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Agli investimenti Ue sulla biodiversità mancano 19 miliardi di euro l’anno

Oltre 1.400 scienziati hanno firmato una lettera aperta per chiedere maggiore impegno su questo fronte, a partire dal prossimo Quadro finanziario pluriennale europeo
 |  Natura e biodiversità

In una lettera aperta promossa da Scientists for Future Austria, oltre 1.400 scienziati, ricercatori e accademici chiedono con urgenza alla Commissione europea di aumentare radicalmente i finanziamenti per i progetti legati alla biodiversità.

Mentre l’Ue si avvicina alla fase finale della definizione del prossimo Quadro finanziario pluriennale (Qfp), la questione di come finanziare un futuro sostenibile e sicuro è più urgente che mai. La perdita di biodiversità rappresenta una minaccia esistenziale, non solo per gli ecosistemi, ma anche per la competitività a lungo termine dell’Europa, per la sicurezza alimentare e per la capacità di affrontare crisi future. Inoltre, le conseguenze dei disastri naturali, come le inondazioni, diventano sempre più devastanti con la distruzione degli ecosistemi intatti.

Tuttavia, nonostante una consapevolezza crescente, il finanziamento della biodiversità continua a essere gravemente sottorappresentato nelle attuali discussioni sul Qfp. La Commissione europea dovrebbe pubblicare la prima bozza del nuovo Qfp il 16 luglio 2025: questo documento definirà, per i prossimi anni, come saranno allocate le ingenti risorse dell’Unione europea. Pertanto, questo piano finanziario è cruciale per invertire la rotta sulla perdita di biodiversità e per limitare il cambiamento climatico.

In questa fase critica, gli scienziati di tutta Europa chiedono un cambio di passo decisivo: senza un incremento sostanziale dei fondi destinati al ripristino della natura e alla tutela della biodiversità, l’Ue non riuscirà a centrare gli obiettivi del Green deal europeo né i suoi più ampi impegni ambientali.

Anche in un contesto sempre più influenzato da preoccupazioni economiche e geopolitiche, gli investimenti nella natura rappresentano una condizione imprescindibile per la resilienza di lungo periodo, poiché i costi dell’inazione sono di gran lunga superiori a quelli necessari per arrestare la perdita di biodiversità.

La biodiversità in Europa è in crisi. L’Agenzia europea dell’ambiente ha riportato che oltre l’80% degli habitat dell’Ue è in uno stato di conservazione “cattivo” o “scadente”. Il degrado degli ecosistemi non minaccia solo specie e habitat, ma mette a rischio i servizi ecosistemici da cui dipendono la nostra sicurezza alimentare, la disponibilità d’acqua, la resilienza climatica e, più in generale, il nostro benessere.

Il World Economic Forum stima che oltre la metà del Pil mondiale dipenda in misura moderata o elevata dalla natura e dai suoi servizi. Inoltre, nel Global risks report 2025, il Forum ha individuato le questioni ambientali come le prime quattro tra i rischi globali a lungo termine, con la perdita di biodiversità e il collasso degli ecosistemi al secondo posto.

Nonostante alcuni progressi, la perdita di biodiversità prosegue, e senza investimenti urgenti e su scala adeguata, l’Ue non riuscirà a raggiungere gli obiettivi di protezione del 30% del territorio e dei mari, di protezione rigorosa del 10% e di avvio di interventi di ripristino per il 20% degli ecosistemi entro il 2030. In tal modo, si comprometterebbe anche la competitività a lungo termine dell’Unione.

Tuttavia, il divario nei finanziamenti per la biodiversità è ancora ampio: si stima che manchino 19 miliardi di euro ogni anno. Sebbene il Qfp 2021–2027 abbia rappresentato un passo avanti, alla biodiversità è ancora destinata solo una frazione del bilancio Ue. Attualmente, il 6% del budget dell’Ue è destinato a obiettivi collegati alla biodiversità, includendo i fondi del piano di ripresa NextGenerationEu. L’Unione si era impegnata a portare questa quota al 7,5% nel 2024 e poi al 10% nel biennio 2026–2027.

Tuttavia, i livelli attuali di spesa sono ancora ben al di sotto di quanto necessario per colmare il divario e raggiungere anche solo l’obiettivo del 10% sarà difficile, se non si cambia rotta.

Redazione Greenreport

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