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Dopo 12 anni dal collaudo, in Sardegna via libera all’uso di acque reflue depurate in agricoltura

Vincenzi: «L’immissione nel nordovest della Sardegna, colpito da grave siccità, è paradigmatica delle tante problematiche, che gravano sulla gestione delle risorse idriche»
 |  Acqua

La crisi climatica in corso sta aggravando la siccità in Sardegna, una Regione incomprensibilmente sulle barricate contro i nuovi impianti rinnovabili – che rappresentano una soluzione imprescindibile per sostituire le fonti fossili, con le relative emissioni di gas serra che surriscaldano il pianeta – e dove è stato necessario attendere quasi tre lustri per dare il via libera all’impiego di acque reflue depurate nei campi assetati.

A darne notizia è direttamente l’associazione nazionale che riunisce i Consorzi di bonifica (Anbi), sottolineando come l'infrastruttura che collega il depuratore di Caniga al canale adduttore consortile fosse attesa da anni, pronta e collaudata fin dal 2013, ma finora mai entrata in funzione a causa del mancato rilascio delle necessarie autorizzazioni per l'utilizzo agricolo dei reflui: solo ora, in piena emergenza idrica e con le aziende agricole della Nurra in crisi idrica, è arrivato il via libera.

«Si può fare, ma quanta fatica – commenta il presidente dell’Anbi, Francesco Vincenzi – Pur essendo un'opera di indubbio significato e del cui avvio ringraziamo, l'immissione delle acque reflue dal depuratore di Sassari a servizio dell'agricoltura del nordovest della Sardegna, colpito da grave siccità, è paradigmatica delle tante problematiche, che gravano sulla gestione delle risorse idriche». Sulla stessa linea Gavino Zirattu, presidente del Consorzio di bonifica della Nurra e di Anbi Sardegna, che parla di «un'opera strategica, che può dare una mano importante al comparto agricolo locale; se la sua attivazione fosse però stata tempestiva e puntuale, oggi non ci troveremmo in una situazione d'emergenza».

Costruita a partire dal 2006 con un investimento di quasi 13 milioni di euro finanziati dall'allora Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, la condotta collega il depuratore di Caniga al canale adduttore del Consorzio di bonifica della Nurra e nasceva con un obbiettivo ambizioso: portare annualmente fino a 18 milioni di metri cubi di acque reflue depurate nel bacino del Cuga, miscelandole con le acque piovane per l'irrigazione agricola.

«La vicenda sarda – conclude il dg dell’Anbi, Massimo Gargano – è esemplare dei cronici ritardi nel nostro Paese. Sull'utilizzo delle acque reflue in agricoltura è in atto un serrato confronto a livello nazionale, accompagnato da alcune sperimentazioni con primarie aziende del ciclo idrico integrato. Al centro c'è uno dei maggiori patrimoni idrici del Paese: quasi 9 miliardi di metri cubi all'anno, di cui però solo la metà è realisticamente utilizzabile in tempi celeri a causa della frammentazione operativa del settore della depurazione, che impedisce una qualità omogenea sul territorio nazionale».

Da una parte c’è il fatto che il comparto agricolo richiede troppa acqua: 17 miliardi di metri cubi in media all’anno. Dall’altra, appena il 4,6% dei terreni irrigati utilizza acque reflue depurate.

Redazione Greenreport

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