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Le università di Pisa e Bari insieme per realizzare il progetto

Pronta la prima mappa del Vesuvio che frana, viene dalla Toscana

Sedici anni fa il territorio, scosso da forti piogge, inghiottì 130 persone
 |  Territorio e smart city

Nel maggio 1998 a Sarno, in Campania, in poche ore decine di frane provocate forti precipitazione uccisero oltre 130 persone. Quel disastro mise in evidenza la pericolosità del Vesuvio non solo per gli effetti immediati legati ad una possibile eruzione. Per la prima volta, l’attenzione sul rischio vulcanico si concentrò anche sulle zone appenniniche vicine, dove potevano verificarsi frane e colate di materiale vulcanico, anche molto tempo dopo la fine di un eventuale emergenza eruttiva.  

Da allora, il dipartimento della Protezione civile ha finanziato diversi  progetti che hanno coinvolto i geologi delle università di Pisa e di Bari e della sezione pisana dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia che ora pubblicano sul  “Journal of Maps” lo studio che ha  portato alla realizzazione di «Una prima mappa di base che permette di effettuare una preliminare grande “zonazione” delle aree potenzialmente a rischio».

I ricercatori spiegano che hanno studiato «un territorio di circa 650 kmche si estende dalle colline Cancello a nord sino alla penisola sorrentina a sud, in pratica tutta la zona preappenninica che circonda la piana vesuviana. Le indagini sono state condotte attraverso una ricostruzione storica degli eventi franosi accaduti negli ultimi 500 anni, attraverso analisi morfometriche, cioè uno studio quantitativo delle caratteristiche dei versanti, e direttamente sul campo».

Giovanni Zanchetta, ricercatore del Dipartimento di scienze della terra dell’università di Pisa, conclude: «Questa mappatura è un primo passo in vista della stesura di piani dettagliati locali  potenzialmente, circa il 57% territorio studiato è da considerarsi ad alto rischio per quanto riguarda la formazione e lo scorrimento di colate rapide di fango (debris flow), circa 38% a rischio medio e solo il 5% basso»

Redazione Greenreport

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