Auto, le due principali associazioni di settore a von der Leyen: «Serve una politica industriale, non solo vincoli»
Serve una politica industriale europea all’altezza della sfida, non solo vincoli e divieti. Le due principali associazioni del settore auto europeo, ovvero l’Acea (costruttori) e la Clepa (fornitori componenti veicoli), hanno scritto una lettera alla presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, in vista del prossimo appuntamento del «dialogo strategico» sul futuro dell’industria automobilistica europea.
L’incontro è per il 12 settembre, e le due associazioni preparano il terreno del confronto mettendo nero su bianco le loro osservazioni e le loro richieste. Questa è la sintesi del discorso, in tre punti. Primo: dall'adozione dell'attuale quadro di riduzione della CO2 per il trasporto su strada, le realtà industriali, economiche e geopolitiche sono cambiate drasticamente. Secondo: per raggiungere le ambizioni climatiche dell'Ue, salvaguardando al contempo la competitività europea, la coesione sociale e la resilienza della catena di approvvigionamento, la strategia per il settore automobilistico deve evolvere di conseguenza. Terzo: il confronto del 12 settembre è un'occasione per ricalibrare la politica dell'Ue per la catena del valore automobilistica in linea con le mutevoli realtà del mercato, geopolitiche ed economiche di oggi.
Si legge nella lettera inviata a von der Leyen: «In qualità di produttori e fornitori automobilistici, ci impegniamo ad aiutare l'Ue a raggiungere l'obiettivo di zero emissioni nette nel 2050. Insieme, abbiamo lanciato centinaia di nuovi modelli di veicoli elettrici e ci siamo impegnati a investire oltre 250 miliardi di euro nella transizione verde entro il 2030. Vogliamo che questa transizione funzioni, ma siamo frustrati dalla mancanza di un piano politico olistico e pragmatico per la trasformazione dell'industria automobilistica. L'Ue attualmente regola i produttori sulla fornitura di veicoli nuovi, ma non riesce a fornire le condizioni per consentire la transizione. L'Europa deve affrontare una dipendenza quasi totale dall'Asia per la catena del valore delle batterie, una distribuzione disomogenea delle infrastrutture di ricarica, costi di produzione più elevati, compresi i prezzi dell'elettricità, e tariffe onerose da parte dei principali partner commerciali, come il dazio del 15% sulle esportazioni di veicoli dell'Ue verso gli Stati Uniti. Ci viene chiesto di trasformarci con le mani legate dietro la schiena».
Di conseguenza, fanno notare le due associazioni di settore, la quota di mercato dei veicoli elettrici a batteria è ancora lontana da quella che dovrebbe essere – circa il 15% per le automobili, circa il 9% per i furgoni e il 3,5% per i camion – e per rendere il passaggio all’elettrico una scelta ovvia per i di consumatori le aziende europee «sono necessari incentivi molto più ambiziosi, a lungo termine e coerenti dal lato della domanda, tra cui costi energetici inferiori per la ricarica, sussidi all'acquisto, riduzioni fiscali e un accesso favorevole allo spazio urbano».
Serve insomma una politica industriale complessiva, è il messaggio, perché altrimenti i rischi sono tanti, dal punto di vista economico e non solo. Si legge nella lettera di Acea e Clepa: «Il piano di trasformazione dell'Europa per l'industria automobilistica deve andare oltre l'idealismo riconoscere le attuali realtà industriali e geopolitiche. Raggiungere i rigidi obiettivi di CO2 per auto e furgoni per il 2030 e il 2035 non è più fattibile nel mondo di oggi. Invece, l'attuale percorso di riduzione delle emissioni di CO2 nel trasporto su strada deve essere ricalibrato per garantire che raggiunga gli obiettivi climatici dell'Ue, salvaguardando al contempo la competitività industriale dell'Europa, la coesione sociale e la resilienza strategica delle sue catene di approvvigionamento».
Le due associazioni di settore non vedono di buon occhio i limiti alle emissioni decisi da Bruxelles, ma allargano il discorso ad altri provvedimenti che andrebbero presi in sede comunitaria per far fronte alla sfida della transizione verso l’elettrico. Del resto, ormai è chiaro che mantenere i target comunitari previsti per il 2035 è opportuno non solo dal punto di vista ambientale, ma anche da quello occupazionale. Scrivono allora Acea e Clepa: «Una decarbonizzazione di successo significa andare oltre gli obiettivi relativi ai veicoli nuovi: richiede di affrontare il problema delle emissioni del parco veicoli esistente (ad esempio accelerando il rinnovo del parco veicoli), ampliare gli incentivi fiscali e all'acquisto (anche per le auto e i furgoni aziendali) e introdurre misure mirate per camion e autobus al fine di livellare il costo totale di proprietà. Il successo economico significa mantenere la redditività e la competitività dei produttori e dei fornitori per alimentare gli investimenti futuri e rafforzare l'ecosistema automobilistico. Richiede anche normative Ue più semplici e snelle per ridurre la burocrazia. Il successo della resilienza significa promuovere condizioni che consentano di investire in modo intelligente lungo le catene del valore delle batterie, dei semiconduttori e delle materie prime critiche. Significa anche sviluppare partnership strategiche a lungo termine con alleati globali affidabili per ridurre le dipendenze. Se una di queste dimensioni fallisce, l'intera transizione fallisce».
Le due associazioni chiudono così la lettera inviata in vista dell’appuntamento a Bruxelles del 12 settembre: «Il mondo è cambiato radicalmente da quando è stata definita l'attuale direzione e la strategia dell'Ue per il settore automobilistico deve cambiare di conseguenza. Dobbiamo andare oltre la visione ristretta secondo cui questa transizione dipende esclusivamente dagli obiettivi di CO2 per i nuovi veicoli. Ecco perché il prossimo dialogo strategico sul futuro dell'industria automobilistica del 12 settembre rappresenta il momento giusto per cambiare rotta. Questa è l'ultima occasione per l'Ue di adeguare le proprie politiche alle realtà odierne del mercato, geopolitiche ed economiche, pena il rischio di compromettere uno dei suoi settori di maggior successo e competitività a livello globale. Condividiamo una destinazione comune, ma il viaggio richiede più pragmatismo e flessibilità per mantenere in funzione il motore del settore automobilistico europeo».