Cosa rischia chi uccide un orso? Dopo 2 anni entra nel vivo il processo per l’uccisione dell’orsa Amarena
Nella notte tra il 31 agosto e il 1° settembre 2023 è stata uccisa a colpi di fucile Amarena, una delle pochissime femmine di orso bruno marsicano in età riproduttiva, nonostante non avesse mai avuto atteggiamenti aggressivi nei confronti di esseri umani. A quasi due anni di distanza, entra oggi nel vivo il processo presso il Tribunale di Avezzano contro Andrea Leobruni, l’uomo che si era autodenunciato ai Carabinieri quale responsabile di questo gesto privo di qualsiasi giustificazione.
L’imputato nel processo ha già ammesso di avere ucciso l’orsa, giustificandosi con la necessità di difendersi, ma i rilievi fatti e le evidenze raccolte dagli investigatori hanno dimostrato che, quando è stata uccisa, Amarena era lontana da persone e non mostrava atteggiamenti aggressivi.
L’udienza di dicembre si era conclusa con un nulla di fatto per un errore procedurale: il PM, infatti, invece di esercitare l’azione penale per i due reati contestati (art. 544 bis “Uccisione di animali” e art. 703 “Accensioni ed esplosioni pericolose” per aver sparato all’aperto in luogo accessibile a terzi, creando pericolo per la pubblica incolumità) direttamente nel decreto di citazione a giudizio come previsto dalla riforma Cartabia, aveva convocato l’udienza preliminare.
A dicembre erano state intanto raccolte le istanze di costituzione di parte civile di decine di associazioni ambientaliste come il Wwf Italia, difeso dall’Avv. Michele Pezone, oltre a quelle di vari enti come il Parco nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, la Regione Abruzzo e il Comune di San Benedetto dei Marsi dove l’orsa era stata uccisa. Oggi il difensore dell’imputato ha presentato alcune eccezioni sul decreto di citazione e sulle costituzioni di parte civile su cui il magistrato deciderà alla prossima udienza del 18 luglio prossimo.
«La nostra presenza nel processo come parte civile vuole testimoniare l’attenzione del Wwfverso questa sottospecie – dichiara Filomena Ricci delegata regionale per l’Abruzzo del Wwf Italia – che è anche oggetto del nostro progetto di conservazione “Orso 2x50” che punta al raddoppio della popolazione entro il 2050 anche con una serie di misure sul campo che portiamo avanti attraverso l’Oasi Wwf Gole del Sagittario nel Comune di Anversa degli Abruzzo. L’uccisione di Amarena è stato un gesto inaccettabile che mette a rischio la stessa sopravvivenza della sottospecie che conta circa 60 individui in tutto il mondo in un’areale alquanto limitato come quello del Parco nazionale d’Abruzzo Lazio e Molise e delle zone limitrofe. E va sottolineato che quanto è accaduto è anche il risultato dei continui attacchi a cui è sottoposta la fauna italiana. Invece di lavorare per rafforzare le tante attività possibili per garantire la giusta convivenza tra la fauna selvatica e le attività dell’uomo, non sono pochi coloro che, anche ricoprendo ruoli istituzionali importanti, non perdono occasione per alimentare un insopportabile clima che vede nella presenza faunistica un ostacolo da rimuovere».
Cosa rischia in Italia chi uccide un orso
In Italia chi uccide un orso, nonostante sia una specie “particolarmente protetta”, rischia pochissimo anche per la confusione sulle pene applicabili dovuta al sovrapporsi di diverse previsioni normative.
In caso di applicazione dell’art. 544 bis cp (Uccisione di animali) la pena è la reclusione da 4 mesi a 2 anni, pena assolutamente blanda, considerato che stiamo parlando di una specie a rischio di estinzione.
Meglio, comunque, di quanto stabilisce l’art. 727-bis cp che prevede la pena dell’arresto da 1 a 6 mesi o l’ammenda fino a € 4.000 per chi uccide esemplari appartenenti ad una specie animale selvatica protetta.
Se poi si dovesse applicare l’art. 30 della Legge n. 157/1992 la pena sarebbe addirittura l’arresto da 2 a 8 mesi o l’ammenda da 774 a 2065 euro: in questo caso, trattandosi di un reato contravvenzionale, l’alternatività tra arresto e ammenda consentirebbe l’applicazione dell’oblazione facoltativa con l’estinzione del reato previo pagamento di una somma pari alla metà del massimo dell’ammenda: con poco più di 1030 euro (probabilmente meno di quanto è costato il fucile con cui è stato ucciso l’animale) il responsabile sarebbe libero e avrebbe anche la fedina penale pulita. Situazione non migliorata dal limitato inasprimento (arresto da 6 mesi a 2 anni e l'ammenda da 4.000 a 10.000 euro) prevista da una riforma nel 2023 proprio a tutela degli orsi bruni marsicani.
Una recente riforma, che entrerà in vigore a fine giugno, ha leggermente inasprito le pene relative all’art. 544-bis e all’art. 727-bis portando le sanzioni rispettivamente fino a 3 anni e fino a 1 anno.
In casi come quelli dell’orsa Amarena, il Wwf Italia chiede invece di ricorre all’ipotesi dell’art. 452-bis cp “Inquinamento ambientale” che punisce con la reclusione da 2 a 6 anni e con la multa da € 10.000 a 100.000 “chiunque abusivamente cagiona una compromissione o un deterioramento significativi e misurabili di un ecosistema, della biodiversità, della flora o della fauna” (che è proprio il caso di chi uccide una delle pochissime orse marsicane, mettendo a rischio il successo riproduttivo della specie).
Da anni il Wwf Italia presenta proposte di legge finalizzate a razionalizzare la normativa e a inasprire le pene per chi si macchia di questi crimini contro la natura: ad oggi, però, tutte le iniziative presentate non sono state recepite dalle maggioranze parlamentari che si sono succedute.