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Il sudest asiatico è colpito da un’ondata di alluvioni senza precedenti

Sri Lanka, Indonesia, Thailandia, Malaysia e Vietnam sono stati investiti da una combinazione catastrofica di cicloni (Ditwah e Senyar) e un monsone nord-orientale anomalo
 |  Crisi climatica e adattamento

L’Asia sudorientale sta vivendo una stagione di devastazione senza precedenti, segnata da precipitazioni estreme e alluvioni catastrofiche, con conseguenze umanitarie che continuano a peggiorare giorno dopo giorno. A lanciare l’allarme sono state diverse agenzie delle Nazioni Unite, che hanno descritto un quadro drammatico, con milioni di persone colpite da eventi meteorologici eccezionali e un bilancio delle vittime già nell’ordine delle centinaia.

Secondo la World Meteorological Organization (WMO), Indonesia, Filippine, Sri Lanka, Thailandia e Vietnam sono tra i Paesi più colpiti da una combinazione di piogge monsoniche e attività ciclonica particolarmente intensa.[1] “L’Asia è estremamente vulnerabile alle alluvioni”, ha ricordato la portavoce della WMO Clare Nullis, spiegando che questo tipo di eventi rappresenta costantemente il principale pericolo climatico nella regione. Ma ciò che sta accadendo negli ultimi mesi supera quanto osservato negli anni recenti, sia per frequenza che per intensità.[2]

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Tra gli episodi più sorprendenti segnalati dalla WMO c’è il ciclone Senyar, che ha scaricato piogge torrenziali su Indonesia, Malaysia e Thailandia meridionale. Eventi di questo tipo sono rari in aree così vicine all’Equatore, e proprio per questo risultano particolarmente devastanti: le comunità locali, poco abituate a questo fenomeno, non dispongono spesso della capacità di risposta necessaria. Nel sud della Thailandia le inondazioni hanno colpito 12 province, causando 185 morti e coinvolgendo oltre 4 milioni di persone. In Malaysia, otto stati sono stati alluvionati e 37.000 persone evacuate. Altresì, il supertifone Fung-wong ha colpito le Filippine e oltre 5 milioni di persone, tra cui 1,7 milioni di bambini, con venti fino a 185 km/h.[3]

La frequenza crescente dei supertifoni nelle Filippine compromette la capacità di pianificazione statale e accresce la dipendenza dagli aiuti internazionali. La drammaticità della situazione raggiunge il picco con la sola Indonesia che ha registrato, secondo i dati forniti martedì dall’Agenzia nazionale per i disastri, 604 vittime, 464 dispersi e 2.600 feriti, mentre 1,5 milioni di persone risultano colpite e oltre 570.000 sfollate. Tra il 22 e il 25 novembre, piogge torrenziali hanno devastato l’Indonesia, in particolare Aceh, Sumatra Occidentale e Sumatra Settentrionale, provocando 830 morti, 500 dispersi e 880.000 sfollati. La risposta è stata ostacolata da strade crollate e frane, evidenziando vulnerabilità operative e logistico-militari.

Situazione drammatica anche in Vietnam, flagellato da settimane di precipitazioni senza tregua. In una stazione meteorologica del Paese, a fine ottobre è stato registrato un valore di 1.739 millimetri di pioggia in 24 ore, il secondo più alto mai misurato al mondo. Un dato eccezionale che la WMO sta attualmente verificando tramite il proprio comitato per gli eventi estremi. Inondazioni di questa portata hanno colpito duramente città storiche, aree turistiche e infrastrutture, aggravando una crisi che rischia di peggiorare ulteriormente.

In Sri Lanka, il ciclone Ditwah ha lasciato dietro di sé una situazione definita da UNICEF “una crisi umanitaria in rapido movimento”. Sono 1,4 milioni le persone colpite, tra cui 275.000 bambini. Strade impraticabili, comunicazioni interrotte e servizi essenziali fuori uso complicano ulteriormente i soccorsi.[4] “Le famiglie sono stipate in rifugi sovraffollati e insicuri, mentre i sistemi idrici danneggiati aumentano il rischio di epidemie”, ha avvertito il portavoce di UNICEF Ricardo Pires, lanciando un appello urgente per nuovi fondi e supporto internazionale. Il ciclone Ditwah ha causato inondazioni e frane nelle province montuose dello Sri Lanka (vedi Kandy, Nuwara Eliya e Badulla), mentre aree urbane come Gampaha e la periferia di Colombo sono state sommerse.[5] Dunque, è stato osservato che tra il 17 novembre e il 3 dicembre, Sri Lanka, Indonesia, Thailandia, Malaysia e Vietnam sono stati investiti da una combinazione catastrofica di cicloni (Ditwah e Senyar) e un monsone nord-orientale anomalo. L’impatto cumulativo ha conseguenze strategiche: blackout diffusi, reti stradali interrotte, porti allagati e sistemi sanitari sovraccarichi aumentano la vulnerabilità degli Stati agli shock esterni.[6]

Dal mese di giugno, il Pakistan è stato investito da piogge monsoniche eccezionalmente intense, che hanno ucciso quasi 1.000 persone e colpito oltre sei milioni di abitanti. Le regioni settentrionali, tra cui il distretto di Buner, hanno subito flash flood improvvisi e frane che hanno distrutto interi villaggi come Bishnoi. La distruzione estesa delle infrastrutture, specialmente nel Punjab, rappresenta un rischio diretto per la sicurezza nazionale, ostacolando la capacità dello Stato di garantire servizi essenziali e protezione alla popolazione.[7]

Secondo la WMO, il filo conduttore che lega tutti questi eventi estremi è l’aumento delle temperature globali.[8] “Un’atmosfera più calda contiene più umidità: è legge fisica”, ha ricordato Nullis. Il risultato è l’incremento di precipitazioni violente e improvvise, una tendenza destinata a intensificarsi nel futuro prossimo. Alla luce dell’ampiezza degli impatti e della pressione crescente sulle infrastrutture critiche, il cambiamento climatico è oggi una vera questione di sicurezza nazionale. La distruzione delle reti di trasporto, la perdita di terreni abitabili, l’instabilità alimentare e idrica e le migrazioni forzate stanno mettendo a rischio la stabilità politica e istituzionale di numerosi Paesi asiatici. Le piccole isole del Pacifico hanno un problema di sopravvivenza statale. Per esempio, l’atollo di Sikaiana (Isole Solomon) è sempre più minacciato dall’innalzamento delle maree, che compromette acqua potabile, agricoltura e abitabilità.[9] Qui, il cambiamento climatico non è solo una crisi ambientale: è un fattore che può erodere sovranità, confini marittimi e persino l’esistenza stessa dello Stato. Quindi dalle catene montuose del Pakistan alle isole del Pacifico, la lezione è chiara: la sicurezza climatica e la sicurezza nazionale sono ormai inseparabili. Gli Stati devono integrare il rischio climatico nella difesa, nelle infrastrutture strategiche, nella protezione civile e nella politica estera.

In questo contesto, assume piena rilevanza l’impegno delle Nazioni Unite. Il Segretario generale dell’ONU António Guterres ha espresso “profonda tristezza” per le vittime e ha assicurato che le Nazioni Unite sono in contatto costante con i governi dei Paesi colpiti, pronte a fornire supporto immediato nelle operazioni di soccorso e assistenza.[10] Gli eventi delle ultime settimane rappresentano un nuovo, durissimo campanello d’allarme: il cambiamento climatico non è una minaccia futura, ma una crisi già in atto che sta colpendo in modo sempre più violento comunità vulnerabili. Di fronte a scenari meteorologici senza precedenti, la necessità di rafforzare prevenzione, adattamento e capacità di risposta non è mai stata così urgente.

[1] https://vietnamnews.vn/society/1731004/viet-nam-among-countries-hit-hardest-by-monsoon-rains-wmo.html

[2] https://repository.unescap.org/server/api/core/bitstreams/e55f8a9e-2e7a-414e-8e2e-4eb004248335/content

[3] www.unicef.org/press-releases/over-17-million-children-live-areas-affected-strongest-typhoon-hit-philippines-year

[4] https://reliefweb.int/report/sri-lanka/sri-lanka-tropical-cyclone-ditwah-flash-update-2-30-november-6-pm-local-time

[5] https://news.un.org/en/story/2025/12/1166671

[6] www.who.int/news/item/14-11-2025-who-and-brazil-urge-swift-action-on-bel-m-health-action-plan-at-cop30

[7] www.unocha.org/publications/report/pakistan/pakistan-flood-situation-overview-6-october-2025

[8] https://circulareconomyletstalk.it/wmo-cambiamento-climatico-in-rapida-crescita/

[9] Nel 2022, il governo delle Isole Salomone, con il supporto dell'Organizzazione internazionale per le migrazioni (IOM), ha lanciato le Linee guida per il trasferimento pianificato, un quadro per gestire il trasferimento delle comunità dalle aree ad alto rischio come ultima risorsa.

[10] www.un.org/sg/en/content/sg/press-events/2025-11-20/secretary-generals-press-conference-cop30

Giuseppe Poderati

Giuseppe Poderati è professore di Lingua e Cultura Italiana presso la Hubei University of Economics in Cina con focus su eco-linguismo. Laureato con lode in Giurisprudenza presso l’Università LUMSA, ha arricchito il suo percorso formativo partecipando a un programma di scambio internazionale presso la SUNY - State University of New York e il Center for Italian Studies. Giuseppe ha proseguito gli studi con corsi post-laurea in Business Internazionale, Politiche Pubbliche nell’Euro-Mediterraneo, ASEAN e Diritto Internazionale e Comparato, frequentando prestigiose istituzioni come il Graduate Institute di Ginevra e la National University of Singapore. Durante la sua carriera accademica, è stato visiting scholar presso il Max Planck Institute e l’Università di Palermo. Autore di numerosi articoli scientifici, Giuseppe ha completato un dottorato di ricerca in Diritto Ambientale presso la Wuhan University, consolidando il suo profilo di studioso internazionale e collaborando con altre università e organizzazioni.