
Capannori, è arrivata l’autorizzazione per l’impianto di riciclo dei prodotti assorbenti

Si è svolta questa mattina la Conferenza dei servizi convocata dalla Regione Toscana, nell’ambito dell’iter autorizzativo durato oltre un anno, per l’autorizzazione di due impianti importanti per ridurre lo smaltimento in discarica di rifiuti tessili e prodotti assorbenti, permettendo di aumentare il recupero di materia.
L’Ato Toscana costa, ovvero l’ambito in cui opera il gestore unico e interamente pubblico dei servizi d’igiene urbana Retiambiente, rappresenta già oggi l’area della Toscana con la maggior raccolta differenziata, con gran parte dei Comuni che hanno adottato sistemi di raccolta domiciliare e molti passati alla tariffazione puntuale. Il Comune di Capannori avviò già oltre 15 anni fa la raccolta domiciliare e nel 2013 la tariffazione puntuale, oltre a numerose progettualità per la riduzione e il riutilizzo degli scarti, arrivando a percentuali di raccolta differenziata prossime all’85% e flussi di materiali a riciclo con minime percentuali di scarto. Si è aggravata nel mentre la carenza d’impianti per la gestione delle frazioni secche non riciclabili meccanicamente, ma oggi l’economia circolare nell’area ha compiuto un passo avanti.
Questi due nuovi impianti, finanziati dal ministero con i fondi Pnrr, sorgeranno nell’area di Salanetti a Capannori (che già ospita altri impianti di gestione materiali postconsumo, sia pubblici che privati, oltre a siti produttivi) e potranno permettere di ridurre ulteriormente i conferimenti in discarica, costruendo sinergie importanti con le filiere produttive del tessile, del cartario e non solo.
L’impianto di riciclo prodotti assorbenti è stato spesso definito come “una grande lavatrice”: ovvero il materiale viene pressato, aperto, vaporizzato, sterilizzato, asciugato senza combustione in un ciclo in autoclave, per poi procedere alla divisione dei componenti riciclabili. Il tutto in un ambiente depressurizzato, isolato dall’ambiente esterno ed eliminando ogni possibile impatto odorigeno.
Da una parte viene indirizzato il materiale plastico, adatto per essere utilizzato in un qualsiasi processo della lavorazione di questo materiale, dall’altra la frazione organico-cellulosica, che può essere rigenerata su prodotti assorbenti per animali domestici, carte di qualità, prodotti tessili dalla viscosa al rayon. Da ogni tonnellata di rifiuto da Pap si ottengono circa 225 kg di materiale assorbente e 75 kg di plastiche, che possono essere utilizzati in numerose applicazioni ad alto valore aggiunto. Il bilancio ambientale è alquanto chiaro: per ogni tonnellata di materiale trattato e avviato a riciclo si risparmiano 168 kg di CO2 equivalente in atmosfera, contro l’emissione 267 kg di CO2 equivalente senza il trattamento e l’invio diretto a smaltimento.
L’impianto dedicato al tessile servirà invece a fare una importante selezione dei materiali post-consumo al fine di poterli selezionare per tipologia, migliorando così i processi di riutilizzo e riciclo. Il tessile, nonostante i numerosi centri del riuso attivati nella Piana di Lucca, rappresenta infatti una forte criticità, con enormi quantità che ancora oggi finiscono a smaltimento.
L’iter autorizzativo che si chiude oggi è stato particolarmente lungo e complesso, ben più lungo di altri iter simili avviati e conclusi in altre regioni italiane. Il percorso ha visto la partecipazione di cittadini, associazioni, Comuni e comitati ai numerosi incontri pubblici che si sono svolti nei mesi scorsi, ma che non sono stati sufficienti a costruire una piattaforma condivisa tra i proponenti e chi ha sempre contrastato l’impianto evidenziando e spesso esagerando criticità vere o presunte rispetto ai numerosi e indiscutibili benefici sociali, economici e ambientali che questi due nuovi seppur piccoli impianti potranno portare al territorio. Ma come ormai da anni si è compreso, non è possibile parlare di “economia circolare” o “rifiuti zero” senza sposare materialmente i flussi di scarti dalle discariche ad impianti, meglio se di prossimità, che sappiano trasformare e valorizzare questi rifiuti.
Da statistiche europee, mediamente ogni anno 8,5 milioni di tonnellate di prodotti assorbenti per la persona finiscono in discariche o inceneritori, di cui circa 900.000 tonnellate all'anno solo in Italia, nonostante questi rifiuti, in diverse parti del Paese, vengano già raccolti in forma differenziata in ritiri dedicati a domicilio. Nel 2019 il ministero dell’Ambiente emanò, proprio per favorire la nascita di questi impianti, il primo decreto End of waste al mondo dedicato a questa categoria di rifiuti. Un'opportunità importante, con una prima sperimentazione avviata a Treviso che ha permesso di definire uno sviluppo tecnologico tale da poter avviare un importante sviluppo impiantistico in diverse regioni italiane.
La gara bandita da Retiambiente nei mesi scorsi per la realizzazione dell’impianto appena autorizzato si è conclusa nel marzo 2025, con l’aggiudicazione da parte di Co.par.m. s.r.l. (una delle maggiori società europee nella progettazione e costruzione di impianti di trattamento rifiuti); la start-up i-Foria Italia, detentrice di numerose domande di brevetti e vincitrice di bandi della Commissione europea, licenzierà, invece, la tecnologia proprietaria alla Co.par.m. nell’ambito del medesimo progetto.
Intervista
Marcello Somma, amministratore delegato di i-Foria Italia, sembra aprirsi un periodo finalmente positivo per le prospettive del riciclo dei prodotti assorbenti post-consumo in Italia: ce lo conferma?
«Sì, si sta aprendo un periodo finalmente positivo per le prospettive del riciclo dei prodotti assorbenti post-consumo in Italia. In particolare, a livello normativo abbiamo in Italia il primo decreto end of waste per questi rifiuti, Dm 62/2019, grazie al quale è possibile trattare i prodotti assorbenti usati come flusso di rifiuto differenziato, avviando al recupero di materiale quello che fino ad oggi è stato considerato un rifiuto. Il Pnrr poi rappresenta un’occasione storica. Tra le missioni del piano, un ruolo centrale è riservato all’economia circolare e al rafforzamento della capacità impiantistica nazionale. Una linea è stata dedicata alla costruzione di impianti di riciclo prodotti assorbenti per la persona. E l’Italia ha anche un primato tecnologico sul riciclo dei Pap. Oggi esistono impianti capaci di trattare questi materiali in modo sicuro ed efficiente, recuperando plastica e materiale assorbente da reinserire in nuovi cicli produttivi».
Secondo lei quanti impianti di questo tipo riusciranno a partire in Italia entro il 2026, e quali saranno i primi ad essere avviati in base agli iter di autorizzazione e realizzazione in corso, anche grazie al sostegno del Pnrr?
«Alla luce degli sviluppi attuali e delle opportunità offerte dal Pnrr, riteniamo realistico che entro il 2026 possano entrare in funzione almeno una mezza dozzina di impianti dedicati al riciclo dei prodotti assorbenti post-consumo in Italia. Ovviamente il numero effettivo dipenderà dalla rapidità degli iter autorizzativi regionali e dalla capacità dei proponenti di rispettare le tempistiche tecniche e progettuali. Ascit-Retiambiente ha già assegnato i lavori di fornitura e posa in opera, Contarina sta facendo altrettanto e a Perugia si è già ottenuta l’autorizzazione ambientale. C’è in corso una virtuosa gara le stazioni appaltanti a chi fa prima e meglio. In termini di tempistica, i primi impianti a partire saranno quelli che hanno già avviato il percorso autorizzativo, tra questi, Retiambiente (LU), Contarina (TV), Esacom (VR), Perugia, Reggio Calabria, Messina e Palermo. Come i-Foria Italia, siamo coinvolti in prima linea in questo processo, lavorando per realizzare impianti pienamente conformi ai criteri ambientali, tecnologicamente avanzati e capaci di rispondere alle esigenze di territori sempre più sensibili alla gestione circolare dei rifiuti. Il nostro obiettivo è contribuire concretamente alla nascita di una rete impiantistica nazionale che permetta di trasformare un rifiuto complesso in una risorsa, in linea con gli obiettivi ambientali del Paese e dell’Unione europea».
