Guerra, migranti e clima al centro del Consiglio europeo, ma Meloni va a chiedere di rivedere lo stop alle auto inquinanti
La tempesta Benjamin sta colpendo la Svizzera, la Francia e anche il Belgio. Gli scienziati spiegano che i cambiamenti climatici stanno intensificando queste «bombe meteorologiche», ma evidentemente a qualche politico atterrato a Bruxelles e subito andatosi a riparare al chiuso del Palazzo Europa ancora non è chiaro. Qui si sta tenendo l’attesa riunione del Consiglio europeo, un appuntamento atteso da tempo perché prevede all’ordine del giorno una serie di temi molto importanti: il sostegno da garantire all’Ucraina, le sanzioni contro la Russia, gli sviluppi della situazione in Medio Oriente, gli impegni per il settore difesa, le politiche migratorie e quelle per la competitività europea.
In attesa di sapere come andranno le riunioni tra capi di Stato e di governo che proseguiranno fino a sera, alcune cose sono già chiare. La prima: i Paesi dell’Ue hanno adottato formalmente un nuovo pacchetto (il diciannovesimo) di sanzioni contro la Russia, che include tra l’altro il divieto di importazione di gas naturale liquefatto da Mosca. La seconda: Ue ed Egitto ha siglato un’intesa «a cooperare in materia di rimpatri, riammissioni e reinserimento sostenibile in modo dignitoso, coordinato e conforme agli obblighi nazionali e internazionali». Una terza questione non è chiaro come andrà a finire, ma intanto è chiaro che l’Ucraina chiede maggiore serietà all’Europa. Volodymyr Zelensky, parlando in apertura della sessione sul sostegno al suo Paese, ha detto: «Da oltre 6 mesi i progressi sui cluster nei negoziati di adesione dell’Ucraina all’Ue sono bloccati. Questo non è giusto e non fa bene all’Europa. L’Ucraina ha fatto tutto il necessario per riaprire i cluster in tempo. Il blocco è artificiale e dobbiamo trovare un modo per andare avanti. L’allargamento dell’Ue significa maggiore stabilità in Europa. L’allargamento dell’Ue fa anche parte della nostra difesa comune, parte della sicurezza geopolitica dell’Europa. Vi esorto a trovare un modo affinché l’Ue mantenga le sue promesse, proprio come l’Ucraina sta mantenendo le sue».
E poi c’è una quarta questione che bisognerà vedere come andrà a finire, ma che intanto non sta offrendo un bello spettacolo. Si tratta dell’impegno dell’Ue a ridurre le emissioni di gas serra nei prossimi anni secondo target ben precisi e di quello, a questo collegato, di decarbonizzare progressivamente il settore dei trasporti. La Commissione Ue ha proposto di ridurre del 90% le emissioni di CO2 entro il 2040 «con flessibilità», ma né finora i governi dei 27 hanno trovato un accordo sul target rimandando ogni decisione al vertice di oggi, né è chiaro fin dove possa spingersi questa flessibilità. Quanto al settore automotive, poi, si stanno moltiplicando le pressioni su Bruxelles a rivedere lo stop alla vendita ai veicoli alimentati a benzina e gasolio nel 2035. Con l’Italia in prima fila su questo fronte, insieme alla Germania.
La premier Giorgia Meloni, informa una nota di Palazzo Chigi, ha incontrato la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, per un colloquio sui temi della competitività e della transizione. La nota dice che Meloni «ha inoltre ribadito la necessità di urgenti provvedimenti a sostegno del settore automobilistico e delle industrie ad alto consumo energetico, in particolare sul fronte della riduzione dei prezzi dell’elettricità», ma non è difficile immaginare che la premier abbia ribadito quello che ha detto ieri in Parlamento contro il Green deal e le misure per contrastare la crisi climatica. Del resto, lo ha detto in chiaro anche il ministro degli Esteri Antonio Tajani, anch’egli a Bruxelles, che le normative europee per il clima «non possono distruggere l’industria» e dunque il regolamento sulle emissioni delle auto va cambiato, perché se resta così com’è «nel 2035 rischia di far perdere 70.000 posti di lavoro in Italia».
Von der Leyen, in vista del Consiglio europeo di oggi, ha pronunciato un intervento tutto teso a mostrare le opportunità offerte dal settore dell’energia pulita, a ribadire che l’Europa può entrare in una fase di sicurezza energetica solo se si affranca dalla dipendenza dei combustibili fossili d’importazione, a sottolineare che «l’Europa è un leader globale nell’innovazione pulita» e a non temere le sfide che la modernità ci sta mettendo di fronte. Le pressioni da parte dei governi conservatori però continuano.
Pressioni che vengono duramente criticate dalla galassia ambientalista. «La richiesta congiunta dei governi italiano e tedesco alla Commissione europea, affinché sia rivista la normativa sulla riduzione delle emissioni per auto e van, rappresenta un atto inedito, per forza e gravità, mirato a smantellare il Green Deal», viene denunciato in una lettera appello lanciata in occasione del Consiglio europeo e firmata da Campagna Sbilanciamoci!, Cgil Piemonte, Greenpeace, Kyoto Club, Legambiente, Transport&Environment Italia e Wwf Italia. «La cosiddetta neutralità tecnologica tanto sbandierata dal governo Meloni e ora anche dall’esecutivo tedesco - si legge nell’appello - è una formula sempre più vuota. Dietro questo principio si nasconde il tentativo di mantenere artificialmente in vita tecnologie obsolete - motori endotermici, idrocarburi, biofuel - e rendite di posizione che i mercati globali e i processi di innovazione stanno già superando». E sulla crisi occupazionale dell’automotive in Italia a cui ha fatto riferimento anche il ministro Tajani, si dice che «è il risultato di decenni di politiche miopi e di mancanza di strategie industriali», non di misure volte a decarbonizzare il settore. Per le organizzazioni firmatarie mantenere gli attuali obiettivi della normativa sulla riduzione delle emissioni per auto e van «è la condizione sia per tutelare il lavoro che già esiste, sia per creare nuova occupazione stabile, fondata sui diritti». Per questo, si legge nella conclusione della lettera-appello – «chiediamo alle istituzioni di Bruxelles e ai governi dei Paesi della Ue di respingere questa deriva e di confermare con forza l’impegno per la transizione ecologica e industriale dell’Europa».