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Il blackout in Spagna? Problema di tensione: il governo Sánchez smonta la bufala che fosse colpa delle rinnovabili

La ministra Aagesen ha presentato le conclusioni del Comitato incaricato di indagare sulle cause di quanto avvenuto lo scorso aprile: al centro le responsabilità del gestore della rete elettrica iberica Red Eléctrica e dei grandi produttori di energia. Il fotovoltaico, su cui si erano accaniti i soliti lobbisti del fossile e del nucleare, non ha avuto alcun ruolo nel collasso della rete, che è stato invece il risultato di una pianificazione sbagliata
 |  Nuove energie

Hanno accusato le rinnovabili. Lo hanno fatto a caldo, appena finito il blackout e sono potuti tornare a dichiarare in tv o scrivere sui social. E lo hanno fatto nelle settimane successive, dicendo che la colpa di un’intera nazione finita al buio era degli impianti fotovoltaici. Ma ora arriva la conferma che si trattava di teorie basate sul nulla e totalmente sballate, che era pura propaganda diffusa a piene mani dai soliti lobbisti dei combustibili fossili e del nucleare: il blackout che ha colpito il 28 aprile la Spagna è avvenuto per responsabilità del gestore della rete elettrica iberica Red Eléctrica e dei grandi produttori di energia, le rinnovabili non hanno avuto alcun ruolo nel collasso della rete elettrica, che è stato invece il risultato di una pianificazione sbagliata, della mancanza di lungimiranza da parte di chi ne aveva la responsabilità e di palesi errori nella gestione della tensione.

A confermare tutto ciò è stata la ministra per la transizione ecologica Sara Aagesen, che prima nel Consiglio dei ministri presieduto da Pedro Sánchez e poi in una conferenza stampa ad hoc ha spiegato che il blackout si è verificato per «un problema di sovratensione con un’origine multifattoriale»: «Il sistema aveva una capacità di controllo della tensione insufficiente, si sono verificate oscillazioni che hanno condizionato il funzionamento del sistema e gli impianti di generazione sono stati scollegati, in alcuni casi in modo apparentemente improprio». Queste informazioni sono il frutto del lavoro svolto in sette settimane dal Comitato incaricato di appurare le cause di quanto avvenuto a fine aprile.

Diviso in due gruppi di lavoro, l’organismo spagnolo ha analizzato circa 300 GB di dati, escludendo che si sia trattato di un attacco informatico, che insieme allo spauracchio delle rinnovabili era l’altra vulgata che andava per la maggiore tra i complottisti da tastiera e politici di destra. Da questa enorme mole di informazioni è invece emerso che si è trattato di un problema di tensione. In particolare, è stato spiegato, il sistema ha mostrato «una capacità di controllo della tensione insufficiente per due motivi»: «In primo luogo, il 27, prima dell’incidente, il gestore del sistema aveva programmato l’attivazione di 10 impianti sincroni in grado di regolare la tensione per il giorno 28, secondo il proprio programma. Il numero finale di impianti sincroni collegati è stato il più basso dall’inizio dell’anno». In secondo luogo, «molti degli impianti in grado di regolare la tensione (e di compensarla in modo specifico, essendo stati programmati a tale scopo a causa di limitazioni tecniche) non hanno risposto adeguatamente alle istruzioni del gestore del sistema di ridurla; alcuni hanno addirittura prodotto potenza reattiva, il contrario di quella richiesta, contribuendo al problema». Si sono dunque verificate delle oscillazioni, che «hanno richiesto modifiche alla configurazione del sistema, aumentando le difficoltà di stabilizzazione della tensione». Terzo punto sottolineato dal Comitato che ha condotto le indagini e dalla ministra Aagesen: gli impianti di generazione sono stati disconnessi, «alcuni in modo apparentemente improprio». Alcune delle disconnessioni degli impianti si sono verificate prima del superamento delle soglie di tensione stabilite dalla normativa a tale scopo (tra 380 KV e 435 KV nella rete di trasmissione), mentre altre si sono verificate dopo il superamento di tali limiti per proteggere gli impianti.

Una volta iniziata la reazione a catena, è stato spiegato, le consuete protezioni del sistema elettrico non sono state in grado di arrestare o contenere questo processo. «Alcune di queste protezioni, come il distacco dei carichi, potrebbero persino aver contribuito al fenomeno delle sovratensioni scaricando ulteriormente le linee e contribuendo all’aumento della tensione, poiché agivano per compensare il calo di generazione piuttosto che per gestirla. In breve, c’era una carenza di risorse per il controllo della tensione, o perché non erano sufficientemente programmate, o perché quelle programmate non fornivano potenza adeguata, o per una combinazione di entrambi i fattori, ma non perché fossero carenti nel Paese. La capacità di generazione era più che sufficiente per rispondere».

Ancora più in breve, come scrive sul social X il ricercatore del Cnr Luigi Moccia, «per chi suona la campana dell’apagòn?», il blackout spagnolo? «Suona per loro, le vecchie centrali nucleofossili. No, non è stata la poca inerzia la causa del blackout iberico del 28 aprile. È stata una mancanza di regolazione della tensione (non della frequenza)».

O, come spiega in maniera meno sintetica il presidente di Italia Solare, Paolo Rocco Viscontini: «Confermato in modo inequivocabile che la causa dell’incidente non è riconducibile al fotovoltaico, ma all’incapacità del sistema elettrico di gestire correttamente le tensioni nella rete. Si chiude così una fase di polemiche alimentate da informazioni infondate, che hanno messo ingiustamente sotto accusa il fotovoltaico. Il caso spagnolo dimostra che l’integrazione delle rinnovabili richiede reti più moderne e regolazioni adeguate, servono investimenti e pianificazione. In Italia ci stiamo muovendo in questa direzione. Il rafforzamento della rete e l’integrazione degli impianti rinnovabili sono obiettivi già individuati e in parte avviati. Non solo sono necessari per la sicurezza del sistema, ma rappresentano la chiave per un’energia pulita, stabile e a costi più bassi per famiglie e imprese». Anche Sonia Dunlop, ceo del Global Solar Council, sottolinea che siamo di fronte a ciò che viene chiesto da tempo da chi è nel settore rinnovabili: «è necessario investire nelle reti per aumentare l’energia solare a prezzi accessibili e abbondanti. Le vecchie reti devono essere aggiornate con nuovi sistemi di controllo della tensione, inverter che formano la rete e batterie di accumulo. La Spagna è stata lenta in tutto questo. A Baku, in occasione della COP29, il mondo si è impegnato a realizzare 25 milioni di km di nuove reti e 1,5 terawatt o un aumento di sei volte dell'accumulo: questo è ciò che dobbiamo realizzare con urgenza». Conclude Rana Adib, direttore esecutivo di REN21: «Il blackout della penisola iberica non è un fallimento delle rinnovabili, ma un campanello d’allarme per accelerare la modernizzazione della rete. Con la crescita delle energie rinnovabili, la resilienza del sistema deve crescere con esse. Ciò significa pianificare in modo olistico: per l’offerta, l’infrastruttura, la flessibilità e la domanda, e garantire una forte collaborazione tra più parti interessate fin dall’inizio. È così che si costruiscono società forti e sicure alimentate dalle rinnovabili».

Sulla vicenda interviene anche l'associazione europea SolarPower Europe, sottolineando che guardando al futuro, il blackout iberico deve essere un momento di apprendimento: «Il solare fotovoltaico ha già la capacità di controllare la tensione, ma le normative non ne consentivano l'applicazione. Questo è un appello a investire più rapidamente nella resilienza della rete e nella flessibilità del sistema, in particolare attraverso inverter per la formazione della rete e sistemi di accumulo a batterie. Queste tecnologie sono già disponibili e sono fondamentali per supportare livelli di tensione stabili, gestire la variabilità e garantire la sicurezza energetica da fonti rinnovabili». Lo scorso anno, spiega SolarPower, la Spagna si è classificata al 14° posto in Europa per installazione di batterie, con meno di 250 MWh di nuove batterie, rispetto ai 9 GW di nuovo solare. Quasi tutte le nuove installazioni erano batterie di piccola taglia, non a livello di utility. Prima del blackout, il mercato spagnolo stava già rispondendo a questa chiara esigenza di maggiore accumulo e flessibilità delle batterie. Nel 2025, si prevede che la Spagna salirà fino a diventare uno dei primi cinque mercati europei delle batterie, grazie alla ripresa del segmento delle batterie su scala utility. La conclusione: «Ora spetta alle autorità garantire che il settore sia in grado di fornire tali prestazioni».

Simone Collini

Dottore di ricerca in Filosofia e giornalista professionista. Ha lavorato come cronista parlamentare e caposervizio politico al quotidiano l’Unità. Ha scritto per il sito web dell’Agenzia spaziale italiana e per la rivista Global Science. Come esperto in comunicazione politico-istituzionale ha ricoperto il ruolo di portavoce del ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca nel biennio 2017-2018. Consulente per la comunicazione e attività di ufficio stampa anche per l’Autorità di bacino distrettuale dell’Appennino centrale, Unisin/Confsal, Ordine degli Architetti di Roma. Ha pubblicato con Castelvecchi il libro “Di sana pianta – L’innovazione e il buon governo”.