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Tre obiettivi per il Piano nazionale dei dragaggi sostenibili

Atteso dal 2021, il nuovo testo dovrà essere concordato in Conferenza Stato-Regioni il 14 giugno, ma sembra già disallineato coi risultati scaturiti durante il Tavolo di lavoro
 |  Trasporti e infrastrutture

Il legislatore all’art. 6-bis del Dl 77/2021 introduce (meglio dire introdurrà) il “Piano nazionale dei dragaggi sostenibili”, tramite emanazione di un decreto interministeriale dei ministeri dell’Ambiente e dei Trasporti, di concerto con quello della Cultura. Proprio in questi giorni il ministro Gilberto Pichetto Fratin ha annunciato che porterà in Conferenza Stato-Regioni il testo dell’allegato tecnico appena riscritto, che si riflette sugli escavi dei fondali portuali; stiamo parlando di un’ulteriore modifica al 2° comma dell’art. 109 del cosiddetto Testo Unico ambientale, D.Lgs 152/2006.

Le modifiche apportate all’allegato che regolamenta, a tutt’oggi,  le modalità per la caratterizzazione, classificazione e gestione dei materiali da dragare, come disposto dall’art. 3 comm. 1 che disciplina gli accertamenti tecnici, previste nell’istruttoria del Decreto 15 luglio 2016, n. 173, sono il frutto di un “Tavolo di lavoro” istituito dal ministero stesso col fine di accelerare e in taluni circostanze, rendere più agili e semplici gli accertamenti tecnico-scientifici propedeutici al rilascio dell’autorizzazione a dragare.

A tal proposito, rileva segnalare che l’incontro tra Stato e Regioni, programmato per il 4 giugno, è stato rinviato al 14 dello stesso mese e, francamente, non si capisce per quale ragione se non collegandola all’articolo apparso sul Fatto Quotidiano il 1° giugno scorso.

Il nuovo testo, che dovrà essere concordato nella richiamata conferenza (slittata) apporta sicuramente delle novità che, tuttavia, sembrano essere disallineati coi risultati scaturiti durante i lavori del Tavolo di Lavoro, composto da funzionari pubblici tutti provenienti dal mondo scientifico e della ricerca (Ispra, CNR, ISS, etc.). Le sforbiciate, che possiamo solo intuire, potrebbero rappresentare un indebolimento generale verso la tutela dell’ambiente marino, qualora non si osservassero tutte le precauzioni nel trattamento dei materiali dragati che, molto spesso, proprio per la l’intrinseca natura dei fondali portuali, si trovano ad essere contaminati in modo serio da una serie di inquinanti la cui tossicità è ben nota al mondo scientifico.

Sulla necessità di adeguare i tiranti d’acqua dei porti italiani e renderli capaci di accogliere navi sempre più grandi non staremo certamente a discutere. Una riflessione, però, a nostro giudizio, deve essere fatta sull’altrettanta improrogabile necessità di tutelare gli ecosistemi marini dal rischio cui verrebbero sottoposti in caso di contaminazione dovuta al versamento in mare dei fanghi di dragaggio inquinati.

La riscrittura dell’allegato tecnico dell’art. 109 sopra richiamato potrebbe, in ipotesi, aprire un vulnus attraverso il quale s’indebolirebbe la tutela del mare. Sappiamo bene che alcuni porti italiani, in primis, il primo porto italiano, Genova, hanno bisogno di interventi sulla disciplina dei trattamenti dei materiali dragati, riteniamo però che l’esigenza commerciali non debba confliggere in maniera significativa con la salvaguardia dell’ambiente marino.

Riteniamo importante richiamare e ricordare che i volumi in gioco, mal contati, superano gli 80 milioni di tonnellate e questa montagna di materiali dovrà (deve!) essere trattata e gestita secondo linee chiare e univoche in tutto il settore marittimo portuale italiano. Fughe frettolose in avanti al solo fine di risolvere una problematica di un porto, anche se importante, non deve farci perdere di vista un fatto rilevantissimo: l’emanazione del Piano nazionale dei dragaggi, di cui ancora, purtroppo, a distanza di quattro anni, non c’è traccia.

Ci piace ricordare che il Piano nazionale ha radici assai lontane, risalendo niente meno che all’art. 184 quater del Testo unico ambientale. Un’attesa lunghissima, nonostante il legislatore abbia posto proprio nel Piano il caposaldo per poter raggiungere tre obiettivi fondamentali per il Paese, che sono i seguenti.

Il primo obiettivo: al fine di consentire lo sviluppo dell’accessibilità marittima e della resilienza delle infrastrutture portuali ai cambiamenti climatici e la manutenzione degli invasi e dei bacini idrici, tenendo conto delle disposizioni del decreto adottato ai sensi dell’articolo 114, comma 4, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, entro sessanta giorni dalla data d’entrata in vigore della legge di conversione del relativo decreto, i già citati ministeri – previa intesa in sede di Conferenza unificata – approvano il “Piano nazionale dei dragaggi sostenibili”, anche sulla base della programmazione delle Autorità di sistema portuale e delle  Regioni, con particolare riferimento ai programmi finanziati dal Pnc e di ulteriori risorse europee, nazionali, regionali e delle Autorità  di sistema portuale. Ai fini della tutela dell’ambiente marino, il Piano è attuato tenendo conto delle disposizioni dell’articolo 109 del decreto legislativo n. 152 del 2006.

Il secondo obiettivo: le attività di dragaggio nelle infrastrutture portuali del territorio nazionale e nelle acque marino-costiere sono interventi di pubblica utilità e indifferibili e urgenti e costituiscono, ove occorra, variante al piano regolatore portuale e al piano regolatore del sistema portuale.

Il terzo obiettivo: l’autorizzazione alle attività di dragaggio è rilasciata a seguito di un procedimento unico, al quale partecipano tutte le amministrazioni interessate, svolto nel rispetto dei principi di semplificazione e con le modalità stabilite dalla legge 7 agosto 1990, n. 241. Il rilascio dell’autorizzazione avviene con provvedimento conclusivo della conferenza dei servizi e costituisce titolo alla realizzazione dei lavori, in conformità al progetto approvato. Il termine massimo per la conclusione del procedimento unico non può essere superiore a novanta giorni. Resta ferma la disciplina del procedimento di valutazione d’impatto ambientale, laddove richiesta. A nostro avviso il punto di partenza è questo.

Aurelio Caligiore, Ammiraglio Ispettore del Corpo della Guardia Costiera

Da oltre trent’anni Ufficiale della Marina Militare del Corpo della Guardia Costiera, l’Ammiraglio Ispettore Aurelio Caligiore è da sempre impegnato in attività legate alla tutela dell’ambiente. Nell’ultimo decennio è stato Capo del Reparto ambientale marino delle Capitanerie di Porto (RAM) presso il ministero dell’Ambiente. Attualmente è Commissario presso la Commissione Pnrr-Pniec del ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica (Mase).