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La gestione dei rifiuti elettronici in Cina, da crisi ambientale a occasione di leadership

Tramite l’evoluzione della normativa, limiti all’import e nuovi sussidi ai riciclatori autorizzati, il Paese sta promuovendo la cosiddetta “legalizzazione del settore informale”
 |  Green economy

Il mondo contemporaneo si trova di fronte a un numero sempre crescente di rifiuti elettronici – noti anche come e-waste – derivanti dalla produzione e consumo di massa di elettrodomestici e dispositivi elettronici, usati ormai dalle attività lavorative a quelle ludiche.

Attualmente la Cina rappresenta il più grande polo di produzione e smistamento dei rifiuti elettronici. Pertanto, il Paese si commisura con una problematica ambientale di proporzioni imponenti, generata dal rapido sviluppo tecnologico e dalla commercializzazione di massa. La svolta è arrivata con la scelta della leadership politica cinese di puntare fermamente alla realizzazione di una “civiltà ecologica” basata su un modello di economia circolare, provando così a a limitare i danni ambientali ma anche ad invertire la tendenza odierna.

Tramite un vasto sistema di leggi e politiche a livello centrale e locale, il governo vieta (i) l’importazione di diverse categorie di e-waste, (ii) responsabilizza i produttori e (iii) punta ad investire sulla costruzione infrastrutture ecocompatibili.

Fondamentale risulta essere la legislazione emanata dal Ministero dell’Ecologia e dell’Ambiente. Già nel 1989 furono introdotte norme fondate sul “principio chi inquina paga”, per consentire una giusta e equa compensazione dei danni ambientali. Il seguente passo successivo è avvenuto nel 2003, quando le autorità cominciarono a incoraggiare e facilitare i produttori nell’adozione di metodi di produzione più puliti, e soprattutto orientati verso l’eco progettazione. Anche nel 2006, in combinazione con il principio appena menzionato, si aggiunse una nuova fase significativa caratterizzata dalla formalizzazione di tre principi guida, ossia: ridurre, riutilizzare, e riciclare (le cosiddette 3R).

Tutto ciò ha ispirato da un lato l’introduzione di modelli avanzati di eco design e dall’altro un alto livello di trasparenza nelle informazioni relative ai prodotti commercializzati, e una maggiore attenzione a riutilizzo e allo smaltimento ecocompatibile, soprattutto in ambito elettronico.

Tali politiche costituiscono nel loro insieme la base di diversi provvedimenti tra cui (i) l’emanazione del Regolamento sull’amministrazione del recupero e smaltimento dei rifiuti i prodotti elettrici ed elettronici, (ii) le Norme amministrative sulla prevenzione dell’inquinamento da Raee (rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche) e (iii) il Decreto sulla raccolta e il trattamento dei rifiuti legati alle apparecchiature elettroniche ed elettriche. Il sistema ha così raggiunto l’obiettivo di imporre l’obbligo di raccogliere e riciclare gli e-waste attraverso canali autorizzati, vale a dire aziende certificate.

Passo in avanti di notevole importanza è stata anche l’introduzione del sistema legislativo della responsabilità estesa dal produttore. Questa, in particolare, costituisce un obbligo a carico di importatori e produttori volto a finanziare il riciclo dei dispositivi a fine vita.

Di rilevanza pratica è anche l’istituzione di un fondo statale pensato da un lato ad assicurare ed erogare cospicui sussidi a riciclatori autorizzati e dall’altro a promuovere la cosiddetta “legalizzazione del settore informale”. In linea con questa strategia, i governi locali hanno istituito sistemi di raccolta e stoccaggio di un enorme quantità di e-waste.

Purtroppo, nonostante questi progressi e le molteplici leggi, il problema persiste ancora in quanto sussiste un grande interesse economico che ruota attorno all’attuale sistema informale, comportando enormi rischi in termini di sicurezza umana e protezione dell’ambiente. Diverse organizzazioni non governative di particolare rilievo hanno denunciato il fenomeno del continuo arrivo in Cina di grandi quantitativi di e-waste provenienti da svariate parti del mondo, in quanto attratti dai bassi costi di smaltimento.

La Cina sta facendo leva su innovazione tecnologica, costruzione di impianti centralizzati e leggi più rigide, per convertire la crisi ecologica generata dagli e-waste in un’opportunità leadership globale. In questo percorso sarà fondamentale continuare a elaborare una normativa specifica di settore e strategica, semplice quanto efficace.

Giuseppe Poderati

Giuseppe Poderati è professore di Lingua e Cultura Italiana presso la Hubei University of Economics in Cina con focus su eco-linguismo. Laureato con lode in Giurisprudenza presso l’Università LUMSA, ha arricchito il suo percorso formativo partecipando a un programma di scambio internazionale presso la SUNY - State University of New York e il Center for Italian Studies. Giuseppe ha proseguito gli studi con corsi post-laurea in Business Internazionale, Politiche Pubbliche nell’Euro-Mediterraneo, ASEAN e Diritto Internazionale e Comparato, frequentando prestigiose istituzioni come il Graduate Institute di Ginevra e la National University of Singapore. Durante la sua carriera accademica, è stato visiting scholar presso il Max Planck Institute e l’Università di Palermo. Autore di numerosi articoli scientifici, Giuseppe ha completato un dottorato di ricerca in Diritto Ambientale presso la Wuhan University, consolidando il suo profilo di studioso internazionale e collaborando con altre università e organizzazioni.