Ponte sullo Stretto di Messina, il no della Corte dei Conti dà ragione agli ambientalisti
E così sono arrivate le motivazioni (in allegato a coda dell’articolo, ndr) “del no al visto di legittimità e alla registrazione della delibera del Cipess (Comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile)” espresso dalla Corte dei Conti sul via libera alla fantomatica – è proprio il caso di dirlo – opera sullo Stretto di Messina.
I motivi che stanno alla base del diniego vanno ricercati, principalmente, sulla violazione di due direttive europee, tra le quali quella relativa alla conservazione di habitat naturali oltre alla mancanza del parere della “Autorità di regolazione dei trasporti sul piano tariffario”. Per questi rilevanti motivi, la Corte dei Conti ha negato la registrazione della delibera soprarichiamata.
Ricordiamo che tra le motivazioni contenute nel corposo provvedimento di diniego - contenute in un documento di 33 pagine -, depositate giovedì scorso dalla “Sezione centrale di controllo di legittimità”, emerge che i magistrati contabili hanno contestano, in primis, il superamento della valutazione ambientale negativa attraverso la procedura IROPI (Motivi Imperativi di Interesse Pubblico), quella alla quale ricorre - ex art. 6, paragrafo 4, della Direttiva 92/43/CEE (Direttiva Habitat) che consente la realizzazione di progetti nonostante produca impatti negativamente su Siti della Rete Natura 2000 quando sussistono imperative motivazioni di “rilevante interesse pubblico” che giustificherebbero un progetto anche se ci sono criticità.
Il secondo e non meno rilevante profilo, invece, investe i contratti con il “General Contractor Eurolink”, guidato dalla capofila WeBuild: la loro “riattivazione”, per il mancato aggiornamento dei corrispettivi e delle radicali modifiche apportate alle condizioni economiche, in violazione l’articolo 72 della cosiddetta “Direttiva Appalti.”
Il giudizio che si attendeva è dunque arrivato al termine dell’istruttoria durante la quale il Collegio ha chiesto chiarimenti a Palazzo Chigi, al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Al Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, al Ministero dell’Economia e Finanze oltre che alla Società Stretto di Messina, e le risposte ottenute non sono state ritenute sufficienti a superare i rilievi evidenziati nel corso dell’istruttoria dal medesimo Collegio.
Il Dicastero delle Infrastrutture e dei Trasporti (MIT) , imperterrito, fa subito sapere di aver preso atto delle motivazioni e asserisce che “continua l’iter per la realizzazione del collegamento tra Calabria e Sicilia, anche alla luce della positiva collaborazione con la Commissione europea” mentre tecnici e giuristi “sono già al lavoro per superare tutti i rilievi e dare finalmente all’Italia un Ponte unico al mondo per sicurezza, sostenibilità, modernità e utilità”; non si dà per vinto, insomma, incurante della pesantezza dei rilievi e le motivazioni altrettanto greve che emerge nel diniego espresso.
Proviamo a dare uno sguardo più da vicino all’asserita decisione di superare il parere negativo espresso dalla Commissione tecnica VIA-VAS, che nel 2024 aveva già rilevato criticità gravi per tre Siti Natura 2000.
In quel caso il governo scelse la possibilità di ricorrere alla sopra richiamata procedura IROPI, prevista dalla direttiva Habitat solo per casi eccezionali; tuttavia, per la Corte dei Conti l’uso della deroga non è stato sufficientemente motivato e venne presentato senza un’adeguata “istruttoria tecnica” realizzata in conformità ai criteri europei; infatti, la relazione in parola approvata dal Consiglio dei ministri il 9 aprile 2025, - osservano i giudici contabili -, è priva di firma, data e, soprattutto, di un’autonoma valutazione delle amministrazioni competenti e in particolare il MASE.
La Corte dei Conti, nelle 33 pagine del provvedimento più volte citato contesta anche la qualificazione dei “motivi imperativi di interesse pubblico”. Il governo ha fondato la deroga sulle ricadute economiche del Ponte, sull’aumento dell’accessibilità e sull’integrazione territoriale fra Calabria e Sicilia. La Corte dei Conti, invece, richiama il fatto che per l’Unione europea, quelle motivazioni non consentono di prescindere dal parere della Commissione VIA-VAS: la procedura invocata dal governo (IROPI) può applicarsi solo ed esclusivamente in presenza di ragioni legate alla salute pubblica, alla sicurezza o ad impatti ambientali di primaria importanza; ragioni queste che, secondo il Consiglio non sono state adeguatamente dimostrate.
A tutto ciò va aggiunta anche la carenza del confronto previsto dalle normative comunitarie con Bruxelles; infatti, è bene ricordare che la DG Environment della Commissione, in una nota del 15 settembre scorso, aveva richiesto chiarimenti per diversi profili giudicati critici, ma il MASE ha fornito una risposta giudicata dalla stessa Direzione Generale “meramente riproduttiva” dei pareri VIA-VAS, senza integrare in sostanza i nuovi elementi richiesi.
Questo è quanto emerge da una prima lettura del provvedimento di diniego pronunciato dalla Corte dei Conti: pareri difformi rispetto agli iter comunitari, spesso insufficienti nelle motivazioni e senza un reale approfondimento tecnico e scientifico. Parliamo di carenze istruttorie rilevanti quale, ad esempio, l’assenza di una VINCA di livello tre che ancora manca. La frenesia di lanciare proclami, indicare date attuative, sbandierare a quattro venti prodigiosi (che non lo sono affatto!) risultati alla fine si sono rivelati tutti pessimi alleati del Ministro Salvini e del Governo di cui è vicepremier, e hanno soltanto prodotto un aggravio di spese all’erario che quindi ricadono su tutti i contribuenti.
Temiamo che a Bruxelles le furbizie del governo “che fa la storia” siano ben conosciute, come sono altrettanto conosciuti molti degli attuali rappresentanti del governo in carica, e questo fa aumentare di molto il livello di attenzione vengono prestate alle richieste che provengono da Roma.
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