Tigri, un futuro ancora possibile tra minacce globali e segnali di ripresa
Il 29 luglio, Giornata mondiale della tigre, accende i riflettori sulla condizione di uno degli animali più iconici e minacciati del pianeta. Sebbene la situazione rimanga critica, alcuni segnali di speranza arrivano dalle aree in cui sono attivi programmi di conservazione a lungo termine.
Secondo i dati più recenti, il numero di tigri selvatiche è passato dalle circa 3.200 stimate nel 2010 a poco più di 5.500 esemplari nel 2024. Una crescita lenta ma significativa, frutto di 15 anni di lavoro sul campo, in particolare nei 10 Paesi dove il grande felino sopravvive ancora allo stato selvatico: tra questi India, Nepal, Russia, Cina, Indonesia e Thailandia.
«Solo lavorando sulla prevenzione dei conflitti e sulla lotta alle superstizioni e preservando l’habitat potremo garantire un futuro al felino più grande del pianeta», sottolinea il Wwf, da sempre impegnato nella protezione della specie.
Il rovescio della medaglia è che l'areale della tigre si è ridotto del 92% rispetto a quello storico. Oggi questi animali sopravvivono in porzioni isolate e frammentate di habitat, spesso minacciati dalla deforestazione, dall’espansione agricola e dal bracconaggio. Le ossa, la pelle e altre parti del corpo continuano a essere vendute illegalmente per scopi ornamentali o nella medicina tradizionale, alimentando un mercato nero che mette seriamente a rischio la sopravvivenza della specie.
Non è solo la tigre a rischiare: gli ecosistemi in cui vive svolgono funzioni fondamentali per l’ambiente, come la tutela della biodiversità, la regolazione del ciclo dell’acqua e lo stoccaggio di carbonio. Proteggere la tigre, quindi, significa anche tutelare interi territori e le comunità che ne dipendono.
Un esempio concreto arriva dalla Thailandia, dove il governo, con il supporto del Wwf, ha attivato un piano di rafforzamento delle prede naturali, liberando oltre 100 cervi sambar nei territori del complesso forestale occidentale, dove oggi si stima vivano tra le 179 e 223 tigri. Si segnala anche un aumento del banteng, bovino selvatico asiatico importante nella dieta del predatore.
L’India si conferma il Paese con la popolazione di tigri più numerosa al mondo: sono 3.682 gli esemplari censiti. Nello stato dell’Uttarakhand, a partire dal 2021, il Wwf-India ha collaborato con il dipartimento forestale locale per trasferire alcune tigri dalla riserva di Corbett alla parte occidentale della Riserva di Rajaji, dove il numero di predatori era in calo.
In uno scenario del tutto diverso ma altrettanto promettente, il Kazakistan ha avviato un progetto pionieristico per riportare le tigri nei loro habitat storici, dove sono assenti da oltre 70 anni. Due tigri dell’Amur, cresciute in cattività nei Paesi Bassi, sono state trasferite nel 2024 in un recinto semi-naturale della Riserva Ile-Balkhash, parte di un programma di reintroduzione sostenuto da Wwf e Undp. L’obiettivo: restaurare l’ecosistema del delta del fiume Ile e reintrodurre stabilmente la specie in Asia Centrale.
Nonostante i progressi registrati, la tigre resta in pericolo critico. I conflitti con le comunità locali – causati da attacchi al bestiame – e la pressione di credenze culturali profondamente radicate richiedono un lavoro complesso di mediazione e sensibilizzazione.
Il Wwf ribadisce che solo attraverso una protezione attiva dell’habitat, la gestione efficace delle aree protette e un dialogo costante con le popolazioni locali si potrà garantire un futuro al felino più grande del pianeta.
Il ritorno delle tigri nei territori da cui erano scomparse è un segnale importante, fa ben sperare, ma non deve indurre a sottovalutare le fragilità del momento attuale. Il prossimo decennio sarà decisivo per stabilire se la tigre potrà davvero ancora ruggire libera o se dovrà continuare a sopravvivere sull’orlo dell’estinzione.