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Esperti a confronto alla Camera

Bracconaggio in Italia: urge un nuovo quadro normativo per contrastare i crimini ambientali

Nel nostro Paese ogni anno oltre il 30% delle morti di Ibis eremita è causato da abbattimenti illegali
 |  Natura e biodiversità
Ibis Eremita, foto di Fabio Cianchi

Nel silenzio generale, il bracconaggio continua a colpire la fauna selvatica italiana, generando profitti illeciti e mettendo a rischio biodiversità, economia e persino salute pubblica. Un quadro allarmante emerso con chiarezza durante il convegno tenutosi oggi alla Camera dei deputati, intitolato “Il caso Ibis eremita: contrasto ai crimini contro la fauna selvatica in Italia tramite il recepimento della Direttiva UE sulla tutela penale dell’ambiente”.

Organizzato nell’ambito del progetto Life Ibis eremita da Waldrappteam Conservation & Research in collaborazione con Lav, Lipu e Wwf Italia, l’incontro ha riunito esperti, magistrati, forze dell’ordine e rappresentanti istituzionali per discutere una delle piaghe meno visibili ma più gravi della criminalità ambientale.

Protagonista simbolico del convegno è stato l’Ibis eremita, una specie migratrice reintrodotta in Europa grazie a un progetto di conservazione internazionale. Le sue rotte, però, si intrecciano spesso con i fucili dei bracconieri. Grazie a un monitoraggio lungo due decenni – il più esteso mai condotto in Europa su una singola specie minacciata – è emerso che in Italia oltre il 30% delle morti di Ibis eremita è causato da abbattimenti illegali. Oltre 70 casi documentati dal 2006 a oggi delineano uno scenario allarmante: il bracconaggio è la prima causa di morte per la specie nel nostro Paese.

Lo studio ha inoltre individuato le aree geografiche italiane più esposte al fenomeno, offrendo una metodologia scientifica replicabile per la tutela di altre specie a rischio.

Ma perché, nonostante la gravità dei numeri, il fenomeno resta largamente impunito? La seconda parte del convegno ha fatto emergere le molteplici criticità del sistema giudiziario italiano nel contrastare i crimini contro la fauna. Magistrati e investigatori hanno evidenziato gravi lacune normative, difficoltà nel reperimento delle prove e risorse investigative insufficienti.

Nonostante l’impegno delle forze dell’ordine – come testimoniato dai Carabinieri CITES presenti all’evento – la possibilità di identificare e condannare i responsabili è oggi fortemente limitata. A ciò si aggiunge un apparato sanzionatorio spesso blando, che non disincentiva comportamenti illegali.

Un possibile punto di svolta potrebbe arrivare dalla nuova Direttiva UE 2024/1203, che obbliga gli Stati membri ad aggiornare la legislazione penale per contrastare con maggiore efficacia i reati ambientali. Secondo i giuristi intervenuti, si tratta di un’occasione unica per colmare i vuoti legislativi italiani, introducendo sanzioni più severe e strumenti più adeguati.

Ma proprio mentre si apre questa possibilità di riforma, il dibattito nazionale sulla caccia prende una piega opposta. Il cosiddetto DDL Caccia, elaborato senza coinvolgere il mondo ambientalista e scientifico, potrebbe allentare ulteriormente i controlli, minando le tutele esistenti e rischiando di entrare in rotta di collisione con le norme europee e con l’articolo 9 della Costituzione, che tutela la biodiversità.

La vicenda dell’Ibis eremita, tornato a migrare grazie alla scienza e alla cooperazione europea, è emblematica: ogni esemplare abbattuto rappresenta una sconfitta per l’intero sistema di protezione ambientale. Le associazioni promotrici hanno lanciato un appello alle istituzioni affinché il recepimento della Direttiva UE sia accompagnato da un rafforzamento reale delle tutele e non da un loro indebolimento.

«Il recepimento della Direttiva UE rappresenta un’occasione storica per l’Italia. Serve un’azione decisa delle istituzioni per attuare i nuovi principi costituzionali di tutela dell’ambiente e fermare una deriva legislativa che, con la riforma della caccia, rischia di legalizzare l’impunità» – dichiarano le associazioni organizzatrici. 

Vincenza Soldano

Vincenza per l’anagrafe, Enza per chiunque la conosca, nasce a Livorno il 18/08/1990. Perito chimico ad indirizzo biologico, nutre da sempre un particolare interesse per le tematiche ambientali, che può coltivare in ambito lavorativo a partire dal 2018, quando entra a fare parte della redazione di Greenreport.it