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E se da 25 anni il numero di abitanti è stabile è solo grazie al contributo dell'immigrazione

Ecco il primo Atlante dell'Appennino, la spina dorsale del Paese che non t'aspetti

Qui viene prodotto il 14% del valore aggiunto italiano insieme al 51% delle Dop e Igp, e al contempo non ha eguali a livello continentale la percentuale di superficie tutelata da aree protette
 |  Green economy

Tutti sanno che l'Appennino è la catena montuosa che percorre l’Italia da nord a sud, la spina dorsale del Paese. Ma in quanti hanno idea del fatto che si estende su una superficie maggiore rispetto a quella di interi stati come Portogallo, Austria o Ungheria, e che lungo i suoi crinali e le sue valli boscose vene prodotto il 14% del valore aggiunto nazionale, pari in un anno a 202,9 miliardi di euro? Probabilmente non molti. Ecco perché l’Atlante dell'Appennino appena realizzato dalla Fondazione Symbola – e promosso dai Parchi nazionali delle Foreste Casentinesi, Monte Falterona e Campigna e dell'Appennino Tosco-Emiliano – può essere un’importante occasione per mettere a fuoco questa fetta così importante e trasversale d’Italia.

Con una superficie di 94.375 chilometri quadrati, il 31% di quella nazionale, sull’Appenino vivono 10,4 milioni di abitanti, il 17% della popolazione italiana (e se oggi il numero è rimasto lo stesso di 25 anni fa è solo grazie al contributo di 663mila immigrati), e in queste montagne non ha eguali a livello continentale la percentuale di superficie tutelata da aree protette: ben il 16,1% (10,4% grazie a 12 Parchi nazionali e 5,7% per il contributo di ben 36 Parchi regionali), che arriva al 30% se consideriamo anche i 993 Siti di Rete Natura 2000.

Il 39,3% del territorio dell'Appennino è inoltre coperto da boschi: si tratta di un’area di 3,7 milioni di ettari, che rappresenta la forma più significativa di uso del suolo, e anche quella con la maggior dinamica di espansione (+40,8% tra il 1960 e il 1990, +1,5% tra il 1990 e il 2012).

Ma non ci sono “solo” boschi: l'Appennino rappresenta infatti una parte importante del tessuto produttivo nazionale,  dalla carta di Fabriano alla ceramica (quella umbra, quella di Castelli o di Reggio Calabria), dal tessile (quello di Macerata, la maglieria del perugino, il panno del Casentino o il merletto a tombolo di Isernia) alla concia e lavorazione delle pelli di Tolentino alla gioielleria del distretto di Arezzo fino all’agroalimentare, che sia il prosciutto di Parma del distretto di Langhirano o i formaggi di Agnone (IS). Ma solo grazie all’Altante di Symbola è stata quantificata per la prima volta la ricchezza prodotta sull'Appennino.

Una ricchezza che ha molto a che fare con la qualità dei prodotti. Nell’ambito dell’agroalimentare le 149 denominazioni Dop e Igp appenniniche (il 51% sulle 294 totali in Italia) hanno una produzione di 207 mila tonnellate certificate per un valore alla produzione stimato intorno ai 1,2 miliardi di euro; quanto alle produzioni vinicole, invece, ricadono nel sistema appenninico 197 denominazioni Dop e Igp (il 37% sulle 526 complessive in Italia), con un valore alla produzione dell’imbottigliato stimato in circa 820 milioni di euro. È chiaro perciò che quando si sottolinea l’importanza che le filiere produttive certificate hanno per i territori del Paese e dell'Appennino, non si ragiona solo in ottica di tutela e tradizione, ma si parla di produzioni made in Italy dalla forte valenza economica e sociale; è però vero, al contempo, che la distribuzione di questo valore economico non è distribuito uniformemente lungo la catena montuosa, ma il valore della produzione legato a Dop e Igp è concentrato soprattutto nell'Appennino settentrionale (quasi i due terzi del valore complessivo, 65% del totale), poiché in quest’area ricade il maggior numero di filiere e – soprattutto – si concentrano quelle con più alto valore produttivo, mentre il resto si ripartisce, nell’ordine, fra Appennino centrale (16%), Appennino meridionale (10%) e Appennino calabro-siculo (9%).

Dalla percezione che dell'Appennino si ha sul web – analizzata attraverso l’analisi di due milioni e mezzo di post (da Twitter soprattutto, poi dalle news online, dai forum, da Facebook, dai blog) pubblicati in 13 mesi – emergono invece soprattutto gli aspetti ludici (escursioni, sport, eventi) e paesaggistici (meno quelli naturalistici). Un dato di per sé non negativo, ma che permette di rilevare un aspetto da potenziare dell’offerta turistica appenninica: un’offerta però – si rileva nell’Atlante – che non riesce a valorizzare e a rendere memorabili e degne di un post su Facebook le proprie ricchezze naturali.

«Un quadro di opportunità – commenta Domenico Sturabotti, direttore della Fondazione Symbola, che ha presentato i lavori dell’Atlante – che oggi possono essere colte più facilmente ed efficacemente grazie alla recente approvazione della legge per il sostegno e la valorizzazione dei piccoli comuni e alla emanazione del nuovo testo unico forestale».

Redazione Greenreport

Greenreport conta, oltre che su una propria redazione giornalistica formata sulle tematiche ambientali, anche su collaboratori specializzati nei singoli specifici settori (acqua, aria, rifiuti, energia, trasporti e mobilità parchi e aree protette, ecc….), nonché su una rete capillare di fornitori di notizie, ovvero di vere e proprie «antenne» sul territorio.