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Addio a Francesco, il Papa ecologista difensore della Natura e degli accordi sul clima, il globetrotter dei diritti e dell’accoglienza ai migranti, il combattente per gli ultimi, il rivoluzionario che ha ridato una missione alla Chiesa e a tutti noi

 |  Editoriale

Ci eravamo illusi quando tornò a Casa Santa Marta dall’ospedale. Visibilmente provato dalla polmonite e dai broncospasmi, era l’immagine della sofferenza, smagrito e muovendosi a fatica e facendo ricorso alle cannule nasali. E Papa Bergoglio non è più tra noi proprio quando noi e il mondo, mai come oggi, avevamo bisogno del Papa militante e a suo modo rivoluzionario, al servizio degli ultimi della Terra, dei più deboli e sofferenti, della pace, della “cura” del Pianeta e dei “cessate il fuoco”, dei suoi “segnali di speranza” nel tempo tra i più bui. 

Bergoglio è il Papa che ha cambiato il linguaggio e i gesti della Chiesa, che con le sue omelie durissime ha rivoluzionato il papato con semplicità e in sintonia con l'opinione pubblica. È stato un Papa straordinario fin dalla sera del 13 marzo 2013 quando, dopo la fumata bianca del conclave, Jorge Mario Bergoglio arcivescovo di Buenos Aires “preso alla fine del mondo” stupì tutti con quel suo “buona sera”, pronunciato dalla loggia di San Pietro, e chiamandosi “Francesco”. Un nome, ha scritto nell’Enciclica Laudato Si, “come una dichiarazione di intenti e fonte di ispirazione…per l’attenzione ai deboli”. È stato il primo Papa ad aver scelto il nome del santo poverello autore del “Cantico delle Creature”, il più struggente messaggio d’amore verso la Natura.

Ancora a 88 anni, sempre sotto l’occhio vigile di medici e infermieri, il primo gesuita e il primo rappresentante del continente americano diventato Pontefice aveva fatto ancora risuonare i suoi appelli alle responsabilità di chi governa il mondo a farsi carico di questioni aperte: l’emergenza climatica, le povertà crescenti, i drammi delle migrazioni che trasformano mari e frontiere in cimiteri di morte.

Nei suoi tantissimi discorsi ha denunciato i problemi di un mondo lacerato, che ha smarrito sé stesso. Con la forza della “voce nel deserto” e da leader globale ha invocato la fine delle “guerre sanguinarie nella martoriata Ucraina, in Palestina, Israele, Libano, Myanmar, Sudan, Repubblica Democratica del Congo”, delle sofferenze provocate dai barbarici stermini anche alle porte dell’Europa: “Basta stermini, guerre e giochi di guerre nucleari. Riponete le armi, aprire trattative di pace”. Ha chiesto a tutti di riporre il minaccioso riarmo nucleare che moltiplica gli arsenali, come non era mai accaduto dalla fine della Guerra Fredda.

Con la forza delle parole chiare, ha implorato di recuperare i ritardi degli impegni globali sul clima finora solo promessi e non rispettati per la mitigazione del riscaldamento globale e per l’adattamento a fenomeni climatici spaventosi in corso. Ha ammonito i “grandi della Terra” sulla necessità di aiutare le popolazioni più povere, di salvare dai naufragi e dai trafficanti di esseri umani chi fugge da catastrofi e dalla fame, sul dovere dell’integrazione a partire dall’Italia dove la Fondazione Migrantes accompagna con la sua barca a vela le missioni di ricerca e soccorso nel Mediterraneo centrale, supportata direttamente dalla Conferenza Episcopale Italiana con la benedizione di Bergoglio che li incoraggiava: “Prego per voi”.

Il Papa “militante” e al servizio dei poveri spiazzava e stupiva.  Fin da quel suo sorridente “buona sera”, con pronuncia da sudamericano, augurato dalla loggia di San Pietro la sera del 13 marzo del 2013. L’umanità e il Pianeta non sapevano ancora di aver trovato il lui uno strenuo difensore, un pontefice capace di inchiodare i potenti della Terra alle loro responsabilità.

Resta il messaggio che volle inviare “urbi et orbi”, pubblicando la sua rivoluzionaria Enciclica Laudato si’ il 24 maggio del 2015, a pochi mesi dal summit dell’Onu di dicembre sul clima a Parigi. Concretamente visionaria e illuminante, tracciava un sentiero per “tutte le persone di buona volontà”, invitava alla rivoluzione dei comportamenti ripartendo dal basso, a comprendere che le risorse naturali non sono infinite, che sull’ambiente gi giochiamo tutto. E la sera del 7 dicembre, all’inizio del summit globale con risultati subito boicottati e che oggi sperano di cancellare Trump e i trumpisti di tutto il mondo, inviò con un format del tutto inedito, inaspettato, spettacolare per la chiesa. Fece trasformare la facciata di San Pietro in un meraviglioso enorme videowall largo 118,6 metri e alto 48 metri che rifletteva l’emozione di "Fiat Lux, illuminare la nostra Casa comune". In tre ore, passarono splendide immagini della Natura dei grandi maestri della fotografia - da Sebastião Salgado a Joel Sartore e da Yann Arthus-Bertrand a Ron Fricke a Steve McCurry - con un racconto visivo di grande impatto emotivo. E nei giorni seguenti, per prima volta, tutti i cardinali inviarono all’Onu la loro “Proposta politica in 10 punti” per "La completa decarbonizzazione dell'economia entro la metà del secolo, la limitazione dell'aumento della temperatura globale e la speciale attenzione alle popolazioni più povere che sono le più danneggiate dai cambiamenti climatici. Non c'è più tempo da perdere e servono risultati concreti e non parole".

Francesco entrava a gamba tesa nei negoziati della diplomazia climatica con le sue “accorate preoccupazioni per la cura della nostra casa comune”. Sostenne apertamente gli sforzi diplomatici per la firma dell’accordo di Parigi il 12 dicembre 2015, e lo fece anche con un discorso all’Onu, e l’appello domenicale all’Angelus. Con l’Enciclica e l’Esortazione Apostolica spingeva alla presa di coscienza dei gravi rischi del riscaldamento globale e i governi a reagire.

E poi arrivò l’Esortazione Apostolica “Laudate Deum a tutte le persone di buona volontà sulla crisi climatica”. Era il 4 ottobre del 2023, ancora una volta a poche settimane da un’altra Conferenza Onu sul clima, la numero 28 di Dubai dal 30 novembre al 12 dicembre, e spingeva i partecipanti “a nome del Pianeta” a mostrare “la nobiltà della politica e non la sua vergogna”.  Scuoteva ancora il mondo per il “Pianeta sofferente”, con richiami alle responsabilità di tutti per debellare “una malattia silenziosa” che trova le sue giustificazioni in un modello economico e di sviluppo insostenibile “che va cambiato alla radice”.

L’Enciclica e l’Esortazione apostolica sono documenti da rileggere. Papa Bergoglio ripartiva da verità scientifiche. La sua visione era chiara: “Con il passare del tempo, mi rendo conto che non reagiamo abbastanza, poiché il mondo che ci accoglie si sta sgretolando e forse si sta avvicinando a un punto di rottura. Al di là di questa possibilità, non c’è dubbio che l’impatto del cambiamento climatico danneggerà sempre più la vita di molte persone e famiglie. Ne sentiremo gli effetti in termini di salute, lavoro, accesso alle risorse, abitazioni, migrazioni forzate e in altri ambiti… Per quanto si cerchi di negarli, nasconderli, dissimularli o relativizzarli, i segni del cambiamento climatico sono sempre più evidenti… L’origine umana, antropica, del cambiamento climatico non può più essere messa in dubbio”.

Attaccava anche “certe opinioni sprezzanti e irragionevoli che trovo anche all’interno della Chiesa cattolica”, e a tutti replicava: “non possiamo più dubitare che la ragione dell’insolita velocità di così pericolosi cambiamenti sia un fatto innegabile”. La frequenza dei fenomeni climatici dipende “dagli enormi sviluppi connessi allo sfrenato intervento umano sulla natura negli ultimi due secoli” che ha innescato “la crisi climatica con l’aumento della temperatura globale degli oceani, l’acidificazione e la riduzione dell’ossigeno, la riduzione dei ghiacci sono irreversibili per centinaia di anni. Tuttavia non bisogna cedere a diagnosi apocalittiche e irragionevoli. Si tratta piuttosto di assumere una visione più ampia che ci permetta non solo di stupirci delle meraviglie del progresso che probabilmente un secolo fa non si potevano nemmeno immaginare”.

Francesco ha cambiato i dogmi della Chiesa cattolica che sembravano incrollabili e guardavano alla cultura dell’ambiente con qualche sospetto poiché toccava i sacri tabù dell’antropocentrismo, e del concetto stesso di creazione della Natura. Non a caso, del resto, nella storia gli eventi catastrofici naturali sono sempre stati relegati nei capitoli delle “colpe dell’uomo” e la salvezza arrivava dalla “mano purificatrice di Dio”. Le catastrofi, nella loro imprevedibilità, hanno sempre favorito credenze, rituali, penitenze, attraverso le quali la chiesa cattolica, come tutte le altre religioni, immaginava l'unica possibilità di evitarli. Erano considerate manifestazioni della “collera di dio offeso dai peccati dell'uomo”, e questo ha segnato in profondità anche la nostra cultura nazionale, limitando ogni reazione con un fatalismo per noi fatale. La rivoluzione di Francesco è nel non trovare più giustificazioni nell’altrove, ma qui ed ora e nelle scelte dei governi del mondo.

Idee chiare anche sulle opportunità della transizione ecologica: “Spesso si dice anche che gli sforzi per mitigare il cambiamento climatico riducendo l’uso di combustibili fossili e sviluppando forme di energia più pulita porteranno a una riduzione dei posti di lavoro. Ciò che sta accadendo è che milioni di persone perdono il lavoro a causa delle varie conseguenze del cambiamento climatico…Poniamo finalmente termine all’irresponsabile presa in giro che presenta la questione come solo ambientale, “verde”, romantica, spesso ridicolizzata per interessi economici…è deplorevole che le crisi globali vengano sprecate quando sarebbero l’occasione per apportare cambiamenti salutari. È quello che è successo nella crisi finanziaria del 2007-2008 e che si è ripetuto nella crisi del Covid-19”.

Francesco rilanciava quella che amava definire “una nuova cultura dell’ecologia integrata”, faceva pressing per l’applicazione concreta degli impegni solo annunciati. Scuoteva i grandi emettitori di gas serra che, con le loro economie più inquinatrici, avendo il 49,2% della popolazione mondiale consumano il 66,4% di combustibili fossili e producono il 67,8% delle emissioni globali di CO2 fossile. Chiedeva a tutti di rispettare gli accordi sui tagli promessi del taglio del 45% di gas serra entro il 2030, con target net zero entro il 2050, riducendo le quote fossili come carbone, petrolio e gas e utilizzando sempre più energie rinnovabili.  

Papa Francesco, figlio di emigrati italiani in Argentina, era il primo difensore globale dei diritti dei migranti. Nel Natale del 2017, raccontò così la nascita di Gesù a Betlemme: “Maria e Giuseppe, per i quali non c’era posto, sono stati i primi ad abbracciare colui che viene a dare a tutti noi il documento di cittadinanza”. Da anni, invocava inutilmente “una legislazione sulla cittadinanza conforme ai principi fondamentali del diritto internazionale”. Implorava di metter fine al clima d’odio esasperato che esclude e criminalizza, che scatena paure e rabbia, oscurando le immense opportunità e la necessità di integrazione di un Paese come l’Italia che invecchia più di altri. Chiedeva “giustizia per i migranti”, insieme “a vie di accesso all'Europa sicure e che si uniscano gli sforzi contro i trafficanti di esseri umani”.

Francesco ha ridato una nuova grande missione alla chiesa, quella visione del “creato” che deve segnare il nostro secolo. Lo ha fatto anche nell’udienza generale in piazza San Pietro, il 28 agosto 2024 parlando a nome di chi “anche in questo momento sta attraversando mari e deserti per raggiungere una terra dove vivere in pace e sicurezza. Mare e deserto: queste due parole ritornano in tante testimonianze che ricevo, sia da parte di migranti, sia da persone che si impegnano per soccorrerli… Le rotte migratorie di oggi sono spesso segnate da attraversamenti di mari e deserti, che per molte, troppe persone – troppe! –, risultano mortali…il mare nostrum, luogo di comunicazione fra popoli e civiltà, è diventato un cimitero. E la tragedia è che molti, la maggior parte di questi morti, potevano essere salvati. Bisogna dirlo con chiarezza: c’è chi opera sistematicamente e con ogni mezzo per respingere i migranti – per respingere i migranti. E questo, quando è fatto con coscienza e responsabilità, è un peccato grave…Anche alcuni deserti, purtroppo, diventano cimiteri di migranti…Ma non è attraverso leggi più restrittive, non è con la militarizzazione delle frontiere, non è con i respingimenti che otterremo questo risultato. Lo otterremo invece ampliando le vie di accesso sicure e le vie di accesso regolari per i migranti, facilitando il rifugio per chi scappa da guerre, dalle violenze, dalle persecuzioni e dalle tante calamità; lo otterremo favorendo in ogni modo una governance globale delle migrazioni fondata sulla giustizia, sulla fratellanza e sulla solidarietà. E unendo le forze per combattere la tratta di esseri umani, per fermare i criminali trafficanti che senza pietà sfruttano la miseria altrui”.

Francesco è stato il Papa del nostro tempo. Era il papa di cui il nostro mondo aveva bisogno.

Erasmo D'Angelis

Erasmo D’Angelis, giornalista - Rai Radio3, inviato de il Manifesto e direttore de l’Unità -, divulgatore ambientale e autore di libri, guide e reportage, tra i maggiori esperti di acque, infrastrutture idriche, protezione civile. Già Segretario Generale Autorità di bacino Italia Centrale, coordinatore per i governi Renzi e Gentiloni della Struttura di Missione “italiasicura” contro il dissesto idrogeologico, Sottosegretario alle Infrastrutture e Trasporti del governo Letta, Presidente di Publiacqua e per due legislature consigliere regionale in Toscana. È Presidente della Fondazione Earth Water Agenda, tra i promotori di Earth Technology Expo e della candidatura dell’Italia al World Water Forum.