 
Commissari ai porti e non presidenti di Autorità di sistema portuale
 
Siamo di fronte ad un’ennesima soperchieria della politica politicante del Belpaese che, con accanimento degno di maggior fortune - magari in altri luoghi -, scopre nella portualità italiana una formidabile palestra dove esercitare quotidiana (e spocchiosa) attività addestrativa.
Assistiamo increduli che larga parte dei porti italiani vengono affidati a personaggi i cui curricula si presentano spesso privi di esperienze e di conoscenze proprie di chi è chiamato ad assumere enormi responsabilità nella gestione ed operatività di complessi sistemi produttivi quali, appunto, sono da ritenere i porti; stimato professionisti o amministratori locali nella cui vita precedente mai sono entrati in un porto - se non per imbarcare su qualche traghetto - di punto in bianco si ritrovano a doverne amministrare uno e di proporzioni enormi: non si tratta di porticcioli turistici (marine) o pescherecci, ma di realtà assai complesse e i cui effetti e ricadute pesano sull’economia nazionale come macigni.
Legislatori illuminati, non moltissimo tempo fa, hanno provato a tracciarne il profilo - culturale e professionale - da riportare nelle manifestazioni d’interesse che il Mit (ministero delle Infrastrutture e dei trasporti) periodicamente emana per acquisire profili rispondenti alla funzione per poi selezionarli a seconda delle specifiche esigenze.
Questo lo spirito della norma; la realtà, purtroppo per il Paese, è ben diversa e smentisce platealmente l’attimo di lucida visione manifestato da quel legislatore che lo portò ad individuarne il profilo essenziale, rimarcandone in modo netto e chiaro la comprovata esperienza. Delle due l’una: o in sede delle competenti Commissioni parlamentari dei trasporti non sanno leggere o, meglio, comprendere un testo scritto nella madrelingua, oppure non leggono affatto e si limitano a votare quello che dalle segreterie dei partiti viene loro detto (o imposto!).
Dispiace rimarcare questi fatti così come dispiace assistere a un carosello che va oltre ogni decenza istituzionale nell’assegnazione di presidenze che dovrebbero essere invece affidate a persone di acclarata esperienza e capacità. La mia quarantennale esperienza professionale mi ha portato ad assistere in maniera graduale l’affidamento dei porti ad ufficiali in continua formazione e crescita professionali che dai piccoli porti (Uffici circondariali marittimi) arrivavano ai porti più grandi ed importati per traffico e dimensioni (Direzione marittime) e tutto questo richiedeva e richiede ancora un processo di continua crescita professionale non inferiore, solitamente, a 25 (venticinque!) anni.
Qualcuno è in grado di spiegare e non solo a me - sarebbe necessario spiegarlo agli italiani - per quale prodigio un quisque de populo, solo perché ha una tessera di partito in tasca e magari un gruzzoletto di voti in portafoglio, va a letto da consigliere comunale e l’indomani si sveglia presidente di un’imponente ed importante Autorità di sistema portuale (Port Autority)?
 
 
                         
                         
                         
                         
                         
                         
 
 
 
