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A Ischia le ondate di caldo marine colpiscono anche organismi resistenti come le spugne

I batteri delle spugne del Mediterraneo cambiano volto dopo le ondate di caldo
 |  Natura e biodiversità

Il cambiamento climatico globale aggrava l'incidenza delle ondate di caldo marine, che sono aumentate di intensità e frequenza negli ultimi anni, causando gravi impatti sugli ecosistemi marini costieri. Le ondate di caldo marine hanno già causato mortalità di massa di specie che formano habitat, tra le quali coralli, spugne e gorgonie, nei mari temperati, tropicali e polari.

Secondo lo studio “Too hot for my bugs: mediterranean heatwave disrupts associated microbiomes in the sponge Petrosia ficiformis”, pubblicato su BMC Environmental Microbiome da un team di ricercatori della Stazione Zoologica Anton Dohrn (SZN) e del National Biodiversity Future Center (NBFC) e Sorbonne Université, «Nel Mediterraneo, questi picchi di temperatura elevati hanno dimostrato di influenzare diverse specie di spugne e, probabilmente, le loro comunità microbiche simbiotiche». Quindi, le ondate di caldo marine non risparmiano, nemmeno le spugne, organismi noti per la loro resistenza e stabilità ecologica. La ricerca, realizzata nell’ambito del progetto NBFC-PNRR, nel mare di Ischia dal team dell’Ischia Marine Centre della SZN rivela come «le elevate temperature possano alterare profondamente il microbioma associato alle spugne, con conseguenze anche letali».

Alla SZN ricordano che «Le spugne – organismi antichissimi e privi di veri organi – ospitano al loro interno una ricchissima comunità microbica che può arrivare a rappresentare fino al 50% del loro volume. Questi simbionti svolgono funzioni vitali: supportano la crescita, difendono l’organismo, regolano il metabolismo. Per questo le spugne sono considerate modelli ideali per studiare l’olobionte, l’unità ecologica formata da un organismo e dalla sua comunità microbica associata».

La ricerca ha studiato la Petrosia ficiformis, una delle specie di spugne più comuni del Mediterraneo e, durante un’immersione scientifica nella grotta semisommersa di Punta Vico, Laura Núñez-Pons, Luigi Maria Cusano, Antonia Chiarore, Alice Mirasole, Núria Teixidó, Jana Efremova e Valerio Mazzella hanno osservato una situazione insolita: «Dopo un’ondata di caldo marino, alcuni individui di P. ficiformis mostravano ampie lesioni necrotiche, mentre altri apparivano perfettamente sani».

Il team ha quindi raccolto campioni sia dagli individui malati sia da quelli in buone condizioni. E’ seguito un lavoro meticoloso di estrazione del DNA, sequenziamento e analisi del microbioma di ciascun campione, con l’obiettivo di individuare differenze nella composizione microbica. I ricercatori dicono che «Il verdetto è stato netto: le spugne colpite presentano un microbioma completamente alterato, con la scomparsa quasi totale dei simbionti tipici della specie e la loro sostituzione con batteri opportunisti, non simbiotici. Una disbiosi severa che in molti casi porta alla morte dell’organismo».

Lo studio dimostra che gli effetti del cambiamento climatico colpiscono anche organismi considerati robusti. Ma per gli scienziati c’è un segnale di speranza: «Gli individui che riescono a trattenere i loro simbionti chiave – i cosiddetti keystone taxa – mantengono l’equilibrio interno e mostrano una maggiore resilienza allo stress termico. Nelle spugne sane, infatti, queste specie microbiche cruciali preservano la funzionalità del sistema, evitando il collasso delle interazioni che sostengono l’olobionte».

Dallo studio emerge quindi che «Cambiamenti disbiotici dovuti alla colonizzazione di gruppi di spazzini e microbi opportunisti, e la perdita di interconnettività caratterizzavano le spugne sottoposte a stress termico. Al contrario, gli esemplari resistenti conservavano simbionti chiave che avrebbero potuto garantire la cooperazione funzionale e il mantenimento della coesione della comunità procariotica in condizioni di stress termico. L'esistenza di fenotipi resistenti allo stress negli olobionti delle spugne offre un barlume di speranza per la persistenza delle specie e il loro studio potrebbe identificare potenziali popolazioni fonte per il recupero dell'ecosistema». Alla SZN concludono: «Una ricerca che mette in luce, ancora una volta, quanto la salute del mare sia strettamente legata ai delicati equilibri tra organismi e microbiomi, oggi sempre più minacciati dall’aumento delle temperature».

Umberto Mazzantini

Scrive per greenreport.it, dove si occupa soprattutto di biodiversità e politica internazionale, e collabora con La Nuova Ecologia ed ElbaReport. Considerato uno dei maggiori esperti dell’ambiente dell’Arcipelago Toscano, è un punto di riferimento per i media per quanto riguarda la natura e le vicende delle isole toscane. E’ responsabile nazionale Isole Minori di Legambiente e responsabile Mare di Legambiente Toscana. Ex sommozzatore professionista ed ex boscaiolo, ha più volte ricoperto la carica di consigliere e componente della giunta esecutiva del Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano.