunità di lavoro, connettività adeguata e politiche mirate alla residenzialità dei giovani, la crisi demografica rischia di diventare irreversibile. Il Rapporto propone misure concrete: rafforzamento della Strategia Nazionale per le Aree Interne e della sua governance, incentivi per imprese e startup locali, percorsi formativi mirati, rigenerazione del patrimonio abitativo. L’obiettivo è quello di superare la visione delle aree interne come “riserva da proteggere” e riconoscerle invece come spazi da ricucire e rilanciare.

Un ulteriore capitolo cruciale riguarda il rischio climatico. L’Italia è un vero e proprio “hotspot” europeo e globale, colpito da ondate di calore sempre più intense, siccità, incendi, alluvioni ed erosione costiera. Le città rappresentano il punto di massima vulnerabilità, ma anche il luogo in cui possono prendere forma soluzioni innovative. Da qui si articolano le proposte per rafforzare il ruolo urbano nella transizione energetica, nel monitoraggio dei rischi e nello sviluppo di nuovi strumenti di finanza climatica.

La Nature Restoration Law, inoltre, offre in un’occasione storica, da non sprecare. Per la prima volta l’Europa non si limita a chiedere il contenimento del consumo di suolo, ma indica anche l’aumento della copertura arborea e dei servizi ecosistemici come obiettivo vincolante. Ciò richiede una revisione profonda della pianificazione urbanistica, dalla sospensione delle previsioni edificatorie nelle aree verdi all’adozione di un Piano nazionale di ripristino (che l’Italia deve elaborare entro il 2026 ma della cui costruzione non si hanno notizie) fondato su solide evidenze scientifiche, che centri gli obiettivi di ripristino del 30% delle aree degradate entro il 2030, del 40% entro il 2040 e del 50% antro metà secolo. È una sfida complessa, ma indispensabile, per riportare la natura dentro e attorno alle città, e creare nuove attività economiche e occupazione stabile e di qualità.

Infine, il tema dell’abitare. L’espansione degli affitti brevi turistici, l’erosione dell’edilizia pubblica e l’assenza di una legge nazionale sull’housing sociale stanno alimentando nuovi processi di espulsione dai centri urbani. Le proposte dell’ASviS – fondi stabili per l’affitto, strumenti fiscali per calmierare il mercato, nuovi investimenti nell’edilizia sociale, poteri rafforzati ai Comuni – delineano una via possibile per restituire equità e vivibilità alle città.

Il Rapporto Territori ricorda, in conclusione, che la sostenibilità non è un esercizio retorico né un accumulo disordinato di progetti. È un metodo. Richiede coerenza, visione di lungo periodo, costruzione della capacità amministrativa e disegno di politiche lungimiranti basate su evidenze scientifiche. L’Italia dispone di competenze, energie e buone pratiche diffuse. Ma senza una cornice nazionale solida e scelte politiche, nazionali e territoriali, capaci di tenere insieme sviluppo, giustizia sociale e protezione dell’ambiente, il rischio è quello di perdere un’altra occasione. I territori indicano la strada: ora serve la volontà politica per percorrerla.

Enrico Giovannini

Enrico giovannini è professore ordinario di Statistica economica e Sviluppo sostenibile all’Università di Roma “Tor Vergata”. È stato ministro delle Infrastrutture e della mobilità sostenibili del Governo Draghi (febbraio 2021 - ottobre 2022) e del Lavoro e delle Politiche sociali del Governo Letta (aprile 2013 - febbraio 2014). È co-fondatore e direttore scientifico dell’Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile (ASviS), una rete di oltre 300 soggetti della società civile creata per attuare in Italia l’Agenda 2030 dell’Onu. È stato a capo della direzione statistica e Chief statistician dell’Ocse (2001 - 2009) e presidente dell’Istat (2009 - 2013). Nell’ottobre del 2014 è stato nominato “Cavaliere di Gran croce al Merito della Repubblica” e nel gennaio del 2023 ha ricevuto il dottorato di ricerca ad honorem in “Sviluppo sostenibile e cambiamenti climatici”. È autore di oltre 130 articoli pubblicati su riviste nazionali e internazionali e di sei libri su temi statistici ed economici.