
Il terzo millennio inizia senza il ponte. Dopo 53 governi dal 1946, l’orizzonte dello Stretto è quello di sempre, e anche i governi D’Alema e Amato rinviano ogni scelta al prossimo esecutivo

Alle 21.45 di sabato 18 dicembre del 1999, a meno 13 giorni dalla fine del secondo millennio, è finito anche il tempo del governo guidato da Massimo D’Alema, segnato da stop and go di illusioni sulla costruzione del Ponte nello Stretto. Il premier è al Quirinale per rassegnare le dimissioni da Presidente del Consiglio nelle mani del Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi. Il suo governo è in carica dal 21 ottobre del 1998, subentrato al governo guidato da Romano Prodi caduto rovinosamente per un solo voto dopo la revoca del sostegno politico di Rifondazione Comunista. Ciampi accetta le dimissioni ma, numeri alla mano in Parlamento, gli riaffida l'incarico, e il secondo governo D’Alema nasce il 22 dicembre con Democratici di Sinistra, Partito Popolare, Democratici, UDR, Comunisti Italiani, Verdi e UV, ma sopravviverà fino al 19 aprile del 2000.
il plastico del Ponte sullo Stretto, foto Lapresse
Se è cambiato il millennio, l’orizzonte dello Stretto è rimasto quello di sempre, e il Ponte una pia illusione. La grande infrastruttura che avrebbe dovuto meravigliare il mondo dalla seconda metà del Novecento, è sempre appesa nell’aria, senza un progetto né finanziamenti, e con gli ultimi due ministri del governo dalemiano uscente titolari della questione Ponte - il diessino Pierluigi Bersani ai Trasporti e alla Navigazione e il verde Edo Ronchi all’Ambiente - su fronti opposti, ma ugualmente parecchio scettici sull’opera maxima che invece aveva tenuto inutilmente banco con i governi precedenti guidati da Prodi, Berlusconi, Dini, Ciampi, Andreotti, Goria, Fanfani, Craxi, Forlani, Spadolini, Cossiga, Amato, Moro, Rumor, Colombo, Leone, Tambroni, Segni, Zoli, Scelba, Pella e De Gasperi.
Il pragmatico Bersani, tre anni dopo, il 20 ottobre 2005, all’epoca del governo Berlusconi II, da responsabile del programma della segreteria DS ammetterà: "Non so perché, ma di tutti quelli che sento in giro, in Italia e anche fuori, nessuno crede che il Ponte sullo Stretto di Messina sarà fatto. Senza soldi non si fa molto…allo stato della disponibilità delle risorse economiche, dei bisogni del paese, non credo che la priorità sia il Ponte". Ma lo scetticismo sulla bancabilità dell’opera è ormai diffuso e trasversale tra gli addetti ai lavori e nei palazzi che contano, come ricostruisce anche Aurelio Angelini nel suo libro “Il mitico ponte sullo stretto di Messina”, per Franco Angeli.
ARRIVANO I GIAPPONESI, COSTRUTTORI DI PONTI SOSPESI ANTISISMICI
E TRA MINISTERI E LA SPA STRETTO STRETTO DI MESSINA I SUPERTECNICI FANNO A GARA DI “ANNUNCI & PROMESSE” DI INIZIO LAVORI
È il 5 agosto del 1999 quando, all’aeroporto di Fiumicino, sbarca una molto autorevole delegazione giapponese di grandi esperti di ingegneria di ponti e tunnel. La missione è guidata da Yukitake Shioi, docente dell’Hachinohe Institute of Technology, e da Hidekazu Fukunishi, Representative Manager dell'Honshu-Hokkaido Bridge, impegnati in patria nella realizzazione del clamoroso collegamento stabile viario e ferroviario tra le isole di Hokkaido (Sapporo) e Honshu (Tokio). Sono in missione di studio in Europa, e sono molto interessati al progetto del mitologico Ponte sospeso sul mare tra la Sicilia e la Calabria, e alle tecnologie fatte immaginare anche nei convegni scientifici internazionali dai tempi dell’IRI di Prodi, che dovranno reggere l’unica immensa campata lunga 3300 metri. Il loro giro di appuntamenti e incontri è con enti scientifici, alti dirigenti del Ministero dei Trasporti e soprattutto con i progettisti della Spa Stretto di Messina.
Ai giapponesi, in realtà, non bisogna insegnare nulla. Il 5 aprile del 1998 hanno inaugurato il ponte sospeso più lungo del mondo, una sfida dell'ingegneria delle costruzioni contro le forze della Natura: il Ponte di Akashi Kaikyō, snodo di collegamento cruciale per le 4 principali isole dell'arcipelago nipponico, e soprattutto con l'isola di Honshū, la più grande del Giappone con la capitale Tokyo e con l'isola di Awaji con villaggi di pescatori. A farlo progettare era stata la tragedia dell'11 maggio 1955 quando, la collisione di due traghetti provocò l’annegamento di 168 persone tra le quali bambini in gita scolastica, spinse l'opinione pubblica e il governo verso la costruzione di un ponte. L’area è altamente sismica e la progettazione richiese circa trent'anni di ricerche e studi su tecnologie per la massima resistenza ai terremoti e all’enorme rischio dei tifoni in uno Stretto conosciuto non a caso come "Cintura dei Tifoni" e dove i venti furiosi sfiorano i 300 km/h e l’intenso traffico marittimo fa contare il passaggio di circa mille navi al giorno. Per gli ingegneri del Sol levante si trattava di una sfida senza precedenti, unica nella storia delle costruzioni, e realizzarono in 10 anni di lavori una struttura lunga circa 4 km, garantita come la più resistente, sorretta da due enormi anelli d'acciaio collocati nei fondali come base per colossali cilindri, con 6 corsie stradali, 3 per ogni senso di marcia. Il Ponte conquistò tre primati mondiali nella storia dei ponti sospesi: il più lungo con 3.911 metri di lunghezza, il più alto a 280 metri, il più costoso per i 4,3 miliardi di dollari investiti.
Dal 1988 i giapponesi hanno anche collegato le isole di Honshu e Hokkaido sotto-attraversando lo Stretto di Tsugaru con una galleria sottomarina, il “Tunnel Seikan“, il secondo più lungo tunnel ferroviario al mondo, superato solo dal tunnel di base del San Gottardo nelle Alpi Svizzere che però sotto-attraversa le montagne. Il Seikan è lungo 53,85 km, di cui 23,3 km passanti sotto il mare. Venne inaugurato nel 1988, progettato per resistere a terremoti e tsunami, con la sezione sottomarina ad una profondità di 100 metri sotto il fondale dello Stretto. Anche questo tunnel fu progettato dopo la catastrofe marittima che colpì il Giappone nel 1954, quando il tifone Marie causò anche l’affondamento di 5 traghetti nello Stretto di Tsugaru con l’impressionante strage che fece contare 1.430 morti. Nel 1955, le Ferrovie Nazionali Giapponesi iniziarono a studiare l’attraversamento sotto il mare e, superando ostacoli che sembravano impossibili, il Seikan fu inaugurato nel 1988 con 2 stazioni sottomarine sulle sponde delle due isole, per un costo di circa 689 miliardi. Oggi lo attraversano 50 treni al giorno per servizi passeggeri e trasporto merci, i “treni proiettile” Shinkansen a velocità massima 320 km orari da Tokyo a Hakodate, le principali città dell’isola di Hokkaido.
Ma torniamo a Roma. In quei giorni di incontri bilaterali, gli interlocutori dei giapponesi sono colpiti dalle presentazioni dei loro capolavori ingegneristici, ma favoleggiano sul loro progettone per lo Stretto di Messina con campata centrale talmente lunga che lo avrebbe reso il Ponte sospeso il più lungo del mondo. Rassicurano i colleghi del Sol Levante sulla tenuta strutturale della struttura a partire dalla resistenza ai peggiori terremoti delle due Torri alte 400 metri sulle due sponde sismiche. I supertecnici giapponesi, con la loro proverbiale gentilezza, scoprono però che è ancora tutto fumo negli occhi, l’infrastruttura è sempre sospesa ormai da mezzo secolo alle promesse politiche roboanti con annunci di inizio lavori di quasi ogni governo della Repubblica ma mai seguiti da finanziamenti, progetti e apertura di cantieri, e tutto è alquanto incerto, ci sono problematiche molto serie da approfondire e soprattutto quelle della resistenza ai terremoti, dei sistemi di sospensione e dei cavi di acciaio ad altissima resistenza, e poi servono studi più aggiornati sulla sismicità dei luoghi. Lasciano comunque ai colleghi italiani consigli utili, la loro disponibilità ad essere coinvolti nella progettazione e magari nella costruzione del collegamento mettendo a disposizione tutto il loro bagaglio di conoscenze tecniche sulle costruzioni in ambiente marino, nelle tecnologie di protezione sismica e nella dinamica delle strutture. Sono anche abbastanza colpiti dalle fragilità dell’edilizia pubblica e privata nello Stretto, carente o priva di tecniche costruttive, tecnologie e sistemi di protezione antisismici.
Un inchino di saluto, e arrivederci Roma.
ARRIVANO GLI ADVISOR INTERNAZIONALI: “L’OPERA REALIZZABILE ENTRO IL 2012”.
MA IL COSTO DEL PONTE È GIÀ SALITO DA 7,2 A 10.828 MILIARDI DI LIRE. CHI LO PAGA? ANCHE GIULIANO AMATO RINVIA AL PROSSIMO GOVERNO
Plastico del Ponte esposto alla Fiera del Levante di Bari
Con una di quelle strane coincidenze della storia, il 5 agosto del 1999, lo stesso giorno della visita dei maestri costruttori giapponesi, la Gazzetta Ufficiale pubblica il decreto del ministro dei Lavori Pubblici Enrico Luigi Micheli, che detta i criteri per la redazione del bando di gara per l’individuazione degli advisor che devono fornire al Governo tutti gli elementi tecnici e finanziari per entrare nel merito della valutazione finale sulla realizzazione dell’opera.
Il primo bando viene pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il 21 ottobre 1999, con le indicazioni dei servizi tecnici da realizzare ricevute dal Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici con decreto n. 220 del 10 ottobre 1997. L’importo a base di gara è di 1.660.000.000 Lire - 857.318 euro -, Iva esclusa. La gara parte, e il 12 gennaio 2000 vince la Parsons Transportation Group di Washington con la sua controllata newyorkese Steinman. Parte anche il secondo bando di gara per verificare gli “aspetti tecnici delle problematiche territoriali, ambientali, sociali, economiche e finanziarie del progetto di massima del Ponte”, con importo a base di gara di 4.150.000.000 lire, 2.143.296,00 euro Iva esclusa. Il 20 dicembre 1999 i servizi tecnici sono assegnati alla PriceWaterhouse and Coopers associata al Certet dell’Università Bocconi e Sic e Sinora. Sono tra i colossi mondiali per consulenze strategiche e revisione di bilanci, e devono rispondere alle domande più gettonate: quanto costerà il Ponte? Serve davvero? È conveniente rispetto al potenziamento del collegamento navale? Quanto costerà e chi incasserà il pedaggio? Dopo lo scandalo tangentopoli, quali garanzie ci saranno per tenere a distanza di sicurezza affaristi e criminalità con rischi di infiltrazioni mafiose? Quale sarà l’impatto ambientale?
Nel gennaio del 2001, quando ormai sul Ponte sono già andati in fumo un totale di circa 140 miliardi di lire per verifiche e progettazioni mai concluse, gli advisor consegnano i loro report finali dell’epico attraversamento. Emerge un molto ma molto prudente via libera. Il Ponte a campata unica, infatti, viene considerato “tecnicamente realizzabile“, per alcuni aspetti preferibile a ipotesi alternative come il tunnel o il potenziamento del trasporto marittimo, e passa anche l’esame teorico della “fattibilità economica, finanziaria, trasportistica e ambientale”. E viene valutato come il più vantaggioso attraversamento nel "Rapporto finale" del 28 febbraio del 2001 firmato dall“Associazione Temporanea d'Impresa” con capogruppo Price Waterhouse Coopers, consegnato al Governo e al CIPE, il Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica.
L'advisor Steinman, incaricato degli approfondimenti sugli aspetti tecnici, presenta a sua volta alla Direzione Generale Coordinamento Territoriale del Ministero dei Lavori Pubblici, una nota entusiasta nella quale rileva che “il livello di sviluppo di questo progetto di massima è significativamente più avanzato di quanto comunemente avviene secondo le consuetudini internazionali e che il lavoro è stato eseguito ad un altissimo livello di professionalità', utilizzando metodologie ingegneristiche aggiornate allo stato dell'arte. Non esistono problemi progettuali fondamentali che possano impedire di procedere al progetto esecutivo. La resistenza e l’efficienza di servizio del ponte sono state convalidate mediante confronti con gli standard progettuali e le pratiche adottate per ponti sospesi di grande luce realizzati in altre parti del mondo".
Le conclusioni degli advisor, convalidate dagli esperti dei ministeri, non riescono però ad oscurare le enormi difficoltà economiche nel finanziamento di un’opera sulla quale restano tutte le perplessità di partenza. Non a caso, segue l’ennesima fase di stallo che vede i Verdi tornare all’attacco contestando Ponte e bando di gara, e le associazioni ecologiste con in testa Legambiente e Wwf che chiedono lo scioglimento della Spa Stretto di Messina per la quale, invece, i ministeri del Tesoro e dei Lavori Pubblici stanno immaginando un ruolo addirittura di “regia complessiva”, quasi da nuova “Authority dello Stretto di Messina”, uno scenario che fa felice il nuovo presidente della Spa, Nino Calarco.
E così, e il Governo fa filtrare una sempre più “imminente decisione sulla fattibilità del Ponte”, se il ministro delle Finanze Ottaviano Del Turco promette nuovi sistemi di monitoraggio sui mega-appalti rilanciando però l’allarme infiltrazioni mafiose sui cantieri e le mani sul possibile arrivo di ingenti risorse finanziarie europee dai finanziamenti dell’”Agenda 2000”, i ministri Nerio Nesi dei Lavori Pubblici e Vincenzo Visco del Tesoro, bilancio e programmazione economica preferiscono prendere tempo e rinviano ogni valutazioni sulle conclusioni degli advisor.
Nell’incertezza, se c’è chi continua ad alimentare speranze tirando un sospirone di sollievo e immaginando l’apertura dei primi cantieri, c’è invece chi vede invece scogli insuperabili. Il più alto scoglio, del resto, lo hanno rilevato anche i verificatori, ed è quello finanziario con perplessità su chi finanzierà e come sarà finanziata l’opera. Gli stessi advisor calcolano il mega-costo ormai lievitato dai 7.200 miliardi di lire calcolati dalla Spa Stretto di Messina - una cifra che già aveva fatto strabuzzare gli occhi a ministri e sottosegretari, suddivisa in 5.100 miliardi per la costruzione più altri 2.000 per opere accessorie -, a ben 10.828 miliardi di lire, ripartiti in 6.300 miliardi per l’infrastruttura sospesa e 2.700 per opere accessorie tra rampe, snodi, svincoli e urbanizzazioni, e il resto in altri oneri finanziari. Servirebbe un notevole impegno finanziario dello Stato come minimo da 6.561 miliardi di lire, il 60% del totale. Una cifra e una missione impossibili.
NEI REPORT DEGLI ADVISOR TROPPE CIFRE INCERTE, AMMORTAMENTI ECONMICI IMPOSSIBILI, IMPATTI AMBIENTALI, TRAFFICI SOPRAVVALUTATI…
E ALLA FINE SI SCOPRE CHE IL PONTE NON SERVE NÉ ALLA SICILIA NÉ ALL’ITALIA
Un altro modello del Ponte
Sfogliando però i report finali degli advisor, emergono anche tutte le incertezze sull’ammortamento dell’investimento per eventuali privati investitori. Cifre “incerte” sulle quote dei pedaggi stradali per passeggeri e merci con automobilisti e camionisti scoraggiati dal costo medio a vettura pari a 21.000 lire all’anno, e stime di passaggi previsti peraltro molto basse con circa 100.000 veicoli all’anno al 2002 ma con un calo vistoso nel 2032 a soli 18.500 veicoli. Disastrose anche le previsioni dei biglietti ferroviari indicati come più alti rispetto al costo del trasporto su traghetti per una media annua di 10.000 lire a viaggiatore. Insomma, il Ponte emerge come una infrastruttura fortemente sottoutilizzata, con risultati modesti e in futuro addirittura disastrosi. In più, alle previsioni fosche va aggiunto il calcolo delle Ferrovie dello Stato della spesa annua per sostenere il trasporto merci e passeggeri da Reggio a Messina stimata in 250 miliardi di lire.
Anche l’indotto occupazionale per gli advisor è previsto “di entità limitata” e, insomma, la sola opportunità per i viaggiatori sul Ponte sarebbe stata la riduzione del tempo di attraversamento dello Stretto a 45 minuti. Ma i dubbi aumentano quando il ministro Visco chiarisce a tutti che lo Stato potrà farsi carico al massimo del 40% del costo totale, non oltre. E chi deve coprire il restante 60%? Gli advisor hanno suggerito i finanziatori privati ,a solo se favoriti però dal rinnovo automatico della concessione trentennale per poter ammortizzare l’investimento a lunghissima scadenza. Superando lo scoglio della Legge 18 novembre 1998 n. 415 che impone una durata massima della concessione non superiore a 30 anni.
All’economia del Ponte si aggiunge poi il problema sismico e dell’impatto ambientale e paesaggistico dell’opera, evidenziate anche dagli advisor che lo considerano “incisivo” dal punto di vista idrico, geomorfologico e naturalistico, dovuto all’apertura di aree di cantiere e accessorie con cave e discariche, aree di escavazione e gestione inerti, opere di fondazione di torri e viadotti, la devastazione dell’area siciliana dei laghi di Faro e Ganzirri dichiarata Zona di Protezione Speciale, e altri impatti come sulle “correnti migratorie ornitologiche” dovuti all’inquinamento acustico e atmosferico. Il ministro delle Politiche Comunitarie, il verde Gianni Mattioli, mette quindi le mani in avanti sostenendo l’impossibilità di aprire una discussione sulla costruzione del Ponte prima di aver verificato scientificamente tutti gli impatti, e presenta dati europei che dimostrano che per incrementare il trasporto merci tra Sicilia e Continente costerebbe molto meno investire su navi e aerei. WWF e Legambiente continuano a ribadire l’inutilità dell’opera, e la necessità di impegnare quei circa 10 mila miliardi valutati per l’opera nel miglioramento di reti ferroviarie e stradali calabresi e siciliane, incentivando il cabotaggio.
Nello stallo, come si sa, non prevalgono né i sì e nemmeno i no. Nell’aprile del 2001, il governo Amato riesce solo a siglare un compromesso tra partiti su una risoluzione che passa all’unanimità nel Consiglio dei Ministri e che impegna il governo a stanziare 4.600 miliardi per finanziare le sole cosiddette “opere invarianti”, cioè le infrastrutture di supporto al Ponte come svincoli o raddoppi stradali sulle due sponde, facendo riavviare ai ministeri del Tesoro e dei Lavori Pubblici l’ennesima verifica in due mesi sulle eventuali disponibilità di investitori e imprenditori e banche pronti a versare almeno 5.000 miliardi per il Ponte. Solo a quelle condizioni per Giuliano Amato gli altri 5.000 miliardi sarebbero stati poi garantiti dallo Stato.
Ma tutto salta. Anche il governo presieduto dal “dottor sottile”, come viene definito un maestro di argomentazioni raffinate e giri di parole ricche di distinzioni e cavilli come Amato, è arrivato al capolinea, e al premier non resta che affidare al governo successivo ogni decisione sull’affaire dello Stretto. Il Ponte continua ad essere ammirato solo nei plastici messi in mostra tra fiere e tivù.
I MINISTERI ATTACCANO “SCIUSCIÀ” DI MICHELE SANTORO SU RAIDUE
E PER NINO CALARCO, NEO PRESIDENTE DELLA SPA STRETTO DI MESSINA: “SE LA MAFIA È IN GRADO DI COSTRUIRE IL PONTE, BENVENUTA MAFIA”
Il clima politico è tale che basta un solo accenno di dubbio sul Ponte che non c’è per mandare in tilt la Spa Stretto di Messina e i ministeri coinvolti. Ed è bastato il solo annuncio di Michele Santoro, alla presentazione alla stampa della puntata di “Sciuscià” del 30 gennaio 2001 su Raidue dal titolo: “Il ponte interrogativo”, per mettere in allarme i piani alti del Ministero del Tesoro e del Ministero dei Lavori Pubblici. Nel programma c’è un lungo reportage molto ben fatto e documentato, firmato da Alessandro Gaeta che racconta i tanti guai delle due regioni dello Stretto, e lascia ai telespettatori la risposta alla domanda finale: “Il Ponte? Tanto cemento e tanti soldi solo per evitare una fila di traghetti che solo per pochi giorni all’anno è insopportabile. Con tante cose che ci sono da fare, proprio il Ponte è un inizio per il Sud?”.
Nella tarda mattinata del giorno della messa in onda, i ministeri fanno partire un lungo comunicato stampa a difesa del Ponte e contro la trasmissione Rai: “…che contiene indicazioni presumibilmente inconsapevoli del lavoro svolto degli advisor incaricati di studiare l'argomento, altrimenti non avrebbe senso l'affermazione secondo cui sulla questione "una risposta sopra le parti ancora non c'è"… contiene numerosi interrogativi ai quali già è stata data risposta pubblicamente, nonché informazioni ampiamente smentite o corrette dagli studi condotti. Il grado di utilità del Ponte, comparato alle alternative possibili, è stato chiaramente illustrato; è stata evidenziata la necessità di rinforzare comunque - a prescindere dall'eventuale costruzione del Ponte - le strutture di collegamento da e per la Sicilia, stante la prospettiva di crescita economica dell'isola; gli effetti del Ponte sui collegamenti da e per la Sicilia sono stati quantificati con precisione sottolineando il moderato impatto che esso avrebbe sul traffico automobilistico nonché il forte incremento che si produrrebbe per quello ferroviario; è stato affermato con assoluta chiarezza che l'impegno finanziario per la realizzazione dell'opera dovrebbe essere, per una percentuale del 60% (che potrebbe tuttavia essere ridotta), a carico dello Stato escludendo, quindi, che il ricorso al capitale privato possa coprire l'intero onere (come indicato dall'ipotesi riportata da "Sciuscià"); è stato indicato altrettanto chiaramente che il pedaggio automobilistico ottimale previsto dovrebbe essere di 21.000 lire per le automobili mentre il biglietto ferroviario comporterebbe un aggravio di 10.000 lire (niente a che vedere con le 100.000 lire segnalate da "Sciuscià"). Quanto all'impatto ambientale, gli studi condotti…ne evidenziano chiaramente la portata e le possibilità di contenimento, né emerge alcuna indicazione che consenta di giudicare il ponte come più dannoso all'ambiente di altre soluzioni alternative, posto che una soluzione per eliminare le strozzature esistenti nei collegamenti attraverso lo stretto è comunque necessaria”.
Ma è soprattutto sul rischio di infiltrazioni mafiose che si scatena una bufera contro l’incredibile frase pronunciata nel corso della trasmissione dal Presidente della Spa Stretto di Messina, Nino Calarco: “Se la mafia è in grado di costruire il Ponte sullo Stretto, benvenuta mafia”. La mattina dopo fioccano proteste e interrogazioni parlamentari tra Camera e Senato indirizzate al Presidente del Consiglio da vari gruppi per conoscere: “Se non ritenga incompatibile con la carica di presidente della Società per il Ponte sullo Stretto di Messina la dichiarazione resa da Calarco al giornalista Alessandro Gaeta, da ritenere come un «segnale» tanto più grave e inquietante per essere stato lanciato subito dopo la denuncia che il procuratore Boemi aveva, nel medesimo servizio televisivo, pronunciato sul “pericolo mafia”; “Quali provvedimenti il Presidente del Consiglio intenda assumere nella responsabilità conferitagli dalla legge n. 1158 del 1971, articolo 2, dove è stabilito che la nomina del presidente del Cda della Società per il ponte sullo Stretto si ha ‘con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con i Ministri per i lavori pubblici, per i trasporti e l'aviazione civile e per le partecipazioni statali’”; “Se non ritenga la dichiarazione resa da Calarco… un messaggio inquietante ed inammissibile…”; “Se intenda o meno relazionare al Senato sugli studi eseguiti dagli advisor in merito alla fattibilità del ponte sullo Stretto di Messina, rendendo note integralmente le loro relazioni ancor prima di assumere una decisione sul progetto di massima del manufatto…”; “Se non si ritenga urgente, subito dopo, assumere una decisione politica definitiva e chiara sul ponte”.
26 LUGLIO 2000 LE REGIONI CALABRIA E SICILIA CONTRO ROMA: “VOGLIAMO IL REFERENDUM SUL PONTE!”
LA MOZIONE DELL’ASSEMBLEA REGIONALE CALABRESE
Le due amministrazioni regionali chiedono e ottengono un incontro con Giuliano Amato che dal 26 aprile del 2000 guida il cinquantaseiesimo esecutivo della Repubblica, il quarto e ultimo della XIII legislatura. Il governo resterà in carica fino al 31 maggio del 2001. Presentano al premier una bozza di protocollo d’intesa nella quale il Governo assegna alle due regioni la responsabilità diretta dell’opera anche sulla scorta del diritto riconosciuto dalla legge Bassanini che stabilisce che le reti di collegamento trasportistico sono di proprietà dello Stato e la competenza sui nodi è delle autorità locali. Per Calabria e Sicilia il Ponte è un “nodo” del sistema infrastrutturale meridionale.
Non se fa nulla. Ma il 26 luglio del 2000 il Consiglio Regionale della Calabria approva la mozione per indire il Referendum Ponte sì-Ponte no!
“Premesso che sono stati affrontati e risolti positivamente i quesiti sulla fattibilità del Ponte sullo Stretto, sia quelli relativi alla sicurezza, sia quelli di impatto ambientale, sia quelli relativi alla sua utilità economico-finanziaria per il rilancio delle economie della Calabria e della Sicilia, nonché dell’intero Mezzogiorno, è necessario giungere ad una decisione dopo anni di lavoro istruttorio della società “Stretto di Messina”
Ritiene che a questo punto il tema sia solamente quello della decisione politica, non è certo in questo senso segnale positivo che il Dpef presentato dal Presidente del Consiglio Amato non faccia alcun cenno in merito.
Per incoraggiare ed aiutare chi è chiamato a dire l’ultima parola sulla realizzazione del Ponte e per far sì che tali scelte politiche vengano correttamente realizzate dal Governo centrale ma anche dai governi regionali della Calabria e della Sicilia si ritiene opportuno avanzare la proposta nel segno della trasparenza democratica e della più alta legittimazione di indire un Referendum consultivo da celebrarsi contestualmente nella stessa domenica nelle Regioni di Calabria e Sicilia entro il 15 novembre 2000.
Il ricorso straordinario all’istituto referendario favorirà un autentico e appassionato dibattito sul tema ormai da troppo tempo nelle nebbie dei sì e dei no e porrà tutti ad iniziare dal Governo centrale nelle condizioni di contare sul parere dei cittadini finora scarsamente coinvolti direttamente.
Infatti solo con il conforto della volontà popolare e l’appello alla sua sovranità attraverso la libera consultazione referendaria si potranno dissipare i dubbi e contrastare le azioni dilatorie vere o quelle che non appaiono per giungere in tempi certi ad una decisione della saggezza dei cittadini ancor prima dei loro governanti, legittimerebbe pienamente ed autorevolmente.
I cittadini della Calabria e della Sicilia esprimendo il loro parere attraverso la libera espressione del voto farebbero giustizia degli atteggiamenti tendenti a creare ostacoli o a rinviare sine die la decisione
Pertanto si ritiene opportuno, urgente e necessario sottoporre al Consiglio la proposta di impegnare il governo regionale a mettere in essere le più urgenti iniziative d’intesa col in governo regionale siciliano affinché si avvii l’iter per la celebrazione contestuale del referendum consultivo nelle due Regioni prima del 15 novembre 2000
CHIARAVALLOTTI E LEANZA PRESIDENTI DELLE REGIONI CALABRIA E SICILIA
“BASTA PERDITE DI TEMPO, PONTE LO FACCIAMO NOI IN 10 ANNI”
MA UNO DOPO L’ALTRO GLI INTERLOCUTORI SI DEFILANO
Nel 2000, il nuovo presidente della Regione Calabria, Giuseppe Chiaravalloti, con il suo assessore regionale Aurelio Misiti, ordinario di ingegneria e preside a “La Sapienza” di Roma, grande esperto di idraulica e trasporti e già presidente del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici nominato nel 1995 dal Presidente del Consiglio Lamberto Dini, rompono il silenzio tombale intorno al Ponte. Annunciano che sono disposti a realizzarlo in tandem con la dirimpettaia Regione Sicilia governata da Vincenzo Leanza. In dieci anni, promettono, è fatta: 2 per la progettazione e 8 per la costruzione.
Le due regioni insieme detengono il 24,50% delle azioni della Stretto di Messina, e vogliono bypassare lungaggini di iter parlamentari e perdite di tempo tra gli uffici romani di IRI, Ferrovie, ANAS e ministeri. Pensano di rilevare il 26,50% delle azioni in mano all’IRI, e chiedono di dirottare sulle due Regioni tutte le competenze per progettarlo non più come “enti di supporto”, ma come “come costruttori e gestori”. Le due Regioni fanno immaginare con il Ponte anche il miracoloso potenziamento delle disastrate reti ferroviarie e stradali, con realizzazioni di nuove tratte per evitare che l’opera resti “isolata e poco funzionale”. Mettono sul piatto la nascita di altrettanti immaginari “poli di sviluppo economico” con il Ponte-volano del nuovo Sud per gli effetti positivi sul turismo, commercio e industria. Il Ponte, insomma, come un attrattore di investimenti.
A chi solleva dubbi per la sismicità dell’area e per l’impatto sull’ambiente, assicurano che il loro Ponte sarebbe “sicuro e sostenibile”. Ma chi lo paga? La risposta alla domanda è fin troppo generica ed evasiva: fantomatici capitali privati, in un modello di finanziamento misto ma con contributi statali. Ipotizzano di ottenere finanziamenti anche dai fondi strutturali europei, destinati allo sviluppo delle due regioni, ma la stessa l’Unione europea non considera il Ponte una priorità del continente.
L’ipotesi autonoma si sgonfia presto. Fallisce l’ipotizzato modello di project financing con privati finanziatori in cambio della gestione dei pedaggi e dei ricavi futuri dopo l’addio dell’Impregilo - oggi Webuild e all’epoca nata dalla fusione di imprese come Cogefar, Impresit, Girola e Lodigiani - che pure tenta un approccio (poi sarà l’aggiudicataria della gara d’appalto nel 2005) facendo immaginare una partecipazione all’impresa. Sparisce sul nascere l’ipotesi dell’emissione di obbligazioni e di prestiti bancari con emissioni di bond infrastrutturali della Stretto di Messina Spa. Spariscono via via tutti gli interlocutori ai quali era stato promesso l’affidamento della gestione.
Il Ponte di Lego
21 ANNI DOPO, Il RILANCIO DI MUSUMECI PRESIDENTE DELLA SICILIA:
“VOGLIAMO UN REFERENDUM SUL PONTE! BASTA ETERNI RINVII E BALLETTI, NOI SIAMO PRONTI A FARLO DA SOLI, E LO CHIAMEREMO ULISSE”
Passeranno invano altri 21 anni e ben 12 governi della Repubblica formati da tutte le possibili varianti di coalizioni dal centrodestra al centrosinistra e ritorno e passando per il centro, finché una nuova proposta del faidate delle due Regioni parte la mattina del 2 aprile del 2021 da Palermo, quando a Roma è il turno del governo presieduto da Mario Draghi.
Il replay dell’annuncio dei due decenni precedenti vede come protagonista principale il nuovo Presidente della Regione Sicilia, Nello Musumeci, che parte sicuro mettendola così: “Prende sempre più consistenza l’ipotesi di indire un referendum sul Ponte dello Stretto tra i siciliani per capire se quest’opera, che non esclude la riqualificazione e il potenziamento della rete infrastrutturale dell’isola, sia realmente condivisa dal popolo siciliano oppure no“. E lancia la sfida ai politici romani: “Il governo Draghi ci dica cosa vuole fare del Ponte sullo Stretto, abbiamo diritto a una risposta definitiva. Basta con gli eterni rinvii e i balletti, altrimenti siamo pronti a farlo da soli…”. L’annuncio scatena gli applausi dei presenti ad un convegno dal roboante titolo: “Grazie Ponte sullo Stretto: l'opera possibile e necessaria, per l'Italia e per l'Europa”, organizzato a Catania dal network "Lettera150" con la presenza del governatore della Calabria Nino Spirlì, dell'Ad di Webuild, Pietro Salini, dell'ex ministro Pietro Lunardi, dell'assessore regionale siciliano alle Infrastrutture Marco Falcone e del suo omologo calabrese Domenica Catalfamo. Musumeci, ad effetto, lancia anche il futuro nome con il quale il mondo conoscerà il Ponte sullo Stretto: “Chiamiamolo "Ulisse" perché pare che a Roma se diciamo Ponte sullo Stretto lo considerano una parolaccia! Siamo stanchi di essere considerati colonia, vogliamo diventare il cuore, la piattaforma logistica del Mediterraneo. Ma non sarà possibile se non c'è l'alta velocità e se non si passa in tre minuti tra le due sponde. C'è chi vuol mantenere il sistema Italia diviso in due: un Nord ricco e opulento che produce e un Sud povero e straccione che consumai i prodotti del Nord”. Punto.
Salini, per conto della Spa concessionaria dell'opera, ammonisce: “Si può fare, anzi lo stavamo facendo, ma ci hanno fermati. La differenza tra i Paesi che crescono e quelli che annaspano è anche nella capacità di creare le grandi opere, di creare prospettive e di essere attrattivi. Il Ponte creerebbe 20 mila posti di lavoro. Noi siamo pronti a partire, anche domani!”. Sulla stessa linea, il Presidente della Regione Calabria la mette sulla centralità planetaria dell’infrastruttura: “Calabria e Sicilia sono le porte per chi arriva dal Canale di Suez e dai Paesi che oggi detengono un grande potere economico, come Cina e India, ormai ago della bilancia dell'economia mondiale, e il continente africano che, nei prossimi decenni, sarà l'interfaccia naturale con l'Europa. Non è dunque ammissibile che i primi territori europei non siano tra loro collegati. L'Europa ha l'obbligo di crearlo”.
Replica Claudio Fava, deputato della lista “Cento Passi per la Sicilia”: “Musumeci ha ribattezzato il ponte sullo stretto “Ulisse”. Contento lui. Ai siciliani invece resta l’Odissea quotidiana di treni lenti come cent’anni fa e di autostrade che assomigliano alla Parigi-Dakar”.
2000, VERDI, LEGAMBIENTE E WWF COSTITUISCONO IL COMITATO “NO PONTE TRA SCILLA E CARIDDI”
Il 2000 è l’anno di nascita del comitato “Tra Scilla e Cariddi”, con l’obiettivo di opporsi alla realizzazione del Ponte. Tra i promotori figurano Legambiente e WWF, insieme ai Verdi, a molti esperti e docenti universitari, ed entreranno altre associazioni ambientaliste come Italia Nostra, Kyoto Club, LIPU e MAN, i comitati cittadini messinesi “Invece del ponte” e “No Ponte Capo Peloro”. L’obiettivo è di contrastare il progetto del Ponte e promuovere alternative sostenibili per lo sviluppo del territorio.
Il comitato lancia anche un appello anche all’UNESCO per la difesa dell’ecosistema del Mediterraneo. E lo stesso nome richiama i due leggendari mostri marini, Scilla e Cariddi, simboli dei rischi legati all’attraversamento stabile dello Stretto. Il comitato rappresenta un primo ampio punto di riferimento per la mobilitazione contro il Ponte, promuove studi, convegni e iniziative di sensibilizzazione sull’impatto ambientale e sociale negativi dell’opera. Produce documenti tecnici e osservazioni critiche, evidenziando carenze progettuali e violazioni di normative ambientali che contribuiscono a rallentare gli iter autorizzativi romani e a tenere alta l’attenzione pubblica.
GHE PENSI MI!
“IL PONTE LO COSTRUIREMO IN 5 ANNI O MI DIMETTO!”
NEL 2001 BERLUSCONI FIRMA IL “CONTRATTO CON GLI ITALIANI”
“Ghe pensi mi”. Con l'espressione tipica di chi mette in mostra la “laboriosità” meneghina, Silvio Berlusconi ormai leader indiscusso dell’opposizione di centrodestra, capo di Forza Italia e candidato premier della Casa delle Libertà, entra nel gioco del Ponte e, nello scontro elettorale del 2001, non solo lo indica tra le sue grandi opere ma, nella simbolica cerimonia nello studio televisivo del ”Contratto con gli italiani”, la sera dell'8 maggio del 2001 e a 5 giorni dalle elezioni politiche e davanti agli italiani sintonizzati su RaiUno con in onda “Porta a Porta” di Bruno Vespa, simbolicamente firma il suo “Contratto elettorale” , un “Monumento al progresso”. Vespa apparecchia uno show con Silvio come ultima mossa della sua campagna mediatica.
Il suo competitor, il candidato premier del centrosinistra Francesco Rutelli già sindaco di Roma e Presidente della Margherita – l’unione tra Popolari, Rinnovamento italiano, i Democrati di Prodi e Parisi e l'Udeur di Mastella -, inserisce il Ponte in un maxi-piano di opere pubbliche proposte dall’Ulivo per complessivi 36 mila miliardi di investimenti in 10 anni anche per recuperare lo storico ritardo del Mezzogiorno con infrastrutture che anche Verdi e associazioni ambientaliste giudicano urgenti e necessarie, e il 26 aprile del 2001 nel salone della Fiera di Messina, davanti a elettori e imprenditori avverte: “Gli altri dicono fanfaluche, noi interverremo su strade, autostrade, aeroporti. E il Ponte sarà la ciliegina sulla torta. Anzi, c’è anche una data d’auspicio per l’inaugurazione: il 2 giugno del 2012, una data simbolica per la festa della Repubblica”. Rutelli indica anche il cronoprogramma 2001-2012 anno con nel 2005 la posa della prima pietra: “Il Ponte non sarà una cattedrale nel deserto ma un simbolo positivo dell’Italia che si allunga. Inoltre si riduce l’inquinamento marittimo locale, si limita il processo di erosione delle coste, diminuisce l’impatto del gommato, ci saranno 15 mila posti di lavoro, rilancio del turismo e riqualificazione di tutta l’area”. non considera il Ponte una priorità del continente.
Berlusconi però ha lanciato il suo “Libro dei sogni”. Scavalcando competenze di regioni ed enti locali, promette a tutti di tutto di più e, da candidato premier della Casa delle Libertà - Forza Italia, Lega Nord, Nuovo Psi, PRI, CCD e Alleanza Nazionale - entra nelle case degli italiani con la trovata del “Contratto” che lo impegna su 5 riforme che si riveleranno impossibili: giù le tasse, su le pensioni minime a 1 milione di lire o 516 euro, meno criminalità con l’istituzione del poliziotto di quartiere, un milione e mezzo di posti di lavoro, realizzare le grandi opere infrastrutturali. In ogni caso, in caso di mancate realizzazioni, Berlusconi giura solennemente di sparire dalla scena politica e di non ricandidarsi mai più. Nel frattempo, dà per certa la data della conclusione dell’opera dell’attraversamento dello Stretto: la metà del tempo dell’Ulivo, in soli 5 anni con il suo governo dal 2001 al 2006 per “cambiare radicalmente vita, mentalità e cultura degli italiani oltre a determinare un incremento dello 0,5-0,7% del prodotto interno”. E così, portata a casa la vittoria, nel 2001 il Ponte entra tra le “infrastrutture strategiche per lo sviluppo del Paese” previste dalla Legge Obiettivo che contiene norme per velocizzarne la realizzazione, tra le proteste dei Verdi che, con il presidente Alfonso Pecoraro Scanio, considerano il Ponte “una truffa e uno spreco, un insulto all’intelligenza e ai siciliani, un alibi creato dal Governo per non affrontare i veri problemi, come testimonia il mancato stanziamento dei fondi per la rete ferroviaria in Sicilia”.
LA LEGGE OBIETTIVO PARTE SENZA VALUTAZIONE DI IMPATTO AMBIENTALE MA PRESENTA UN “VIA LIBERA A PRESCINDERE” ACCUSANO VERDI E AMBIENTALISTI.
E IL MINISTRO MATTEOLI (AN) LA BLOCCA PER UN PO’
La Legge Obiettivo sulle Grandi Opere n. 443 del 2001 viene approvata dal Senato nel dicembre del 2001. Il centrodestra annuncia lo sblocco di 80 opere pubbliche bloccate con una spesa di 236.000 miliardi in 10 anni e la creazione in soli 5 anni di 350-400 mila posti di lavoro, escluso l’indotto. Il 21dicembre del 2001 il CIPE approva l’elenco, e il ministro Pietro Lunardi capo del nuovo ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti nato dalla fusione dei ministeri dei Lavori Pubblici, dei Trasporti, della Marina Mercantile e delle Aree Urbane, per l’attraversamento dello Stretto con il Ponte lungo 3,6 km prevede una spesa di 9.600 miliardi di lire: il 48% coperti dallo Stato, il 34% a carico di capitali privati con project financing e il 18% con finanziamenti provenienti dall’Unione europea.
Non mancano colpi di mano e contrasti nel centrodestra. Il ministro dell’Ambiente, Altero Matteoli, per favorevole al Ponte, minaccia il clamoroso No al piano delle grandi opere strategiche perché scopre che c’è chi pensa di poter fare a meno dello strumento centrale di salvaguardia, e cioè della Valutazione d’Impatto Ambientale. La VIA è l’obbligatorio esame dei grandi progetti strategici, la preventiva verifica degli effetti e degli impatti sull’ambiente. Ma se il ministro dell’Ambiente promette vigilanza sull’impatto ambientale, e in effetti tra i piani alti dei ministeri delle Infrastrutture e dei Trasporti e il ministero dell’Ambiente il clima è di controllo reciproco su atti, documenti e procedure, tutte le associazioni ambientaliste non si fidano e promettono battaglie e ricorsi alla Corte Europea e Costituzionale contro la Legge Obiettivo. Il documento di Valutazione d’Impatto Ambientale definita dal decreto legislativo di Lunardi, è un “VIA libera” a prescindere, molto contestata da Legambiente, WWF, Italia Nostra, Fai, Greenpeace. Sostituisce furbescamente la vera VIA con una semplice istruttoria sul progetto preliminare firmata dai Ministeri dell’Ambiente e dei Beni culturali.
Il 4 maggio 2002 è il giorno del via libera alla Legge Obiettivo, e Lunardi mette una pezza sulla scivolata del 28 agosto 2001 quando dichiarò: “Mafia e camorra sono fenomeni che ci sono sempre stati e sempre ci saranno…Purtroppo ci sono, dovremo convivere con queste realtà. Noi andiamo avanti a fare le opere che dobbiamo fare”, poi precisando che si era tratta di una frase “imprecisa e infelice”. E annuncia un monitoraggio costante sulla regolarità dei lavori nei cantieri, degli appalti, dei subappalti. Con il sì al decreto legislativo del Consiglio dei Ministri, si avvia il programma delle grandi opere da 47,5 miliardi di euro per il primo triennio, con i lavori per il Ponte sullo Stretto “pronti a partire in 36 mesi”. I Verdi attaccano sui 4,6 miliardi di euro tutti da trovare per il Ponte e sugli ulteriori 2,3 miliardi di euro di investimenti ferroviari e stradali da realizzare prima del ponte.
Nel 2002 la Spa Stretto di Messina riprende il vecchio progetto preliminare del 1992, lo fa rapidamente aggiornare e nel 2003 lo ripresenta per l’approvazione al CIPE modificato e corredato da un semplice “Studio sull’Impatto Ambientale” e con una raccomandazione: affidare l’esecuzione dell’opera ad un “Contraente Generale” che dovrà assumersi la piena responsabilità progettuale. Il Preliminare è composto da una relazione generale accompagnata da 48 “relazioni specialistiche”, da 347 elaborati grafici dell’infrastruttura e dei suoi collegamenti, da 282 elaborati relativi allo studio dell’impatto ambientale e della localizzazione urbanistica con annesse 38 “relazioni e analisi specialistiche” relative al quadro programmatico, progettuale e ambientale, alla valutazione costi-benefici, più altri 28 elaborati grafici e 11 documenti, e tra questi ci sono anche il piano di sicurezza e il quadro economico.
Il 10 luglio del 2002 ambientalisti e Verdi presentano, invece, un libro-studio sull’impatto ambientale della mega-infrastruttura dello Stretto dal titolo: “Il Ponte impossibile”. Viene descritto un “impatto stabile devastante sui territori coinvolti, sull’ambiente naturale, sul paesaggio, sulla struttura urbana e insediativa, con effetti sociali e culturali sottovalutati”. E parte una petizione popolare contro la realizzazione dell’opera dannosa e inutile, e per 3 richieste: una politica dei trasporti che punti sulle autostrade del mare, il potenziamento del traghettamento, una rigorosa Valutazione di Impatto Ambientale.
Il Comune di Villa San Giovanni, nella cui area ricade un pilone del ponte, chiede formalmente la sospensione della procedura di Valutazione d’Impatto Ambientale sul Ponte. E la rete “No Ponte” organizza manifestazioni, e tra i promotori c’è uno straordinario personaggio: Renato Accorinti che ritroveremo come sindaco di Messina.
il futuro sindaco No Ponte di Messina, Renato Accorinti
Nella prossima puntata: nel 2003 Berlusconi annuncia ufficialmente il Progetto Ponte, con la gara d’appalto per la sua costruzione. E sul Ponte sale anche Giuseppe Zamberletti come nuovo Presidente dalla Spa Stretto di Messina. E anche il mitico fondatore della Protezione Civile annuncia “il 2012 sarà il primo anno di esercizio”. Ma iniziano anni di stop and go e di proteste.
