Dopo la Corte dei conti, esultano gli ambientalisti: «Il ponte sullo Stretto non sta in piedi»
La bocciatura della Corte dei conti verso la delibera Cipess sul progetto del ponte sullo Stretto di Messina, che ha negato il visto di legittimità all'opera da 13,5 miliardi di euro di fondi pubblici, è una vittoria netta per le principali associazioni ambientaliste del Paese – Greenpeace, Legambiente, Lipu e Wwf –, che nei mesi scorsi si erano rivolte alla Corte con ben due dettagliate memorie (oltre a tre reclami alla Commissione europea, ancora pendenti) per fermare un’opera inutile quanto insostenibile: una decisione che tutela le tasse dei cittadini, che il Governo Meloni ha deciso di destinare ad un intervento che non sta in piedi dal punto di vista progettuale, ambientale, economico e procedurale.
«La Corte dei conti ha confermato ciò che sosteniamo da anni: il progetto del Ponte sullo Stretto è un'opera insostenibile sotto ogni profilo – spiegano gli ambientalisti – Il primo soggetto ‘terzo’ (in realtà c’è stata anche la doppia bocciatura informale dell’Anticorruzione, ndr) chiamato a pronunciarsi sul Ponte non ha potuto fare altro che evidenziarne tutte le problematiche irrisolte. I magistrati contabili hanno rilevato criticità fondamentali: dalle coperture economiche incerte, all'affidabilità delle stime di traffico, dalla conformità alle normative ambientali e antisismiche, fino alla violazione delle regole europee sul superamento del 50% del costo iniziale del progetto senza nuova gara d'appalto. Tutto l’iter seguito dal Governo Meloni è stato caratterizzato da continue forzature che non sono mai state risolte, ma che si è tentato di superare con ulteriori forzature, come i continui voti di fiducia per aggirare la discussione e il confronto in Parlamento, finendo per determinare un ‘mostro’ giuridico con pesanti elementi di anticostituzionalità».
Gli ambientalisti ricordano che nella memoria presentata a metà settembre alla Corte avevano messo in evidenza proprio questi aspetti cruciali: oltre ai vizi istruttori relativi alla procedura di Valutazione di impatto ambientale (Via) e alla Valutazione di incidenza (Vinca) – in violazione delle direttive comunitarie – l'utilizzo strumentale dei motivi imperativi di rilevante interesse pubblico (Iropi), con la ridicola forzatura di definire il Ponte come “opera militare”' per aggirare i vincoli ambientali, oltre all'assegnazione dell'opera senza bando di gara internazionale, in contrasto con le norme europee sulla concorrenza. Senza dimenticare l'incertezza sui costi reali dell'opera, che già oggi partono da 13,5 miliardi: la relazione costi-benefici presentata dal Governo si basa su calcoli del tutto irrealistici sull'incremento del Pil e sui flussi di traffico previsti. Co sono poi le carenze progettuali ancora irrisolte: mancano studi sismici fondamentali, non sono stati completati test di tenuta essenziali e troppe decisioni vengono rinviate al progetto esecutivo. La Corte dei conti ha evidenziato che manca persino il parere del Consiglio superiore dei lavori pubblici sul progetto definitivo e quello dell'Autorità dei trasporti sul piano tariffario.
«Le reazioni scomposte del Governo contro la magistratura contabile rappresentano un’anomalia costituzionale senza precedenti – sottolineano gli ambientalisti –, che apre un conflitto evidente tra l’esecutivo e chi è chiamato dalla Costituzione a controllare la sostenibilità economica degli atti. Ricordiamo che quegli atti sono finanziati con le tasse dei cittadini».
Se il Governo manifestasse l’intenzione di forzare la mano e procedere comunque con una delibera del Consiglio dei ministri ignorando la bocciatura, le associazioni sono pronte a reagire: «Una eventuale forzatura istituzionale di questa portata rappresenterebbe una grave violazione dello Stato di diritto e minerebbe la credibilità del nostro Paese in Europa. Se ciò dovesse avvenire non esiteremo a portare la questione davanti alla Corte di giustizia europea per la violazione delle norme comunitarie in materia ambientale, di concorrenza e di corretta gestione delle risorse pubbliche. Un Governo che procede contro i rilievi della magistratura contabile si assume una responsabilità politica e giuridica enorme che ricadrebbe anche sul Parlamento».