Siamo meno soli di quanto pensiamo. Su clima e sostenibilità, la maggioranza silenziosa è già pronta per un cambiamento sociale su vasta scala: l’informazione è la chiave di volta
Le società occidentali vengono spesso descritte come crescentemente frammentate. Questa rappresentazione, realistica sotto molti aspetti, nasconde il fatto che una larghissima maggioranza converge su alcune questioni chiave riguardanti il tipo di economia e società che dovremmo sviluppare. Nel 2019 è stato condotto un sondaggio internazionale chiedendo quale dei due seguenti scenari futuri siano più desiderabili per il 2040. Uno scenario competitivo, che pone l'accento sull'individuo, sulla generazione di ricchezza e sui progressi tecnologici. Oppure uno scenario sostenibile: una società più verde e armoniosa, dove l'accento è posto sulla cooperazione, sulla comunità e sulla famiglia.[1]
L’indagine mostra che una robustissima maggioranza (intorno al 90%) in ogni Paese concorda che è preferibile uno scenario sostenibile. Questa ricerca mostra anche che esiste una vasta maggioranza che concorda sul fatto che non avremo il futuro che auspichiamo. Infatti, quando si chiede alla gente se per il 2040 si aspettano uno scenario di crisi o uno positivo, da un minimo del 60% (in Israele) a un massimo del 71% (in Italia), concorda che è più probabile la crisi. Insomma, una vasta maggioranza in ogni Paese è d’accordo su dove dovremmo andare e anche sul fatto che non ci andremo.
Dati di questo genere rappresentano plasticamente la percezione di impotenza collettiva che dilaga nelle società avanzate. Ci sentiamo collettivamente impotenti a prendere la direzione che vorremmo. Ciò che frena un cambiamento radicale non è la mancanza di consenso ma la percezione di impotenza collettiva. Da dove arriva tale percezione? In parte essa è spiegata dalla profonda crisi della fiducia nei nostri sistemi politici, la forma più importante di azione collettiva istituzionalizzata.
Ma un’altra ragione importantissima ce la suggerisce un'altra ricerca, anche questa con risultati clamorosi. Si tratta di un sondaggio in 125 paesi che rappresentano il 96% delle emissioni di carbonio mondiali, da cui emerge che l'89% delle persone nel mondo vorrebbe che i propri governi nazionali facessero di più per combattere il riscaldamento globale. Il punto cruciale è che gli intervistati pensano che solo una minoranza sia disposta a fare lo stesso, il 43%. Insomma, le persone sottostimano fortemente la misura in cui le loro opinioni sulla necessità di un cambiamento sono condivise.[2]
Che cosa accadrebbe se tutta questa gente divenisse cosciente di essere una larga maggioranza? La risposta, mostrata da un esperimento condotto negli Stati Uniti, è che i loro sforzi di partecipazione si moltiplicherebbero.[3]
L’esperimento in questione è costituito da due fasi distinte. Nella prima a ciascuno dei componenti di un campione di persone sono stati dati 450 dollari. Ad ognuno è stato chiesto di decidere quanto di tale somma dare a un ente benefico che riduce le emissioni di carbonio e quanto tenere per sé. In media, le persone hanno donato circa la metà del denaro e hanno tenuto il resto.
Gli è stato inoltre chiesto di stimare la percentuale dei propri concittadini che ritengono necessario un maggior impegno contro il cambiamento climatico. La stima media espressa dal campione è stata pari al 61%. Un valore ampiamento sottostimato visto che la vera percentuale era il 79%.
A questo punto è stato condotta la seconda fase dell’esperimento, del tutto identica alla prima tranne un particolare: i partecipanti sono stati preventivamente informati della vera percentuale (79%) di concittadini che vogliono più impegno contro il cambiamento climatico. In seguito a questa informazione sono aumentati in media di 16 dollari le donazioni agli enti benefici che riducono le emissioni di carbonio. In altre parole, essere informati sulla vastità del sostegno alle politiche climatiche ha avuto un sostanziale effetto di propulsione di tale sostegno.
La conclusione dello studio è che esiste un potenziale enorme per un movimento contro il cambiamento climatico. La gente è meno coinvolta di quello che potrebbe essere perché intrappolata in una spirale di silenzio in cui prevale il senso di solitudine, di rassegnazione e di impotenza.
Ovviamente non vale solo per il cambiamento climatico ma anche per l’alternativa tra gli scenari sostenibile o competitivo prima menzionata. Una maggioranza vorrebbe un cambiamento che non pensa di poter ottenere, perché pensa di essere in minoranza.
La conclusione è che l’attuale sistema, che sembra immutabile è in realtà molto fragile. La percezione rassegnata di un sistema inamovibile dipende semplicemente da convinzioni sbagliate. La radice della passività politica è nel senso di isolamento di una vasta maggioranza.
È questo che rende il sistema dominante esposto alla possibilità di un profondo cambiamento verso un sistema più sostenibile ambientalmente, socialmente e umanamente. Certo, ci sono molti meccanismi nelle nostre società, dai social media al sistema politico, che finiscono per dare l’impressione di società frammentate, impossibili da indirizzare verso obiettivi condivisi.
Invece il sistema è vulnerabile. È appeso al filo sottile del senso di solitudine di una larga maggioranza che pensa di essere una larga minoranza. È un filo che si può rompere, anche per motivi casuali, una crisi, un film, un libro. E a quel punto il senso di impotenza collettiva si trasformerebbe in una potente spinta al cambiamento. La spirale di silenzio si trasformerebbe in una spirale di rumore.
[1][1] Krafft, A. M., Guse, T., & Slezackova, A. (2023). Hope across cultures: Lessons from the international hope barometer (p. 416). Springer Nature.
[2] Andre, P., Boneva, T., Chopra, F., & Falk, A. (2024). Globally representative evidence on the actual and perceived support for climate action. Nature Climate Change, 14(3), 253-259.
[3] Andre, P., Boneva, T., Chopra, F., & Falk, A. (2024). Misperceived social norms and willingness to act against climate change. Review of Economics and Statistics, 1-46.