Skip to main content

Nel decreto Terra dei fuochi, grazie all’odg L’Abbate c’è un freno all’uso del Pome nei biocarburanti italiani

«Gli oli esausti nazionali, raccolti con grande sforzo da ristoranti, industrie e cittadini, rischiano di essere svenduti o esportati perché non trovano sbocchi adeguati nel mercato»
 |  Nuove energie

In Italia la filiera della raccolta e rigenerazione degli oli vegetali esausti rappresenta un modello virtuoso di economia circolare: oltre 80 mila tonnellate di Uco (Used cooking oil) raccolte nel 2024, di cui più del 98% avviate a rigenerazione. Un sistema che evita la dispersione domestica, purtroppo ancora diffusa, visto che oltre 200 mila tonnellate finiscono ogni anno nelle fognature. La filiera, dai rifiuti produce biodiesel sostenibile, riducendo così emissioni di gas climalteranti e la dipendenza dal capitale naturale.

Ma l'economia circolare, avviata con decenni di impegno del sistema di raccolta, rischia oggi di essere schiacciata dalla concorrenza sleale del Pome. Cos'è? Il Palm oil mill effluent (Pome) è un residuo della lavorazione dell’olio di palma, inserito dalla direttiva Red III tra le materie prime “avanzate” con premialità maggiori rispetto agli oli esausti nazionali (Uco), classificati invece nell’Allegato IX parte B.

Il Pome è interamente importato, e ha visto un’esplosione nei volumi destinati a biocarburanti in tutta Europa. Secondo alcuni dati scientifici, le quantità dichiarate superano di gran lunga la capacità produttiva reale dei Paesi esportatori. Diverse inchieste internazionali hanno messo in luce i rischi di frodi e greenwashing. Pare che l'olio di palma vergine o suoi derivati sono camuffati in residui, hanno certificazioni poco trasparenti, e provengono da catene di fornitura difficili da controllare.

pome labbate

Il risultato è paradossale. Da un lato il Pome, spesso di dubbia sostenibilità, gode di premi normativi e spinge la crescita di biocarburanti “avanzati”; dall’altro l’Uco nazionale, raccolto con grande sforzo da ristoranti, industrie e cittadini, rischia di essere svenduto o esportato, perché non trova sbocchi adeguati nel mercato italiano.

E qui si inserisce il mio Ordine del giorno presentato alla Camera dei Deputati nel decreto Terra dei fuochi, e approvato. Per correggere questa distorsione, e valorizzare gli oli vegetali esausti di origine nazionale, il testo sottolinea come le premialità concesse al Pome vanno a discapito della filiera italiana degli Uco e che occorre rimettere al centro il principio di economia circolare.

L’odg richiama i dati del Pniec (Piano nazionale energia e clima) che prevede di innalzare al 2,5% al 2030 l’obiettivo di utilizzo di biocarburanti avanzati, privilegiando materie prime raccolte sul territorio nazionale, la normativa di recepimento (Dlgs 199/2021 e successivi Dm, tra cui il n. 343/2023 e il 294/2024) ha confermato le premialità per l’Hvo da Pome. Ciò ha generato un “effetto sostituzione” che ha penalizzato l’olio esausto italiano, rallentando la domanda e costringendo molti operatori a esportare Uco verso Paesi più capaci di valorizzarlo.

Il mio odg approvato propone quattro direttrici chiare: escludere il Pome raffinato d’importazione dalle premialità; consentirne l’utilizzo solo se la raffinazione avviene in territorio europeo, con tracciabilità verificata; valorizzare l’Uco nazionale, rendendolo eleggibile come materia prima “avanzata” o riconoscendogli premialità aggiuntive per la filiera corta e certificata; rafforzare i controlli su quantità, provenienza e qualità dei materiali importati, per evitare frodi e squilibri di mercato.

La partita tra Pome importato e Uco nazionale non è solo una questione tecnica, ma una scelta di politica industriale ed ambientale. Premiare il Pome significa incentivare filiere estere opache e poco sostenibili, mentre sostenere l’Uco significa rafforzare una catena domestica di economia circolare, generatrice di lavoro, benefici ambientali e sicurezza energetica.

È necessario correggere le distorsioni delle direttive europee, difendere il principio “prima la raccolta nazionale” e trasformare davvero i biocarburanti in uno strumento di decarbonizzazione, non in un canale per nuove dipendenze dall’olio di palma.

Patty L'Abbate

Patty L'Abbate è attualmente Vicepresidente della Commissione permanente, Ambiente, Territorio e lavori Pubblici della Camera dei Deputati (XIX). Nella scorsa legislatura (XVIII) è stata Senatrice della Repubblica, membro della Commissione Ambiente. È professore di Economia Ecologica e Management alla Magistrale di Economia presso il Dipartimento di Management, Finanza e Tecnologia dell’Università LUM Jean Monnet, Bari e possiede l’abilitazione Scientifica Nazionale di Professore di Fascia II S.S.D. SECS-P/13 in Scienze merceologiche.