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Non basta vantare una patente nautica per presiedere l’Autorità portuale

È la legge a stabilire la necessità di una «comprovata esperienza e qualificazione professionale» nei settori dell'economia dei trasporti e portuale
 |  Trasporti e infrastrutture

Senza alcuna ombra d’imbarazzo, nel corso dell’audizione della IX^ Commissione Trasporti della XIX legislatura, uno dei candidati alla  Presidenza di un’AdSP (Autorità di sistema portuale), ha affermato in totale serenità che lui, candidato Presidente, conosce il diritto della navigazione in quanto appassionato di mare e titolare di una patente nautica – non è stata dichiarata l’estensione spaziale della patente medesima – da circa 20 anni, dunque, signore e signori, ecco soddisfatte appieno le condizioni previste dall’art. 8 della legge 84/94 e successive modifiche ed integrazioni, che testualmente recita: “Il Presidente è scelto fra cittadini dei Paesi membri dell'Unione europea aventi comprovata esperienza e qualificazione professionale nei settori dell'economia dei trasporti e portuale”.

Così, amenamente, scopriamo che il ventennale possesso della patente nautica, vantato nel corso seraficamente nel corso dell’udienza, diventa requisito utile per la nomina alla presidenza di un’autorità di sistema portuale, ente complesso e difficile da governare, in quanto soggetti regolatori (e non produttori) di servizi portuali che rappresentano, sia dal punto di vista funzionale che finanziario, enti pubblici non economici, secondo gli orientamenti giurisprudenziali, in ultimo sanciti dalla Suprema Corte (Cass.6 ottobre 2021, n. 27035).

Ebbene, davanti ad un incarico del genere, i cui presupposti minimi dovrebbero essere quelli discendenti dalla comprovata esperienza di conoscere profondamente (e non per sentito dire) i porti nelle loro complesse e variegate funzioni; il mondo della marittimità nazionale e le conseguenti proiezioni sul piano internazionale; il mondo dei meccanismi economici dello shipping, inteso come attività commerciali delle navi non disgiunta anche dalla conoscenza dei moderni sistemi di propulsivi che si spera, nel breve periodo, potranno soppiantare i vecchi motori endotermici che utilizzano combustibili fossili.

Potremmo dissertare per ore sulla portualità italiana e sul fatto che il legislatore, a partire dalla prima metà degli anni ’90, abbia voluto radicalmente cambiare la governance dei porti stessi, affidandone la gestione, un tempo svolta dalle Capitanerie di Porto, alle Autorità Portuali (Port Autority), che nel Nord Europa, nei porti cosiddetti anseatici, da sempre hanno gestito la complessità di porti come Rotterdam o Hamburg, solo per fare un esempio, certamente non esaustivo.

Sbandierare la patente nautica quale elemento probante della necessaria conoscenza del diritto della navigazione, a nostro parere, svilisce e diminuisce l’importante funzione cui sarà chiamato a ricoprire, riducendolo quasi ad un corso d’ammissione per aspiranti bagnini.

Redazione Greenreport

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