Skip to main content

Un Oceano di plastica: il progetto HOTMIC mappa la microplastica nell’Atlantico

Dall'università di Pisa tecniche uniche sviluppate per identificare le diverse tipologie di microplastiche
 |  Natura e biodiversità

Nell’oceano Atlantico arrivano ogni anno dai 5 ai 13 milioni di tonnellate, di plastica, «Una presenza di cui però si conosce molto poco – fanno notare all’università di Pisa -  appena il 10%, soprattutto a causa delle microplastiche». Per colmare questo gap di conoscenze è partito il progetto Horizontal and vertical oceanic distribution, transport, and impact of microplastics (HOTMIC), finanziato con 2,3 milioni di euro nell’ambito del programma europeo “JPI Oceans” a sostegno dei mari chiamato “Healthy and Productive Seas and Oceans”.

IL consorzio di HOTMIC  comprede partener di 6 Paesi europei:  GEOMAR come capofila insieme all’università Tecnica di Monaco per la Germania, l’Università della Danimarca meridionale, l’Instituto Português do Mar e da Atmosfera e il centro MARE della Universidade Nova de Lisboa per il Portogallo, l’università di Ghent in Belgio e l’università di Tartu in Estonia e il Dipartimento di chimica e chimica industriale dell’università di Pisa che e l'unico partner italiano  del progetto che prenderà il via ufficialmente il 5 giugno con «l’obiettivo di mappare la presenza delle microplastiche dalla costa Atlantica europea sino al vortice nord atlantico».

All’ateneo pisano spiegano che «Con questo progetto si metteranno a punto metodologie analitiche e si faranno campagne di campionamento delle microplastiche, anche sotto i 10 micron, per valutarne entità, tipologia, distribuzione, rotte dagli estuari fino al mare aperto e dalla superficie sino ai fondali, modalità di degradazione e di interazione con organismi biologici. L’intento è di porre le basi per una più accurata valutazione dei potenziali rischi per l’ambiente e per gli organismi marini».

Il gruppo di ricerca dell’università di Pisa coordinato da Valter Castelvetro è composto da Francesca Modugno, Alessio Ceccarini, Andrea Corti, Mario Cifelli e Antonella Manariti e i chimici e ricercatori di Pisa metteranno in campo le tecniche uniche che hanno ideato per identificare e quantificare le diverse varietà di microplastiche. Castelvetro sottolinea: «Abbiamo sviluppato una metodologia del tutto originale che ci consente di identificare i diversi tipi di microplastica, polimero per polimero, Sino ad oggi la tecnica più comune e utilizzata si limitava infatti a fare una separazione grossolana delle microplastiche dai sedimenti, seguita da una laboriosa e inaccurata conta tramite tecniche di microscopia e spettroscopia microscopica».

Per caratterizzare le microplastiche, saranno utilizzate diverse tecniche di separazione tramite estrazione o depolimerizzazione delle microplastiche, associate a tecniche analitiche di spettroscopia non distruttiva (Raman, FT-IR, microscopia) e distruttiva (HPLC, Py-GC/MS, EGA/MS).

Castelvetro conclude: «La sfida è identificare i principali inquinanti plastici, le insidie maggiori arrivano dai frammenti di plastica più fini, come ad esempio i prodotti di degradazione di imballaggi plastici, le microsfere di polistirene che derivano da alcuni prodotti cosmetici o le microfibre dei tessuti sintetici, che più facilmente entrano nella catena alimentare degli organismi acquatici».

Redazione Greenreport

Greenreport conta, oltre che su una propria redazione giornalistica formata sulle tematiche ambientali, anche su collaboratori specializzati nei singoli specifici settori (acqua, aria, rifiuti, energia, trasporti e mobilità parchi e aree protette, ecc….), nonché su una rete capillare di fornitori di notizie, ovvero di vere e proprie «antenne» sul territorio.