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Tra le montagne del Mediterraneo, gli Appennini hanno la percentuale più alta di protezione: il 30% del loro territorio

Tra le montagne del Mediterraneo, gli Appennini hanno la percentuale più alta di protezione: il 30% del loro territorio Il dato messo in luce da Legambiente: dalla Liguria alla Sicilia la catena montuosa è tutelata da 166 aree protette, 993 Siti natura e vari riconoscimenti Unesco. La montagna è abitata in 15 regioni, 48 province, 1.601 comuni
 |  Natura e biodiversità

Se all’Italia si possono muovere tante e pesanti critiche in fatto di tutela dell’ambiente, impegno nella transizione energetica e contrasto alla crisi climatica, al nostro Paese va però dato atto di un fatto su un tema specifico: tra le montagne del Mediterraneo, gli Appennini hanno la percentuale più alta di protezione: il 30% del loro territorio è infatti tutelato. Come? Grazie all’istituzione di 166 aree protette, 993 Siti natura e vari riconoscimenti Unesco. Può bastare? Non proprio. E ora vediamo perché.

Il tema è venuto alla luce oggi, vigilia della Giornata internazionale della montagna, grazie al settimo Forum degli Appennini organizzato da Legambiente. Il Cigno verde rilancia il progetto Ape, “Appennino Parco d’Europa”, che ha al centro la dorsale appenninica, la tutela ambientale e lo sviluppo sostenibile, ma i cui programmi attuativi sono fermi dal 2006. Per renderlo attuale, sottolinea l’associazione ambientalista, occorre riaggiornare gli strumenti operativi, e mettere in campo dieci interventi nazionali per una strategia appenninica efficace e al passo con i tempi. Azioni che vanno dal rafforzamento della governance territoriale ad una maggiore tutela e conservazione della biodiversità, dall’attuare le strategie di sistema e i piani d’azione ad una maggior tutela dei territori appenninici entro il 2030, dall’inserire gli Appennini tra le reti europee di cooperazione territoriale al promuovere l’economia circolare al potenziare i servizi per la montagna, dal riconoscere alle comunità l’impegno per i servizi ecosistemici che garantiscono, al realizzare la rete delle ciclovie e incentivare il turismo attivo e sostenibile, al promuovere gli Appennini come ecosistema benessere. 

Il pacchetto di proposte è stato messo sul piatto oggi da Legambiente insieme alla richiesta di istituire un Gruppo di lavoro presso il Mase utile per accelerare l’attuazione del progetto Ape, ma anche la piena applicazione dell’articolo 1-bis della legge 394/91 che prevede un accordo di programma per lo sviluppo di azioni economiche sostenibili per il sistema ambientale e territoriale dell’Appennino.

I dati sugli Appennini, sottolinea Legambiente, ma anche i grandi successi raccolti in questi anni con progetti Life di tutela e conservazione come Life cornata che ha permesso di salvare il camoscio appenninico dall’estinzione, il progetto Life wolfnet sulla tutela del lupo, Floranet dedicato alla salvaguardia di alcuni fiori appenninici, Life streams sulla trota appenninica, ci ricordano l’importanza nevralgica della dorsale appenninica. Lunga 1.500 chilometri dal Passo di Cadibona in Liguria fino alla Sicilia, interessa 7,4 milioni di ettari, pari al 25% del territorio nazionale e oltre il 50% del territorio classificato montano. Tra le montagne del Mediterraneo, gli Appennini hanno la percentuale più alta di protezione: il 30% del loro territorio è tutelato da 166 aree protette (parchi e riserve, nazionali e regionali), 993 siti Natura 2000 (Zone speciali di conservazione e Aone di protezione speciale), e diversi riconoscimenti Unesco (siti del Patrimonio Mondiale, Global Geoparc, Riserve della Biosfera-Mab). In termini di valori di biodiversità contano 32 diversi ecosistemi, di cui 12 esclusivi, 310 endemismi, floreali e tra la fauna principale sono stati censiti oltre 3.700 esemplari di camoscio appenninico, 2mila lupi e 55-65 esemplari di orso bruno marsicano.

Come sottolinea Legambiente, gli Appennini sono inoltre la montagna abitata per eccellenza che interessa 15 Regioni, 48 province e 1.601 comuni (il 20% dei Comuni italiani e il 46,5% di quelli classificati montani) per la gran parte piccoli o piccolissimi, nei quali vivono 3,9 milioni abitanti (appena il 6,6% della popolazione totale). In più stando al rapporto Montagne Italia 2025 di Uncem, negli ultimi cinque anni (tra 2019 e 2023), le persone che hanno trasferito la propria residenza in uno dei 3.417 comuni della Montagna italiana hanno largamente superato quelle che hanno abbandonato quegli stessi comuni con un saldo positivo che ha avvicinato le centomila unità (99.574). Oggi, più che mai, sugli Appennini, per Legambiente, si gioca una sfida importante in termini di transizione ecologica e di contrasto alla crisi climatica, unita alle grandi questioni da affrontare a partire dallo spopolamento abitativo nei piccoli comuni montani e alla carenza di servizi. In questa partita il progetto Ape gioca un ruolo fondamentale su cui occorre accelerare il passo.    

«A trent’anni dall’avvio Ape, Appennino Parco d’Europa, ha bisogno di una rilettura e un aggiornamento strategico oltre di una urgente attuazione. L’accelerata della crisi climatica, la perdita di biodiversità, gli obiettivi al 2030 dettati dall’Unione Europea ma anche le sfide legata alla transizione ecologica – commenta Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente - impongono un importante aggiornamento di Ape e una riflessione nelle aree montane. Ape non nasce solo per accompagnare la crescita delle aree protette, ma è anche un’operazione al servizio di un ambito territoriale dove, oltre alla tutela della natura, occorre cogliere le opportunità di uno sviluppo locale sostenibile in linea con le nuove sfide attuali anche rispetto a quanto chiede l’Europa con la nuova strategia sulla biodiversità».  

Riguardo l’aggiornamento degli strumenti operativi, Antonio Nicoletti responsabile nazionale aree protette di Legambiente aggiunge: «Il 24 febbraio 2026 la Convenzione degli Appennini compirà 20 anni ed è opportuno una sua rivisitazione condivisa con le Regioni e il partenariato che l’ha sottoscritta. Occorre anche l’aggiornamento del Programma d’Azione che dovrà diventare il rifermento per la transizione ecologica e climatica dei territori appenninici da inserire nella programmazione comunitaria 2028-2034. Individuare i Parchi come attuatori di azioni concrete di tutela servirebbe, ad esempio, a migliorare la capacità di integrare le strategie di conservazione dei parchi con quelle degli altri attori interessati e rafforzare l’applicazione delle direttive comunitarie e l’uso coerente delle risorse comunitarie. Alla luce di tutto ciò, proponiamo che venga istituito un tavolo di lavoro al Mase dedicato al progetto Ape per velocizzare la messa in campo di tutte quelle azioni utili a renderlo finalmente operativo». 

Legambiente ricorda che il progetto Ape ha avuto il pregio di accompagnare in questi anni le aree protette. Nella fase in cui nacque, i primi anni ‘90, stava infatti crescendo il sistema delle aree protette del Paese, allora fermo ad appena il 3% del territorio nazionale protetto, ed era agli inizi il programma Bioitaly che avrebbe disegnato la rete nazionale dei siti Natura 2000 in attuazione della direttiva habitat. Il 5 giugno 1995 vennero istituiti 5 Parchi nazionali (Gran Sasso Laga, Maiella, Vesuvio, Cilento e Gargano) che nel 2025 hanno compiuto 30 anni di storia e la 394/91 stava avviando una strategia di sistema che avrebbe ridisegnato la geografia e la storia sociale dell’intera arcata appenninica. A distanza di 30anni, oggi una delle sfide attuali del progetto Ape è quella di guardare alla contemporaneità dell’Appennino e di rafforzare la connessione tra le comunità appenniniche e le aree urbane economicamente più forti. È importante, conclude Legambiente, che le città appenniniche (es. L’Aquila, Rieti, Teramo, Ascoli Piceno, Avellino, Campobasso, Potenza,) sostengano le aree appenniniche di cui sono riferimento amministrativo e culturale.

Redazione Greenreport

Greenreport conta, oltre che su una propria redazione giornalistica formata sulle tematiche ambientali, anche su collaboratori specializzati nei singoli specifici settori (acqua, aria, rifiuti, energia, trasporti e mobilità parchi e aree protette, ecc….), nonché su una rete capillare di fornitori di notizie, ovvero di vere e proprie «antenne» sul territorio.