
Obiettivo 30% troppo lontano: l’Italia rischia di proteggere territorio e mari solo tra 80 anni

Nel pieno della Settimana della natura e alla vigilia della Giornata mondiale della biodiversità (22 maggio) e della Giornata europea dei parchi (24 maggio), Legambiente lancia un allarme che suona come una resa: l’Italia, di questo passo, impiegherà 80 anni per raggiungere l’obiettivo del 30% di territorio e di mare protetto, fissato per il 2030 dalla Strategia Ue sulla biodiversità.
Un ritardo che pesa come un macigno per un Paese che, nonostante custodisca uno dei patrimoni naturalistici più ricchi d’Europa, continua a rimandare decisioni fondamentali per la tutela degli ecosistemi. Nel nuovo report “Biodiversità a rischio 2025”, Legambiente dedica un focus particolare alle orchidee selvatiche, un tesoro spesso ignorato: delle 240 specie presenti nella Penisola, circa un quarto è endemico, ma molte sono oggi in declino o prossime all’estinzione.
È il caso della Dactylorhiza elata subsp. sesquipedalis, scomparsa definitivamente dalla Sardegna nel 2025; negli anni ’80 se ne contavano una trentina, nel 2010 si è passati a 10 esemplari, a 3 nel 2020, per scomparire del tutto ad oggi. Come lei, anche la Scarpetta di Venere (Cypripedium calceolus), il Barbone Adriatico (Himantoglossum adriaticum) e la Ophrys speculum, sono tra le specie più minacciate.
Il problema è strutturale: su 240 specie presenti in Italia, solo 4 orchidee sono attualmente protette a livello europeo tramite la Direttiva Habitat, normativa ormai obsoleta secondo l’associazione ambientalista. L’attuazione concreta della strategia europea langue anche per altri motivi: iter burocratici infiniti, fondi insufficienti e una gestione frammentata affidata alle singole regioni.
«In Italia la perdita di biodiversità e in particolare delle orchidee – commenta Stefano Raimondi, responsabile nazionale biodiversità di Legambiente – sottolinea i limiti di un approccio passivo e l’importanza di integrare protezione, politica e ricerca scientifica. Le zone umide italiane insieme alle praterie semiaride, pur ospitando un’elevata diversità di orchidee, sono tra gli habitat meno tutelati. Solo unendo ricerca, politica e azione concreta sarà possibile garantire prosperità alla straordinaria diversità biologica».
Il quadro è aggravato dalla lunga lista di aree protette promesse ma mai realizzate. Sono decine i parchi e le riserve che attendono da anni – e in certi casi da decenni – di essere istituiti. Il caso più eclatante è quello del Parco nazionale del Gennargentu, atteso da 34 anni, ma anche il Parco della Costa Teatina (24 anni) e quelli delle Egadi, Eolie e Iblei (18 anni) non sono da meno. Altri iter si sono arenati per ostacoli burocratici o per l’opposizione dei comuni, come accade per alcune aree marine protette già previste dal 1991 ma mai attivate, come la Costa del Conero o le Isole Eolie.
Ad oggi, l’unica novità concreta è l’istituzione del Parco nazionale del Matese, avvenuta nell’aprile 2025, dopo un lunghissimo e travagliato iter. Un caso raro, che però resta isolato rispetto all’urgenza di un’azione su scala nazionale.
Non mancano però i segnali di speranza. Tra i progetti di conservazione più ambiziosi spicca Life seedforce, avviato nel 2021 e attivo fino al 2026, con l’obiettivo di migliorare lo stato di conservazione di 29 specie vegetali di interesse comunitario, tra cui alcune orchidee rare, la Primula di Palinuro (Primula palinuri) e il Gladiolus palustris.
Il progetto coinvolge 76 siti della rete Natura 2000 distribuiti in dieci regioni italiane e si estende anche a zone transfrontaliere in Francia, Slovenia e Malta. Tra le azioni concrete: raccolta di semi, produzione di talee, reintroduzione di piante nei loro habitat naturali e attività di conservazione ex situ in sinergia con la Rete Italiana Banche del Germoplasma.
Intanto, cinque parchi nazionali storici festeggiano i 30 anni: Majella, Gran Sasso e Monti della Laga, Vesuvio, Cilento-Vallo di Diano-Alburni e Gargano. Realtà che dimostrano come la tutela della natura possa tradursi in successo, dalla reintroduzione del camoscio appenninico alla protezione della tartaruga Caretta caretta e della flora selvatica.
«Siamo ancora in tempo per rallentare i processi di estinzione: proteggere gli habitat, sostenere la ricerca, coinvolgere cittadini e istituzioni. La conservazione è possibile, ma richiede consapevolezza, impegno e una volontà collettiva», sottolinea ancora Raimondi.
In occasione del Natura Day, che prevede una serie di iniziative organizzate dal 21 al 25 maggio lungo la Penisola per festeggiare la Giornata europea delle aree protette, Legambiente chiede un deciso cambio di passo: più fondi, strumenti normativi aggiornati, tempi certi e un maggiore coinvolgimento delle comunità locali nella gestione del territorio. Solo così l’Italia potrà ambire a rispettare gli impegni europei e proteggere quel patrimonio naturale che ancora oggi, pur tra mille difficoltà, continua a resistere.
