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Non possiamo vivere in pace tra esseri umani senza fare pace con la natura

 |  Editoriale

Di fronte alle atrocità che stanno vivendo le popolazioni civili nei teatri di guerra contemporanei, soprattutto a Gaza, in Ucraina e in Sudan, c'è un'urgente necessità di scoprire e creare condizioni globali, istituzioni e coscienza condivisa che facciano da base per una pace duratura e “planetaria”. Quello di cui ha bisogno il nostro mondo è di salute e benessere fisico, emotivo e spirituale e del rifiuto di tutte le guerre. Ma la fine delle violenze e degli orrori della guerra non potrà farsi senza interrompere le cause del cambiamento climatico e modificare l’attuale logica dominante della modernità, coloniale, estrattiva e suprematista, che ha portato al dominio dell’essere umano sulla natura.

Questo è il messaggio principale contenuto nel rapporto “Enduring peace in the Anthropocene, pubblicato il 16 maggio dall’associazione Club di Roma, che dal 1968 riunisce ricercatrici e ricercatori da tutto il mondo per studiare i cambiamenti globali. Questa pubblicazione, viene specificato dai co-presidenti dell’organizzazione, Paul Shrivastava e Sandrine Dixson-Declève, nel loro messaggio iniziale, è concepita come un’opera corale, che racchiude al suo interno i punti di vista di alcuni dei membri del Club of Rome. 

I valori condivisi e la “pace planetaria”

Quello che viene proposto nel documento è il concetto olistico di “pace planetaria”, che vuole essere alla base di una “improbabile quanto indispensabile” riconciliazione tra gli esseri umani e tra gli esseri umani e la vita nel suo insieme. Il documento vuole sottolineare che gli scenari di guerra attualmente in corso sono il frutto di una visione più ampia del mondo, che ha plasmato la “modernità” come un continuo e infinito accaparramento di risorse. Questa visione del mondo è responsabile della distruzione degli ecosistemi da cui l’umanità dipende. Lo sperpero e l’erosione delle risorse planetaria, congiunto a un aumento della popolazione mondiale, porta a competizioni e conflitti bellici. 

Il documento sottolinea infatti la necessità di ripartire dal Goal 16 dell’Agenda Onu per lo sviluppo sostenibile, che ha come obiettivo di costruire società giuste e in pace, grazie alla garanzia dell’accesso alla giustizia per tutte e tutti e alla costruzione di istituzioni efficienti, responsabili e inclusive a tutti i livelli.

Le azioni da intraprendere

Il documento delinea cinque azioni transdisciplinari, in linea con la visione del mondo elaborata negli anni dal Club of Rome, che possono aiutare a risolvere i conflitti internazionali e intergruppi senza fare ricorso alla violenza e all’oppressione, dando corpo all’idea di realizzare una “pace perpetua”. Le cinque azioni da intraprendere sono:

  • Economia di pace: è necessario dare priorità alla costruzione di relazioni economiche pacifiche che forniscano a tutte e tutti le condizioni per vivere una vita decente. Costruire un’economia di pace serve anche a promuovere le istituzioni che favoriscono la salute e il benessere individuale, la libertà e i diritti umani.
  • Logistiche umanitarie: l’attuale impegno umanitario nelle zone colpite da guerre può fare affidamento su troppe poche risorse e infrastrutture per prevenire nuovi conflitti. C’è bisogno di maggiori sforzi nel concedere fondi e supporto logistico alle organizzazioni umanitarie, come la Croce Rossa o l’Unrwa (Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l'occupazione dei profughi palestinesi nel vicino oriente).
  • Una pace giusta, rendere memoria alle vittime, elaborare i traumi: la cura delle ferite e delle sofferenze inflitte dalle guerre passa anche dalla costruzione di una memoria ufficiale, che attraverso istituzioni, monumenti, musei e memoriali possa ricucire il tessuto sociale colpito dai conflitti.
  • Pace come salute: la guerra è una malattia, e deve essere curata per evitare la sua continua propagazione. Ma più importante ancora è la prevenzione attraverso un accesso giusto e universale alla salute, che deve essere implementata su livelli multipli, comunitari, sociali, nazionali, per servire da antidoto contro nuovi conflitti.
  • L’empowerment di donne e giovani: eliminare la guerra e costruire culture di pace richiederà l'empowerment trasformativo delle donne e dei giovani in tutti i ceti sociali, che possono promuovere una nuova etica dell'assistenza e della cura che si integri tra sé e gli altri e integri la ragione con le emozioni. Esiste una stretta correlazione tra gli uomini e la cultura della guerra, che affonda le sue radici nei sistemi sociali patriarcali e che bisogna superare per vivere in un mondo in pace. 

ASviS

L’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASviS), nata il 3 febbraio del 2016 su iniziativa della Fondazione Unipolis e dell’Università di Roma “Tor Vergata”, è una rete di oltre 300 soggetti impegnati per l’attuazione dell’Agenda 2030 delle Nazioni unite e dei suoi 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile (SDGs). L’Alleanza si pone come obiettivi di: - favorire lo sviluppo di una cultura della sostenibilità a tutti i livelli, orientando in tal senso gli stili di vita, i sistemi di convivenza civile e i modelli di produzione e di consumo; - analizzare le implicazioni e le opportunità per l’Italia legate all’Agenda globale per lo sviluppo sostenibile; - contribuire alla definizione di strategie nazionali e territoriali per il conseguimento degli SDGs e alla realizzazione di un sistema di monitoraggio dei progressi a livello nazionale e territoriale verso gli SDGs. L’Associazione opera secondo un modello di lavoro innovativo e inclusivo in grado di stimolare la coesione e il coinvolgimento, l’apertura alla diversità e la pluralità di visioni, al fine di promuovere il cambiamento sociale e culturale necessario.