Fuori rotta. Il Vecchio Continente sempre più vecchio: l’Europa affonda il suo Green deal riducendo le politiche per il clima e le più forti economie del futuro nella competizione globale
Donald Trump, lo sanno anche i sassi, fa il Donald Trump di sempre e ha espulso gli Usa dalla prossima Conferenza delle Parti sul clima a Belem, in Amazzonia. Ma vedere la nostra Europa ridimensionare ogni sacrosanto obiettivo verso le “emnissioni zero” rendendo impossibile raggiungere i target tra 25 anni è deprimente, e delinea la deriva culturale prima che politica ed economica di un continente che va al rimorchio del tycoon e di quanti ancora si ostinano a considerare la battaglia per il clima e per la sostenibilità ambientale penalizzante per il sistema industriale europeo, e non invece la sua unica grande chance.
Il Consiglio europeo che chiede la «revisione» delle scelte precedenti senza scandalo e anzi tra gli applausi quasi generali, a partire dal nostro Governo; l’agonia della Commissione che continua a fari spenti a formulare ipotesi di mediazione sempre più al ribasso sull’abbattimento delle emissioni del 90% entro il 2040, rimettendo in discussione tutti i target climatici intermedi e quindi anche il traguardo al 2040, è uno spettacolo deprimente per tutti. La de-celerazione della decarbonizzazione in nome di un presunto «realismo» per far continuare a produrre nel continente automobili del secolo scorso che nessuno guiderà, lasciando la conversione all'elettrico nelle mani della Cina, è semplicemente folle.
Il Vecchio Continente appare sempre più vecchio se ancora discute se ammettere o meno i biocarburanti, ignorando e boicottando e cancellando gli obiettivi fissati per raggiungere emissioni nette zero entro il 2050 sostenendo la transizione green in nome del rilancio economico e dell’occupazione.
Tra Bruxelles e Strasburgo fanno la spola e la ola coi rappresentanti dei costruttori di vecchie automobili e di stravecchie produzioni ed economie, con un pressing per ridiscutere non solo le norme dell'Ue che vieteranno la vendita di auto con motore a combustione dal 2035, ma tutto ciò che sa di “sostenibilità ambientale” e di “adattamento climatico”, in nome di una “flessibilità” che si trasformerà, come ha ben spiegato con dati e cifre e proiezioni economiche Mario Draghi nel suo Piano Marshall per l’Europa smarrita, nell’errore fatale dello stop a economie che il Green deal aveva indicato e lanciato.
Non arrivare al 90% in meno di emissioni è l’autogol, la scelta miope, il cambio di rotta della transizione non solo verso mobilità elettrica ma per l’adattamento al nuovo clima che produce collassi per la quantità di eventi estremi sui territori europei, problemi volutamente e completamente ignorati, anche dai sindacati, che spingono nella difesa di un settore automobilistico che anche i consumatori indicano come obsoleto.
La verità, molto amara, è nel cedimento ai negazionisti climatici che si fregano le mani per come l’Europa snobba le energie rinnovabili e ogni sviluppo tecnologico e industriale, bombardando il Green deal europeo e sognando di poter salvare l’economia e la competitività del continente tornando ad un passato che non c’è più. Tante nostre industrie sono naturalmente spinte verso le transizioni tecnologiche e climatica, innovano, investono nei prodotti e nei settori più dinamici e competitivi. Invece di combattere battaglie di retroguardia l’Unione, mai come oggi così vistosamente esausta e all’angolo, dovrebbe affidare la ripresa e lo sviluppo soprattutto alla prevenzione di rischi peggiori delle guerre e all’adattamento, per ridurre l’impatto catastrofale del riscaldamento globale su aree urbane, agricole, la salute, le infrastrutture, sull’ambiente.
Questo oggi va messo al primo posto. La transizione green produce enormi vantaggi tecnologici, competitivi, politiche industriali, energetiche e ambientali che possono rendere l’Europa indipendente riducendo la dipendenza dalle fonti fossili abbassando i costi delle bollette oggi alle stelle; occorre rilanciare un nuovo grande piano di investimenti comuni, un nuovo Next Generation Eu per l’autonomia strategica con lo sguardo lungo della conversione ecologica, ricerca e innovazione digitale, la vera difesa economica comune, con la manifattura italiana storico faro di innovazione.
In nome dei padri fondatori dell’Europa, e nello spirito del Trattato, in un mondo di conflitti e invasioni barbariche, per difendere gli ideali fondativi europei ci sarebbe bisogno di una Europa che faccia l’Europa scommettendo sul futuro.