Difendere il clima per proteggere la nostra salute. Restare entro +1,5°C può evitare 207mila morti premature e danni economici per 2.269 miliardi di dollari al 2030
Proteggere il clima dal surriscaldamento indotto dalle emissioni antropiche, ovvero principalmente quelle legate all’impiego dei combustibili fossili, non è un freno per lo sviluppo economico ma un modo per risparmiare – in termini economici ma soprattutto in vite umane perse – oltre che per sostenere l’innovazione delle filiere produttive.
I ricercatori del Centro euromediterraneo sui cambiamenti climatici (Cmcc) hanno pubblicato il nuovo studio Beyond the limit: The estimated air pollution damages of overshooting the temperature target sulla prestigiosa rivista scientifica Science Advances, in cui si dimostra che perseguire politiche climatiche di neutralità carbonica (net-zero) ed evitare il superamento temporaneo del limite di 1,5°C di riscaldamento globale potrebbe prevenire 207.000 morti premature e evitare danni economici per 2.269 miliardi di dollari Usa entro il 2030, grazie al solo miglioramento della qualità dell’aria: si tratta di una cifra equivalente a circa il 2% del Pil mondiale del 2020.
«La ricerca – spiegano dal Cmcc – evidenzia che un’azione climatica ambiziosa non solo limita il riscaldamento globale, ma offre anche benefici immediati per la salute e l’economia, fornendo solide evidenze sull’importanza di politiche di mitigazione più stringenti a livello globale». Un’evidenza in più a dimostrare che le tentazioni europee di allentare la presa sul Green deal, in risposta alle sollecitazioni dell’estrema destra in arrivo dall’interno del Vecchio continente come anche dagli Stati Uniti a guida trumpiana, non sono affatto un modo per sostenere la crescita economica. Semmai il contrario.
«Questo lavoro dimostra, in modo completo e robusto, che puntare alla stabilizzazione a breve termine della temperatura globale è una scelta che vale la pena fare – argomenta Lara Aleluia Reis, ricercatrice del Cmcc – Non solo riduce i rischi climatici, ma porta anche importanti benefici per la salute, migliorando la qualità dell’aria».
Si tratta di un’argomentazione di particolare interesse per il nostro Paese, in cui l’esposizione all’inquinamento atmosferico è da primato europeo. Nonostante i progressi traguardati negli ultimi decenni, l’Agenzia europea dell’ambiente (Eea) documenta infatti come l’Italia svetti ancora in testa tra i Paesi più inquinati dell’Ue con 48.600 morti l’anno per inquinamento da Pm2.5, 13.600 decessi prematuri da O3 e 9.600 da NO2. E sono solo parte di quelli attribuibili alle nostre emissioni in atmosfera: il Climate risk index parla di 38mila morti in Italia da eventi meteo estremi dal 1993, ponendo l’Italia al quinto posto nella classifica globale, mentre sempre per la Eea i danni economici da eventi meteo estremi – resi più frequenti e intensi dalla crisi climatica in corso – ammontano a 135 miliardi di euro tra il 1980 e il 2023.