La Russia nella trappola dei combustibili fossili. La via maestra per ridurre le guerre sono le politiche di sostenibilità ambientale e sociale
Le guerre generano effetti negativi sulle dimensioni di sostenibilità: causano aumenti repentini delle emissioni (causando possibili fenomeni di emission overshooting[1]) e drastiche perdite di capitale umano e tecnologico, nei Paesi offesi ma anche in quelli che ‘attaccano’. Il contesto non diventa favorevole né per chi investe né per i residenti: si vedano nel merito le fughe di cervelli da Russia e Israele, commentate recentemente da vari media e statistiche[2].
Il Pil di breve periodo può sì aumentare causa aumenti di spesa pubblica militare nelle guerre. Tuttavia, il problema sta a monte: sono le fondamenta fragili della sostenibilità che spesso generano conflitti locali e internazionali, in un tragico circolo vizioso: deficit su strategie di sostenibilità portano a impatti negativi sulle transizioni di sostenibilità, in una pericolosa spirale dinamica e spaziale.
L’applicazione delle (concettualmente semplici) regole di sostenibilità ridurrebbe i conflitti, in quanto creerebbe sistemi sociali ed economici più stabili, densi di capitale umano, sociale, innovativo. Un sistema in sviluppo e progresso si associa a minori disequilibri, interni ed esterni, e dunque ha minore bisogno di generare conflitti per trovare ‘vie di fuga’ economiche e politiche.
Soprattutto in Paesi ad alta intensità di combustibili fossili, l’applicazione di regole di sostenibilità creerebbe le basi per nuovi assetti di sviluppo di conoscenza e decarbonizzazione (low carbon knowledge based economy). Nel merito, la nota ‘regola di Hartwick’ suggerisce che (tutte) le rendite derivanti da risorse non rinnovabili dovrebbero essere investite in capitale tecnologico e umano, per mantenere un consumo e un benessere costanti per le generazioni future[3].
Ad esempio, i fondi sovrani sono uno strumento rilevante di geopolitica e sostenibilità[4]. Tali fondi sono connessi a paesi ricchi di fossili e a paesi che sperimentano avanzi commerciali da reinvestire. Il fondo sovrano norvegese[5] è uno dei più famosi, nato negli anni ‘90 al fine di reinvestire le rendite fossili in altri settori e dimensioni. In tale modo la transizione si attua, con l’importante reinvestimento (in asset non fossili) di fossil fuel rents/profits (We work to safeguard and build financial wealth for future generations, è il motto nella pagina iniziale del sito del fondo sovrano).
Il fondo sovrano della Russia è al 14esimo posto. L’utilizzo del fondo sovrano russo per strategie di sostenibilità (investimenti in R&D, capitale umano) creerebbe sviluppo umano ed economico in Russia, uno sviluppo di lungo periodo meno basato sul corto respiro delle rendite fossili, uno sviluppo economico che porterebbe equilibrio interno e nella regione, riducendo via via la necessità di attuare sforzi bellici a fini politici ed economici.
Al momento la situazione macroeconomica è invece molto fragile e instabile. L’indicatore R&D su Pil è molto basso, 0,95% (mentre la Cina supera di poco il 2,3% medio europeo dal 2022). Il Pil 2025 cresce in Russia dello 0,9%, con inflazione 8% (solo Turchia, Argentina ed Egitto presentano un’inflazione più elevata tra i Paesi a medio alto reddito). Gli interessi dei bond del tesoro a 10 anni sono quasi al 15% (ancora, solo Turchia e Argentina presentano livelli più elevati). Anche il saldo delle partite correnti (in larga parte trainato dai fossili) è positivo ma solo all’1,8% del Pil (altri saldi positivi con l’estero sono in Europa 3,3%, Cina 2%, Giappone 4%, Norvegia 13%, Hong Kong 11%, Taiwan 15%).
Ad oggi un cambio di strategia politica, economica, militare pare purtroppo non vicino. Lo sforzo bellico può diventare l’unica via per stabilizzare il consenso sociale, sfruttando le rendite fossili, ma non per investimenti pro-sviluppo.
Rimane vero che la stabilità e il progresso economico di Russia, Europa e del mondo intero dipende dall’applicazione di note strategie di sostenibilità: reinvestire i combustibili fossili in ricerca e conoscenza. Non sono solo parole, ma l’unica via per aumentare il Pil pro capite nel lungo periodo e generare sviluppo umano, quindi stabilità interna ed esterna. Tra l’altro, i prezzi dei combustibili fossili caleranno via via che la transizione ecologica si affermerà, in primis per calo della domanda, con un ruolo primario svolto attualmente dalla Cina come attore globale nel campo delle rinnovabili.[6]
La Russia e gli altri paesi ricchi di combustibili fossili sono di fronte a questo bivio: o continuare in una spirale di non sostenibilità ambientale e sociale e guerre, o virare verso dinamiche dove la decarbonizzazione si coniuga con stabilità economico-politica e progresso. Se attivato, è un percorso win win: lo sviluppo interno genera stabilità interna ed esterna, e di conseguenza altro sviluppo umano a livello globale.
[1] https://www.cmcc.it/lectures_conferences/iamc-webinar-futures-of-overshoot-implications-for-climate-pathways-and-mitigation-strategies
[2] https://ilmanifesto.it/la-grande-emigrazione-di-israele
[3] Intergenerational Equity and the Investing of Rents from Exhaustible Resources
The American Economic Review, Vol. 67, No. 5 (Dec., 1977), pp. 972-974 (3 pages)
On the Intergenerational Allocation of Natural Resources
The Scandinavian Journal of Economics, Vol. 88, No. 1, Growth and Distribution: Intergenerational Problems (Mar., 1986), pp. 141-149 (9 pages)
[4] https://en.wikipedia.org/wiki/List_of_sovereign_wealth_funds_by_country
[6] https://www.economist.com/special-report/2025/11/03/the-worlds-renewable-energy-superpower