La gestione delle acque meteoriche: nell’epoca delle alluvioni, passa da qui la prossima sfida per i servizi idrici
La giornata di avvio della storica fiera Accadueo a Bologna entra subito nel vivo della discussione sulle acque meteoriche e il drenaggio delle acque in area urbana: un tema da sempre oggetto di attenzione in Italia, ma che è diventato ormai un’emergenza strutturale con i cambiamenti climatici e l’aumento degli eventi meteorici estremi.
Il tema, come noto, è molto complesso. Il drenaggio delle acque meteoriche è oggi garantito in Italia da diversi soggetti competenti per diversi tipi di reticolo:
- La rete delle fognature bianche (di competenza comunale), destinate alle sole acque meteoriche, i cui dati sono spesso poco noti e non disponibili in formato digitale o cartografico, la cui manutenzione è a carico del bilancio dei comuni, e che talvolta terminano con vasche di accumulo.
- La rete delle fognature miste (acque reflue e acque meteoriche in un’unica fognatura) di competenza del gestore del servizio idrico integrato, che quindi svolge “in quota parte” anche un ruolo di gestione del servizio di drenaggio delle acque di pioggia, ma con infrastrutture progettate e costruite molti decenni fa quindi incapaci oggi di assorbire i nuovi deflussi; i costi di realizzazione, manutenzione e gestione di queste infrastrutture sono a carico del gestore del servizio idrico e della relativa tariffa.
- Il reticolo gestito dai consorzi di bonifica, che spesso interferisce con i primi due reticoli, i cui costi sono quindi a carico dei consorzi e del relativo tributo di bonifica.
- Il reticolo naturale dei corsi d’acqua, di competenza di diversi enti (regione, provincia, comuni), i cui flussi confluiscono sempre (se non arrivano in mare) nei reticoli sopra indicati e i cui costi di manutenzione sono a carico dei bilanci dei diversi enti, quindi a carico della fiscalità generale.
Spesso i vari reticoli sono interconnessi, corsi d’acqua e canali di drenaggio di acque meteoriche sono stati “tombati” e trasformati in fognature non dichiarate, in molti casi le pendenze di aree di pianura non consentono il conferimento delle acque meteoriche nelle reti di bonifica o nei corsi d’acqua, generando rigurgiti spesso all’origine degli allagamenti.
La Regione Emilia Romagna ha avviato un monitoraggio per “ricostruire” la mappa dei vari reticoli, digitalizzare le cartografie e individuare così le criticità, ma il lavoro si è rivelato molto complesso e sta procedendo lentamente.
Un quadro complesso e articolato, quindi, con una governance frammentata e spesso sovrapposta e non coordinata. Da qui l’evidente non adeguatezza di questo servizio e delle infrastrutture relative a far fronte alle nuove condizioni climatiche, con piogge forti e concentrare in poco tempo, cui seguono i frequenti allagamenti in aree urbane, anche a fronte di piogge di breve durata.
In questi casi è sempre molto difficile, vista la frammentazione gestionale, attribuire le responsabilità ma soprattutto individuare gli attori degli interventi di messa in sicurezza. Che fare allora? Due, per adesso, le novità legislative e regolatorie in un quadro legale che ancora definisce molto male questo delicato settore.
Primo: la nuova direttiva europea acque reflue obbliga gli stati membri a realizzare Piani integrati delle acque, che consentano ai territori di valutare tutte le infrastrutture idriche, anche quelle dedicate al drenaggio delle acque meteoriche. Le scadenze sono lunghe: entro il 31 dicembre 2033 per gli agglomerati con 100.000 abitanti equivalenti o più e entro il 31 dicembre 2039 per gli agglomerati a rischio tra 10.000 e 100.000 abitanti equivalenti. Dentro i Piani in molti dei partecipanti ai forum di Accadueo hanno visto la soluzione futura dei problemi di attuazione delle politiche per le acque meteoriche (sia per la parte finanziaria che per la parte governance), ma ci vorrà ancora del tempo.
Secondo: il nuovo metodo tariffario ARERA per il quarto periodo regolatorio (2024-29) prevede la possibilità di inserire nei piani di investimento e nella tariffa anche interventi per la gestione delle acque meteoriche. Per adesso, come hanno ricordato la relazione di Ref ricerche e lo stesso rappresentante di Utilitalia, i gestori idrici italiani hanno aderito con molta prudenza a questa “apertura” della regolazione ARERA, per la complessità del tema, la mole di investimenti connessa, e le molte implicazioni giuridiche e di responsabilità.
I problemi emersi sono sempre gli stessi: le risorse e la governance. Sulle risorse, ad Accadueo sono stati proposti alcuni numeri. La Regione Emilia Romagna, in un interessantissimo intervento, ha condiviso una loro valutazione sugli investimenti necessari per risolvere le criticità delle acque meteoriche: 460 milioni di euro, che a scala nazionale significherebbero 4,5-5 miliardi in 10 anni. Una enormità. La relazione di Ref parta di una tariffa che passerebbe da 80 a 130 euro ad abitante, se dovesse assorbire anche la gestione delle acque meteoriche
La Commissione europea stima in 4 miliardi di euro all’anno i costi a scala continentale per l’implementazione della direttiva acque reflue. In Italia la stima di Utilitalia vale 800 milioni - 1 miliardo di euro, ma questi valori non includono le acque meteoriche. Per adesso il bilancio dell’Unione ha previsto, per le politiche di resilienza idrica, 14 miliardi a nel periodo 2025-27, una cifra da dividersi in 27 paesi e certo insufficiente per una domanda di investimenti gigantesca considerate tutte le politiche sull’acqua messe in campo.
Mentre il Pnrr volge al termine, è dunque urgente individuare uno specifico canale di finanziamento di almeno una parte dei costi della gestione delle acque meteoriche. Un rafforzamento del Pniissi, ma anche la definizione di un nuovo specifico fondo, magari collegato con la nuova programmazione dei fondi europei, propone Ref, che considera anche la possibilità per la tariffa del servizio idrico integrato di sostenere parte dei capex e degli opex del servizio di drenaggio urbano. La proposta avanzata prevede la definizione di una specifica voce tariffaria che “venga prima” del calcolo tariffario tradizionale del servizio idrico, che quindi consenta sia un conteggio diverso per l’utente (le acque meteoriche non sono collegabili ai consumi degli utenti letti dal contatore), sia l’esclusione di questi costi dai meccanismi di price cap.
Sulla governance tutti gli interventi hanno sottolineato che l’attuale frammentazione è una delle cause del ritardo del settore acque meteoriche, la cenerentola dei servizi idrici, ma non sono state avanzate proposte concrete. Utilitalia ha sottolineato che il gestore del servizio idrico non può essere l’unico attore del drenaggio, per tanti motivi. Non esistono dati e cartografie su queste infrastrutture, le Soluzioni basate sulla natura (Nbs) devono stare dentro i piani regolatori dei comuni, ci sono le competenze dei consorzi di bonifica e delle Regioni. Insomma serve un mix ragionato ed efficace.
La Regione Emilia ha insistito sul necessario sforzo di adeguamento tecnologico di questo segmento del servizio idrico. Servono i gemelli digitali e l’intelligenza artificiale aiuta a “mimare” le situazioni in caso di crisi. Questa la base dello sviluppo futuro delle infrastrutture. Ma anche per questo servono risorse.
Occorrerebbe dunque un nuovo quadro giuridico, che metta in ordine i temi della governance e delle risorse, prima delle scadenze dei Piani integrati di gestione delle acque previsti dalla direttiva.