
Sulle tracce del palissandro, un albero dal legno tanto pregiato da portarlo sull’orlo dell’estinzione

In molte parti del mondo il palissandro (Pterocarpus erinaceus), ma anche altre piante, come per esempio quelle di teak (Tectona grandis), sono molto ricercate per le loro altissime qualità di resistenza, durezza e bellezza, che però stanno mettendo a rischio di estinzione la loro stessa presenza sulla Terra. Al punto in cui siamo arrivati è difficile recuperare il disastro già provocato, né con il rimboschimento, né con un controllo sul loro taglio ed esportazione, né con tutta la buona volontà dei Governi che dovrebbero controllare il suolo in cui queste piante sono nate e cresciute spontaneamente secoli fa.
Solo negli ultimi decenni nel mondo sono stati distrutti più di 420 milioni di ettari di foresta. Per quanto riguarda il nostro Paese, l’Italia, le foreste coprono un terzo del territorio, circa 11 milioni di ettari. Un tempo, non molto lontano, erano molti di più. Le due Regioni italiane in cui le foreste sono più estese sono la Sardegna con 1,24 milioni di ettari di superficie, seguita dal Piemonte con 955 mila ettari. Ora, più che mai, questi territori devono essere difesi con le unghie e con i denti. Immaginiamo quello che è successo in altri Paesi in cui le foreste, composte solo di piante secolari, coprivano interi territori nazionali, soprattutto in Asia, in Africa, in Centro, Sud e Nord America. Le stanno facendo praticamente scomparire. In Europa coprono ancora il 43% della superficie terrestre. Si sta facendo molto per la loro conservazione, ma mai abbastanza. Tra i Paesi europei più inclini e dediti alla cura e alla conservazione delle foreste, in prima linea c’è la Svezia che ha un territorio di 450,295 Kmq e una popolazione di poco più di 10 milioni di abitanti, 117,000 Kmq di superficie in più dell’Italia e una popolazione però sei volte inferiore.
Con una superficie terrestre a disposizione sul nostro Pianeta di 149 milioni di chilometri quadrati, cioè il 29% della superficie totale, dato che il resto sono mari e oceani, non dovremmo dormire sonni tranquilli. Le foreste, oltre ad essere una risorsa di primaria importanza per la conservazione degli animali e quindi per il mantenimento della biodiversità, sono fondamentali per una infinità di altre ragioni; in primo luogo, dato il periodo in cui viviamo (inquinamento, buco dell’ozono e guerre in corso), dobbiamo sempre ricordare che l’anidride carbonica che immettiamo nell’atmosfera contribuisce per circa un terzo all’aumento della temperatura del nostro Pianeta e quindi al riscaldamento globale. Le foglie delle piante assorbono anidride carbonica che è la causa principale dell’effetto serra. A causare l’effetto serra concorre anche il metano e recentemente è stato pubblicato un lavoro scientifico in cui è stato dimostrato che la corteccia degli alberi ne immagazzina centinaia di tonnellate all’anno.
La ricerca in questione è stata condotta principalmente nelle foreste dell’Amazzonia e, guarda caso, in quelle svedesi: ha evidenziato che sono dei microbi metanotrofici che si annidano nelle cortecce ad assorbire questo idrocarburo ossidandolo e quindi rendendolo innocuo e al contempo ottenendo energia per il loro metabolismo. Il metano è altamente inquinante, sebbene chimicamente molto semplice (CH4) e leggero. I prodotti dell’ossidazione sono acqua e anidride carbonica ma quest’ultima verrebbe assorbita dalle foglie della stessa pianta. Un ciclo chiuso e perfetto. Se potessimo stendere su una superficie tutte le cortecce degli alberi esistenti al mondo raggiungeremmo un’area pari a quella della Terra stessa. In questo caso avremmo risolto il problema del metano in atmosfera, ma sembra che il suono di questa campana non arrivi agli orecchi di chi dovrebbe sentire e fare qualcosa per fermare la distruzione delle foreste.
Ma torniamo al nostro palissandro, una pianta che può vivere più di 300 anni e che viene chiamata più comunemente rosewood per l’odore di rosa che emana; i francesi lo chiamano infatti bois de rose. Il palissandro, oltre che per la costruzione dei parquet, viene utilizzato per la fabbricazione dei mobili, ma anche di molti strumenti musicali a fiato, oppure a corda, come il violino. Non solo, una specie particolare del palissandro, la Dalbergia nigra, viene utilizzata nell’industria cosmetica e dei saponi pregiati.
Dove cresce il palissandro? La risposta si collega alla messa in pericolo delle specie animali che vivono nelle foreste in cui questa pianta cresce, in particolare scimmie Cercopitecidi (C. diana, C. ascanius, C. cephus eccetera): cresce in Africa, soprattutto lungo la striscia del Sahel, dove queste scimmie vivono, purtroppo ancora per poco, a eccezione del Senegal e di alcune zone a sud del Mali in cui se ne trovano ancora. Il Mali però è uno dei maggiori esportatori di palissandro al mondo, così come il Madagascar in cui vivono molte specie, non di scimmie in questo caso, ma di Proscimmie (Lemuri, i più numerosi, e Valuvi, Microcebi, Machi, Indri, Lepilemuri, Apalemuri, Propiteci, Cheirogalei, Aye-aye eccetera). Se dovessimo elencare tutte queste Proscimmie con i nomi delle loro specie di appartenenza, non basterebbe questa pagina. Sono le ultime rimaste al mondo. Esse vivono anche nel continente africano e nel Sud-Est asiatico, e non che qui siano messe meglio.
Purtroppo il palissandro si trova anche in Brasile, Paese martoriato dalla deforestazione e non solo di questa pianta. È da notare che il palissandro e molte altre piante secolari sono protette dal Cites (Convenzione sul commercio internazionale delle specie -fauna e flora- minacciate di estinzione), una Convenzione Internazionale firmata a Washington nel 1973 da quasi tutti i Paesi del mondo. Ma i risultati sono molto modesti. Tutti continuano a distruggere le foreste in barba al Cites e ad altri organismi internazionali per la protezione della natura. Il fatto purtroppo è che chi dovrebbe controllare spesso viene corrotto ed è così indotto a chiudere un occhio, se non entrambi, sul commercio illegale del palissandro. Chi si oppone a questa nefandezza viene seriamente minacciato, se non ammazzato.
Per questa ragione negli ultimi anni nel mondo è stato ucciso più di un centinaio di persone. Infatti il suo commercio invece di diminuire aumenta e, al contrario di quanto si possa pensare, la destinazione principale del palissandro è la Cina. La domanda di questo immenso Paese di questo legno sta diventando spasmodica. In un anno la Cina ha importato, solo dal Mali, più di mezzo milione di tronchi di palissandro per un valore di più di 200 milioni di dollari (più del bilancio di un piccolo Paese dell’Africa), ed elargito circa 2 milioni di dollari di mancette per oliare il sistema corruttivo locale e internazionale, una corruzione che è diventata sistema.
Un giornalista del quotidiano “Avvenire” che ha svolto un’indagine a riguardo, Matteo Fraschini Koffi, dice che i trafficanti cinesi, oltre a provocare i danni di cui abbiamo parlato, prima di esportare il legno, fanno con i trapani all’interno dei tronchi dei grossi buchi in cui infilano di tutto, dalle zanne di elefanti (uno dei commerci più illegali al mondo) alla droga che poi arriva principalmente per altre vie in Europa e in Nord America e che sta devastando le menti di migliaia di giovani e anche di meno giovani.
Oltre al danno anche la beffa! A pagare il prezzo più alto per tutto questo traffico, fondamentalmente illegale, è la natura con tutti i suoi animali, scimmie in particolare, che lungo la fascia del Sahel stanno scomparendo, se non sono già scomparse del tutto. Le ultime rimaste si trovano in minima parte in Algeria e in Marocco, ma qui siamo a nord del Sahel. Se nel Sahel non esistono praticamente più, in altre parti del mondo dove esistono il palissandro e anche altre piante secolari pregiate, la situazione per le scimmie non è certo migliore. In Brasile vivono molte specie di scimmie, che la deforestazione dell’Amazzonia, lentamente ma inesorabilmente, sta portando all’estinzione. Le scimmie sono molto importanti, non sono come tutti gli altri animali. Costituiscono l’anello di congiunzione che noi esseri umani abbiamo con il resto del regno animale. Se loro dovessero scomparire, potremmo scomparire, prima o poi, anche noi.
