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Confindustria, in Toscana aumenta l'ecotassa ma mancano gli impianti per gestire i rifiuti

Positivo rendere più costoso lo smaltimento in discarica, ma senza una filiera integrata che operi secondo logica di sostenibilità e prossimità a rimetterci è il territorio
 |  Green economy

Se la legge di Bilancio 2017 varata a livello nazionale aveva bloccato per due anni gli incrementi dell'ecotassa – ovvero il tributo speciale per i conferimenti in discarica – la manovra del governo giallo-verde ha rinunciato a questo vincolo e in Toscana si prospettano adesso degli aumenti: ecco dunque che dalle imprese socie di Confindustria Toscana nord si levano «sconcerto e incredulità» di fronte «alle comunicazioni delle discariche che avvisano dell'aggravio», anche e soprattutto perché di impianti alternativi non ne trovano.

Come ricordano da Confindustria, l'ecotassa nasce nel 1995 gravando i conferimenti in discarica «per incoraggiare la minore produzione di rifiuti e per favorire altre modalità di smaltimento, meno impattanti dal punto di vista ambientale e orientate al recupero di materia ed energetico». Un obiettivo virtuoso dunque, per perseguire il quale occorrono però i necessari impianti industriali sul territorio per coprire la corretta gerarchia nella gestione dei rifiuti: dopo prevenzione e riuso ci sono – nell’ordine – recupero di materia, recupero di energia e smaltimento finale in discarica. Da tempo però le imprese del territorio lamentano – come già la scorsa estate – una grave carenza impiantistica, che non permette di gestire i rifiuti secondo logica di sostenibilità e prossimità, insieme ad ampi ritardi normativi (come sul fronte dell’end of waste) da parte del Governo nazionale.

Da Confindustria Toscana nord sottolineano infatti che da una parte sono «sempre rimasti a metà strada i provvedimenti per disciplinare il riutilizzo degli scarti industriali e quindi per trarne dei sottoprodotti o materie prime secondarie (limitando quindi la quota di materiali da smaltire)», e dall’altra «che non tutte le regioni abbiano avuto politiche di investimento in impianti di smaltimento, soprattutto diversi dalle discariche, primi fra tutti i termovalorizzatori che scarseggiano in tutto il territorio nazionale e sono pressoché assenti su quello toscano». Nei fatti, i termovalorizzatori ad oggi attivi sul territorio sono quattro (nel 2012 erano il doppio), ovvero Montale, Livorno, Arezzo e Poggibonsi, con i primi due che le rispettive amministrazioni comunali hanno dichiarato di voler chiudere in pochi anni.

Ma il problema non è legato alla mancanza di singoli impianti in sé, quanto piuttosto a una rete impiantisca che si presenta come insufficiente: «I termovalorizzatori in Toscana quasi non ci sono; le discariche sono largamente insufficienti e autorizzate a recepire solo alcune tipologie di rifiuti industriali e non altri; si dilatano i tempi per la definizione di modalità univoche per gestire la questione sottoprodotti e quindi ridurre la quantità di rifiuti».

Un deficit il nuovo Piano regionale rifiuti e bonifiche dovrà spiegare come colmare. Nel mentre però i rifiuti continuano ad essere prodotti da cittadini e imprese, e senza sapere dove smaltirli (legalmente) la sofferenza del territorio aumenta, anche dal punto di vista economico: «L'ecotassa – concludono da Confindustria Toscana nord – si applica a tutti i rifiuti solidi e ai fanghi cosiddetti palabili, conferiti in discarica e agli impianti di incenerimento senza recupero di energia; l'impatto è diversificato a seconda della tipologia di rifiuto, con casi di aumenti che possono raggiungere il 45%. Gli effetti si sentiranno anche sulla Tari sia delle imprese che dei cittadini stessi, visto che l'ecotassa grava anche sui rifiuti urbani e non solo sugli speciali».

Redazione Greenreport

Greenreport conta, oltre che su una propria redazione giornalistica formata sulle tematiche ambientali, anche su collaboratori specializzati nei singoli specifici settori (acqua, aria, rifiuti, energia, trasporti e mobilità parchi e aree protette, ecc….), nonché su una rete capillare di fornitori di notizie, ovvero di vere e proprie «antenne» sul territorio.