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Le antiche piante che diventano più calde per attrarre gli impollinatori

Scoperto il segreto delle cicadee per un'impollinazione di successo che non si basa sul colore o il profumo
 |  Natura e biodiversità

Il nuovo studio “Infrared radiation is an ancient pollination signal”, pubblicato come articolo di copertina su Science, un team di ricercatori statunitensi e brasiliani guidato da Wendy Valencia-Montoya dell’Harvard University rivela che le cicadee, una delle più antiche stirpi di piante da seme, risalente a circa 275 milioni di anni fa, utilizzano il calore, anziché solo il colore o l'odore, per comunicare con i loro impollinatori: una scoperta che rimodella la comprensione degli scienziati su come si sono evolute le prime relazioni tra piante e animali.

Infatti, le cicadee riscaldano attivamente i loro coni riproduttivi per attirare i coleotteri impollinatori. I coleotteri, a loro volta, hanno sviluppato organi specializzati sensibili agli infrarossi che consentono loro di rilevare questi segnali termici e di trasportare il polline tra piante maschili e femminili. Alcuni coleotteri hanno sensori di ricerca del calore nelle loro antenne che usano per trovare e impollinare le cicadee ( Zamia spp.). I ricercatori hanno scoperto che le punte delle loro antenne contengono neuroni che permettono ai coleotteri di rilevare la radiazione infrarossa, e le cicadee che producono calore sfruttavano questa capacità per coordinare strettamente l'impollinazione.

Il processo si svolge per fasi. Le cicadi maschili riscaldano prima i coni che producono polline, attirando i coleotteri per nutrirsi. Successivamente, le piante femminili riscaldano i coni ovulatori, attraendo a loro volta gli insetti e assicurandosi che il polline venga trasferito per fecondare i semi in via di sviluppo.

Secondo i ricercatori, «Questo utilizzo della radiazione infrarossa rappresenta uno dei più antichi segnali di impollinazione conosciuti, antecedente ai colori vivaci che dominano le moderne piante da fiore».

La Valencia-Montoya spiega che «In pratica, si tratta di aggiungere una nuova dimensione di informazioni che piante e animali utilizzano per comunicare, di cui prima non sapevamo molto».

La ricerca si è concentrata sulla Zamia furfuracea , una piccola cicade originaria del Messico, e sul suo impollinatore esclusivo, un punteruolo bruno dal muso lungo. I ricercatori di Harvard sottolineano che «Le immagini termiche hanno rivelato che la produzione di calore è concentrata nei coni riproduttivi, dove i tessuti sono ricchi di mitocondri che producono energia. In questa specie, i coni possono riscaldarsi fino a 7 gradi Celsius in più rispetto alla temperatura dell'aria circostante».

Ma gli scienziati hanno riscontrato un ritmo giornaliero costante In 17 specie di cicadee: «I coni maschili si riscaldavano al crepuscolo, seguiti dai coni femminili che si riscaldavano diverse ore dopo. Esperimenti sul campo hanno dimostrato che i coleotteri si spostavano in sincronia con queste variazioni di temperatura».

Utilizzando la microscopia e test fisiologici, I ricercatori hanno scoperto come gli insetti percepiscono il segnale: hanno identificato organi specializzati nella rilevazione del calore nelle antenne dei coleotteri, tra cui un sensore molecolare noto come TRPA1 e dicono che «I risultati suggeriscono che la segnalazione basata sul calore fosse parte integrante dei primi sistemi di impollinazione, molto prima che i fiori si affidassero al colore».

La Valencia-Montoya conclude: «La lunga invisibilità del segnale alla scienza riflette probabilmente i limiti sensoriali umani. Quelli nascosti sono altrettanto importanti».

Umberto Mazzantini

Scrive per greenreport.it, dove si occupa soprattutto di biodiversità e politica internazionale, e collabora con La Nuova Ecologia ed ElbaReport. Considerato uno dei maggiori esperti dell’ambiente dell’Arcipelago Toscano, è un punto di riferimento per i media per quanto riguarda la natura e le vicende delle isole toscane. E’ responsabile nazionale Isole Minori di Legambiente e responsabile Mare di Legambiente Toscana. Ex sommozzatore professionista ed ex boscaiolo, ha più volte ricoperto la carica di consigliere e componente della giunta esecutiva del Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano.