Skip to main content

Rinnovabili, la legge della Sardegna sulle aree idonee è anticostituzionale: ecco la sentenza

La Consulta dà ragione al Governo Meloni, che ora però sta rischiando di esportare il modello sardo in tutta Italia col decreto legislativo 178/2025 e il decreto 175/2025
 |  Nuove energie

Con sentenza 184/2025 pubblicata oggi, la Corte costituzionale ha smontato la legge sulle aree idonee agli impianti rinnovabili approvata dalla Regione Sardegna un anno fa, e impugnata all’inizio del 2025 dal Governo Meloni. All’epoca il vicepresidente del Kyoto club, Francesco Ferrante, intervenendo sulle nostre colonne era stato facile profeta: «La legge Todde è sbagliata perché, sostanzialmente, impedisce la realizzazione di impianti da fonti rinnovabili in Sardegna, rendendo praticamente tutto il territorio regionale “non idoneo”. Non credo che questa legge sopravviverà alla mannaia della Corte costituzionale».

In conformità a quanto già affermato in precedenti pronunce, la Corte ha in effetti ribadito oggi che «la qualifica di non idoneità di un’area non può tradursi in un aprioristico divieto di installazione degli impianti Fer, che ha l’effetto di determinare l’impossibilità di accedere ai procedimenti autorizzatori semplificati previsti dal legislatore statale per velocizzare la diffusione delle fonti rinnovabili nelle aree idonee». Nel merito, vale la pena ricordare che le aree idonee non sono quelle in cui è possibile fare installazioni, ma quelle dove si possono fare più velocemente; al contempo identificare un’area come non idonea non equivale a porre un divieto assoluto alla realizzazione di impianti, bensì mette in evidenza una valutazione di incompatibilità ex ante compiuta dalle amministrazioni del territorio

È stato inoltre affermato che la legge regionale non può travolgere, con il solo limite della modifica irreversibile dello stato dei luoghi, tutti gli atti autorizzativi già rilasciati, rispetto ai quali gli operatori del settore si siano già attivati, senza che tale travolgimento sia motivato da ragioni di carattere tecnico o scientifico, perché ciò «si traduce in un irragionevole limite al legittimo affidamento che lede il principio della certezza del diritto».

Inoltre, la Corte ha affermato che la Regione non può prevedere una procedura per l’autorizzazione paesaggistica diversa da quella dettata dalla legislazione statale, perché «non è consentito alle regioni introdurre deroghe agli istituti statali di protezione ambientale che dettano una disciplina uniforme su tutto il territorio nazionale, nel cui ambito rientra l’autorizzazione paesaggistica di cui all’articolo 146 del codice dei beni culturali e del paesaggio».

Il Governo Meloni ha dunque vinto il suo ricorso, ma il paradosso è che adesso rischia di esportare a sua volta il modello sardo in tutta Italia, attraverso il decreto legislativo 178/2025 e il decreto 175/2025, che vanno (ancora) a intervenire sulle norme per le aree idonee, tant’è che in realtà come l’Umbria la Regione prospetta che «le modifiche al Testo Unico delle Fonti Rinnovabili, con il nuovo articolo 11-bis del D.lgs 190/2024, riducono tra il 3 e lo 0% del territorio regionale la possibilità di individuare aree idonee». Tra parentesi, il Governo ha appena deciso d’impugnare anche la legge umbra sulle aree non idonee, a conferma del caos normativo che impera nel comparto: non a caso quest’anno le rinnovabili – mentre continuano a correre nel mondo – frenano nel nostro Paese, sia in termini di nuova potenza installata sia di energia prodotta. Che fare? Servono correttivi normativi urgenti, come quelli messi in fila da Agostino Re Rebaudengo su greenreport.

Redazione Greenreport

Greenreport conta, oltre che su una propria redazione giornalistica formata sulle tematiche ambientali, anche su collaboratori specializzati nei singoli specifici settori (acqua, aria, rifiuti, energia, trasporti e mobilità parchi e aree protette, ecc….), nonché su una rete capillare di fornitori di notizie, ovvero di vere e proprie «antenne» sul territorio.